Cass. Civ. Sez. III 10.03.2011 n. 5690 condominio spese arricchimento senza causa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 16-27 settembre 2005, la Corte di appello di Roma rigettava llappello principale proposto dalla societaa immobiliare Romana servizi s.r.l. avverso la decisione del Tribunale di Velletri n. 46 del 2004 (che aveva condannato la societaa a rimborsare al Condominio, di via (OMISSIS), la somma liquidata al condomino L.M., a titolo di risarcimento del danno subito dal proprio appartamento, in seguito a copiose infiltrazioni di acqua provenienti dal muro esterno dell’edificio).

Ad avviso del Tribunale, la societaa – costituendosi in giudizio – aveva eccepito in primo grado la prescrizione della azione proposta dal Condominio, con riferimento al termine di cui all’art. 1667 c.c. (due anni dal giorno della consegna dell’opera).

Il Tribunale aveva qualificato llazione proposta dal Condominio quale azione di responsabilitaa del committente nei confronti dell’appaltatore rigettando la eccezione di prescrizione biennale, di cui all’art. 1667 c.c. prevista in caso di difformitaa e vizi dell’opera.

Rilevavano i giudici di appello che la societaa immobiliare Romana servizi non aveva contestato la qualificazione dell’azione data dal Tribunale, sostenendo tuttavia che – fermo restando il divieto di porre a base della decisione fatti diversi da quelli dedotti dalle parti – il primo giudice avrebbe dovuto individuare di ufficio il tipo di prescrizione concretamente applicabile (quello, piuu breve di un anno dalla denuncia, di cui all’art. 1669 c.c. relativo alla rovina e difetti gravi dell’immobile).

I giudici di appello rilevavano che la comparsa di costituzione della societaa immobiliare Romana servizi in primo grado non conteneva, in fatto, specifiche indicazioni dalle quali potesse desumersi chiaramente la intenzione della societaa di volersi avvalere del piuu breve termine di prescrizione, ed in particolare di quello previsto dall’art. 1669 c.c. Una diversa valutazione operata, di ufficio, dal giudice avrebbe comportato, conseguentemente, una violazione del principio del contraddittorio.

Inoltre la eccezione di prescrizione, sollevata questa volta – ai sensi dell’art. 1669 c.c. in appello, doveva considerarsi preclusa dal divieto di nuove eccezioni di cui all’art. 345 c.p.c. riguardando circostanze non indicate nel giudizio di primo grado.

Per queste ragioni la Corte territoriale rigettava llappello principale della immobiliare Romana servizi.

Quanto all’appello incidentale proposto dal Condominio nei confronti del L., il primo giudice aveva rigettato la domanda riconvenzionale del convenuto (relativa al pagamento di somme dovute e non versate, in relazione ai lavori di ristrutturazione dell’immobile) sul rilievo che le tabelle millesimali non contemplavano la quota del L. e che le nuove tabelle non potevano trovare applicazione con riguardo a spese che risultavano giaa deliberate e affrontate dal Condominio in base alle vecchie tabelle.

Le argomentazioni del primo giudice non tenevano conto del fatto che sussistevano tutti i presupposti per llesercizio dell’azione di indebito arricchimento, in mancanza di un titolo specifico sul quale potesse fondarsi la azione contrattuale.

In effetti, il L. aveva ingiustamente conseguito, in danno del Condominio, un risparmio di spesa, integralmente sostenuta, causa il suddetto errore nella composizione delle tabelle millesimali, dagli altri condomini.

Pertanto, in considerazione della validitaa della delibera di ripartizione delle spese effettuata n conformitaa delle vecchie tabelle, il Condominio non aveva altro rimedio per conseguire llindennizzo del pregiudizio subito che quello di esperire llazione di indebito arricchimento.

Nessuna contestazione era stata sollevata dal L. in ordine al risparmio di spesa, indicata dal Condominio in Euro 12.541,12, somma sulla quale dovevano decorrere interessi e rivalutazione dalla data dell’esborso, trattandosi di debito di valore da liquidarsi alla stregua dei valori monetari in atto al momento della pronuncia.

Per queste ragioni, la Corte territoriale accoglieva integralmente llappello incidentale proposto dal Condominio.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il L. con due distinti motivi.

Resiste con controricorso il Condominio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. Il giudice di secondo grado aveva ritenuto di accogliere llappello incidentale del Condominio, ritenendo che tale tipo di azione trovasse fondamento, oltre che nella mancanza di una causa giustificatrice dell’arricchimento da parte del L. in danno del Condominio, nella mancanza di un titolo specifico sul quale potesse essere fondata la azione contrattuale.

Nel caso di specie difettavano tutti i requisiti previsti per llazione di indebito arricchimento.

Mancavano, nel caso di specie sia la residualitaa della azione che la unicitaa del fatto (che si realizza quando vi sia uno stretto nesso di causalitaa tra fatto ed arricchimento, da un lato, e depauperamento, dall’altro).

Mancava, inoltre, il requisito della generalitaa, essendosi in presenza di una espressa pattuizione contrattuale e di un conseguente titolo giuridico tale da giustificare la modificazione patrimoniale (la proprietaa del L. non era ricompresa nell’elenco delle unitaa immobiliari, redatto ai fini del risarcimento dei danni di guerra, quando la costruzione dell’appartamento del ricorrente non era stato realizzato).

