T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 10-01-2012, n. 16 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Premette la ricorrente che la Regione Basilicata, con delibera giuntale n.6957 del 28/10/91 ad oggetto "progetto di formazione per la produzione e valorizzazione delle risorse ambientali e culturali", delegava agli enti attuatori -tra questi la Comunità Montana intimata- le funzioni inerenti alla realizzazione di specifiche attività formative. Quest’ultima predispose in data 27/8/92 un avviso pubblico per la selezione d’un soggetto cui affidare la gestione e l’organizzazione del corso. A tale bando risposero, con invio della relativa documentazione, la ricorrente e un’altra impresa, la Doycus; a seguito di richiesta della C.M., il responsabile del progetto, con nota del 16/11/92, relativamente all’offerta della FI.GEST, espresse parere sostanzialmente favorevole ritenendo la proposta dalla stessa formulata adeguatamente strutturata e conforme nelle linee essenziali agli obiettivi formativi propri del profilo professionale richiesto (e non quella formulata dall’altra concorrente). Su richiesta della C.M. la ricorrente inoltrò poi ulteriori elementi integrativi. Senonchè, all’esito della selezione, la C.M. decideva però di non affidare la gestione didattica del corso a nessuna delle due società in competizione ritenendo le due offerte-proposte "non rispondenti a quanto richiesto dall’Avviso…" e stabilendo, nel contempo, di "dare mandato al Presidente di avviare le procedure per la gestione diretta del Corso…". Avverso tale deliberazione la ricorrente propose ricorso a questo TAR che, con sentenza n.634/00, accolse il gravame annullando il provvedimento impugnato.

Col presente ricorso la ricorrente chiede ora la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno ingiusto subìto, con condanna al pagamento della somma di Euro 40.000 o di quell’altra ritenuta di giustizia con accessori di legge. I motivi dedotti sono i seguenti:

1.-Ingiustizia del danno che ha leso un interesse legittimo della ricorrente.

Si sostiene che nella fattispecie si è verificata la lesione di un interesse legittimo con danno ingiusto risarcibile ex art. 2043 c.c.. In particolare, il bene della vita leso sarebbe la realizzazione economica e il conseguimento di incrementi patrimoniali atteso chè l’ente avrebbe dovuto emettere un provvedimento di diverso contenuto, vertendosi in una situazione suscettibile di determinare un concreto affidamento circa la conclusione positiva, per la ricorrente, della procedura di aggiudicazione dell’incarico in questione, situazione che, secondo un criterio di normalità, avrebbe dovuto avere esito favorevole per la ricorrente. In tal senso infatti si sarebbe posto il predetto giudizio del responsabile del progetto, che ha valutato favorevolmente la proposta della ricorrente. Anzi, il responsabile, pur avendo reputato l’assenza di necessaria precisione nell’indicazione di alcuni elementi dell’offerta, ha nel contempo avvertito che, ove sussistenti, detti elementi avrebbero reso la proposta "…ancor più completa…", in tal modo riconoscendo un apprezzabile livello di completezza alla proposta;

2.-nesso di causalità tra comportamento colposo dell’amministrazione ed evento dannoso.

Si sostiene che l’amministrazione abbia violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, con un comportamento colposo dato che, pur non vertendosi in una situazione di particolare complessità, l’azione amministrativa sarebbe stata svolta senza perizia e diligenza. Si richiama la giurisprudenza relativa al contatto sociale e da contatto amministrativo in quanto che il rapporto obbligatorio sorto per effetto del procedimento, darebbe luogo, in caso di violazione, a responsabilità di tipo contrattuale con conseguente obbligo risarcitorio a prescindere che l’attività sua vincolata o discrezionale e quindi a prescindere pure dall’accertamento della spettanza del bene della vita;

3.-quantificazione del danno.

Il "quantum" dovrebbe comprendere la perdita subita per il mancato svolgimento delle attività corsuali da parte dei soci lavoratori ed ammonterebbe ad Euro 34.607,56. In secondo luogo la ricorrente assume di non aver potuto mantenere gli impegni assunti con i soggetti coinvolti nella progettazione e programmazione didattica non escluse personalità professionali rilevanti come la Sovrintendenza archeologica per la Basilicata. Inoltre, sarebbero stati pregiudicati possibili guadagni futuri connessi ad altri progetti e iniziative. Per la stessa ragione la ricorrente non avrebbe potuto iscriversi nell’albo regionale degli enti di formazione. Il danno da risarcire dovrebbe essere quantificato nella misura complessiva di Euro 40mila. In subordine si chiede che il TAR stabilisca, sulla base dell’art. 35 co.2 D.Lgs. n. 80 del 1998, i criteri in base ai quali la C.M. dovrà proporre alla ricorrente il pagamento d’una somma a titolo risarcitorio.

