Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-10-2011) 06-12-2011, n. 45361

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.-. Il difensore di R.C.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Napoli, adito ex art. 309 c.p.p., ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere disposta dal GIP di Napoli nei confronti del predetto in data 15-3-11 per l’omicidio ai danni di S.R., commesso al fine di agevolare il clan "Belforte" in data 21-11-06.

Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico R.. In particolare, nel ricorso si evidenziano le discrasie esistenti tra le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia C., F. e B. (sulle quali sono state basate le accuse nei confronti del predetto) e si denuncia l’insostenibile percorso argomentativo seguito dal Tribunale per colmare tali contraddittorietà. Inoltre il Tribunale avrebbe omesso qualunque motivazione in ordine alla riferibilità alla specifica posizione del R. dei riscontri esterni individuati.

2.-. Il ricorso è inammissibile per genericità e per manifesta infondatezza.

Il Tribunale di Napoli ha espressamente preso in esame tutte le doglianze oggi riproposte, osservando che la piattaforma indiziaria a carico del R. era costituita dalle dichiarazioni dei collaboranti C.D. e B.M., dettagliatamente vagliate e ritenute attendibili, anche se de relato, per la caratura e la natura particolarmente qualificata delle fonti di conoscenza e oltre tutto pienamente compatibili con le risultanze dei rilievi tecnici eseguiti nella immediatezza sia sul luogo del fatto sia in sede di ispezione del cadavere e di esame autoptico, e non inficiate dalle propalazioni non perfettamente coincidenti del F., non dotate della medesima attendibilità intrinseca. Le dichiarazioni dei collaboranti erano poi state riscontrate dalla sommarie informazioni di B.G..

A fronte di queste coerenti conclusioni, il ricorrente, come si è visto, si è sostanzialmente limitato a prospettare rilievi del tutto generici ed apodittici e a contestare in modo del tutto assertivo la sussistenza dei gravi indizi a suo carico. In definitiva, il tessuto motivazionale dell’ordinanza censurata non presenta affatto quella carenza, contraddittorietà o macroscopica illogicità del ragionamento del giudice di merito che, alla stregua dei principi affermati da questa Corte, può indurre a ritenere sussistente il vizio di cui alla lettera e) dell’art. 606 c.p.p., nel quale si risolvono le censure proposte con il ricorso.

3.-. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille), non ravvisandosi ragioni per escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di 1.000,00 (mille) Euro in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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