Si è costituita l’amministrazione intimata che resiste e chiede il rigetto del gravame.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2011 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’Amministrazione in quanto il ricorso è infondato nel merito.

Deve premettersi che la sentenza n.643/00 di questo TAR, recante annullamento della delibera con cui la giunta esecutiva della comunità montana stabiliva di non procedere all’affidamento della gestione didattica del corso di formazione professionale per assistente scavi archeologici è sostanzialmente basata su un vizio che investe l’adeguatezza della motivazione fornita dall’amministrazione all’atto dell’esercizio del potere discrezionale di non procedere all’affidamento che la stessa si era riservata con una specifica clausola del bando che richiedeva però l’adozione d’un "provvedimento motivato". Trattasi cioè d’un vizio formale, che di per sé non escludeva il riesercizio del potere e che preclude la valutazione della domanda di risarcimento del danno se non all’esito del nuovo esercizio del potere, che, conferendo giuridica definitività al rapporto, invera il necessario presupposto dell’azione risarcitoria (cfr. fra le altre, TAR Lazio, Roma, II, 6/5/10 n.9915; T.A.R. Marche, I, 27/9/10 n.3305).

Del resto, giova precisare che, stando alla documentazione depositata dalla difesa dell’amministrazione, le ragioni che hanno determinato la statuizione di non aggiudicazione sono, nella sostanza, quelle racchiuse nel parere dell’ufficio formazione professionale della Comunità Montana (doc. 8 della produzione dell’amministrazione) col quale il responsabile di detta struttura, acquisita l’integrazione documentale fornita dalla ricorrente a seguito della richiesta dell’ente, pur ribadendo l’adeguatezza didattica e funzionale della proposta FI.GEST al profilo formativo del corso in questione, evidenziava però la non rispondenza dell’analisi dei costi agli obiettivi prefissati nel prospetto finanziario allegato all’avviso pubblico. Sicchè a tali ragioni di ordine finanziario l’amministrazione intendeva ricondurre la decisione di non aggiudicazione e l’intendimento, da concretizzare con successive procedure, di procedere in proprio alla realizzazione del progetto.

Anche il secondo motivo poi è infondato. Dopo la fondamentale sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 500 del 1999 e la successiva modifica dell’art. 7, L. n. 1034 del 1971, intervenuta ad opera della L. n. 205 del 2000, la prevalente giurisprudenza inquadra la tematica del risarcimento dei danni da lesione di interesse legittimo nell’ambito dei più sicuri confini della responsabilità extracontrattuale, con ciò discostandosi dall’orientamento, recepito in alcune decisioni del giudice amministrativo, teso a qualificare l’illecito da lesione di interesse legittimo come ipotesi di responsabilità contrattuale derivante dal " contatto amministrativo ". Ne deriva che il riconoscimento della relativa pretesa risarcitoria non può prescindere dall’accertamento delle condizioni contemplate dall’art. 2043 c.c., dovendo tale accertamento essere compiuto secondo le regole ordinarie di distribuzione dell’onere della prova, atteso che il giudizio per il risarcimento dei danni attivato innanzi al giudice amministrativo si atteggia come giudizio sul rapporto e non sull’atto, con applicazione piena del principio dispositivo di cui agli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. Pertanto, ai fini della risarcibilità dell’interesse legittimo, il danneggiato deve dimostrare la ricorrenza sia dell’elemento oggettivo sia di quello soggettivo dell’illecito (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 03 luglio 2009, n. 3705).

Di tal chè il ricorso deve essere rigettato né occorre esaminare gli altri profili dedotti afferenti la quantificazione del danno.

Sussistono comunque giusti motivi per compensare le spese di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate e contributo unificato irripetibile.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Michele Perrelli, Presidente

Giancarlo Pennetti, Consigliere, Estensore

Pasquale Mastrantuono, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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