In presenza delle valide tabelle millesimali, doveva escludersi che il L. avesse conseguito un indebito arricchimento.

Ai fini della ammissibilitaa dell’azione di indebito arricchimento, occorre la presenza di alcuni requisiti, tutti assenti nel caso di specie.

Occorre uno stretto nesso di causalitaa ed immediatezza tra fatto ed arricchimento e depauperamento.

Le opere di ristrutturazione dell’intero immobile erano state effettuate senza alcuna contestazione ed erano state regolarmente pagate da tutti i condomini in base alla ripartizione delle spese effettuata e deliberata.

La divergenza tra i valori reali dei piani o delle porzioni di piano di un edificio condominiale rapportati al medesimo e le tabelle millesimali non determina nullitaa delle tabelle o delle delibere fondate sulle medesime, potendone giustificare la sola revisione, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c. ad opera della assemblea condominiale ovvero dell’autoritaa giudiziaria.

Il Condominio avrebbe potuto, pertanto, evitare quella ripartizione delle spese, chiedendo, sin dall’origine, una modifica e/o una revisione delle tabelle, in tal modo evitando llindebito arricchimento da parte di un singolo condomino.

Infine, mancava uno stretto nesso di interdipendenza necessaria tra llarricchimento del L. e la corrispondente diminuzione patrimoniale del Condominio.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce omissione, carenza e/o insufficienza della motivazione.

I giudici di appello, con motivazione del tutto insufficiente, avevano dapprima affermato che le argomentazioni svolte dal Tribunale in ordine alla irretroattivitaa delle modifica delle tabelle erano esatte e, quindi, contraddittoriamente avevano accolto la domanda di arricchimento senza causa.

Osserva il Collegio:

I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono infondati.

Correttamente la Corte territoriale ha affermato che nel caso di specie il Condominio non aveva altro rimedio se non quello di proporre una domanda di arricchimento senza causa per ottenere llindennizzo della diminuzione patrimoniale subita (nei limiti dell’arricchimento).

Nessuna questione ee stata sollevata dal ricorrente in ordine alla legittimazione attiva dell’amministratore del Condominio ed alla necessitaa di eventuale autorizzazione dell’assemblea a promuovere llazione contro il singolo condomino.

Sfugge a qualsiasi censura la osservazione conclusiva contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale nel caso di specie sussisteva anche il requisito previsto dall’art. 2042 c.c. e cioee la mancanza di un titolo specifico sul quale potesse essere fondata llazione contrattuale.

Come esattamente ha posto in evidenza la sentenza impugnata, la azione di indebito arricchimento trovava, nel caso di specie, il proprio fondamento nella assenza di una causa giustificatrice dell’arricchimento di un soggetto a danno di un altro.

Pur essendo possibile una richiesta di revisione di tabelle, in sede giudiziaria, in mancanza di apposita delibera dell’assemblea dei condomini (per la quale la giurisprudenza prevalente di questa Corte, fino alla decisione delle Sezioni Unite 9 agosto 2010 n. 18477, richiedeva il consenso di tutti i condomini) deve riconoscersi che una modifica delle stesse non avrebbe potuto avere efficacia retroattiva ed anzi avrebbe potuto produrre effetti solo dal momento del passaggio in giudicato della decisione.

Pertanto, nessuna contraddizione ee possibile ravvisare nella motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha accolto la domanda di arricchimento senza causa, pur dopo aver riconosciuto che una modifica delle tabelle millesimali, in ogni caso, non avrebbe potuto avere efficacia retroattiva.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, la sentenza che accoglie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall’art. 69 disp. att. cod. civ., non ha natura dichiarativa ma costitutiva, avendo la stessa funzione dell’accordo raggiunto all’unanimitaa dai condomini, con la conseguenza che llefficacia di tale sentenza, in mancanza di specifica disposizione di legge contraria, inizia a decorrere solo dal passaggio in giudicato (Cass. 8 settembre 1994 n. 7696).

In base a tale considerazioni, non puoo condividersi la tesi sostenuta dal ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, secondo la quale, una volta esclusa la retroattivitaa della modifica delle vecchie tabelle, i giudici di appello avrebbero dovuto rigettare la domanda di arricchimento senza giusta causa.

Nee puoo ritenersi che, nel caso di specie, vi fosse state inerzia del Condominio, poichee i condomini avevano agito giudizialmente per ottenere la revisione delle tabelle condominiali, una volta accertato che la unitaa immobiliare del L. era completamente esclusa dalle tabelle millesimali (che non contemplavano la sua quota).

La modifica delle tabelle di ripartizione delle spese, come giaa rilevato, non poteva avere efficacia retroattiva: con la ovvia conseguenza che la unica azione esperibile, da parte dei condomini e, per essi, dell’amministratore del condominio, era appunto quella di indebito arricchimento, ex art. 2041 c.c..

Tra llaltro, neppure llinerzia del Condominio o dei condomini avrebbe potuto condurre ad escludere il fondamento della azione di indebito arricchimento ovvero a ridurre llentitaa dell’indennizzo dovuto, non essendo applicabile nel caso di specie la disposizione di cui all’art. 1227 c.c. relativa al concorso del fatto colposo del creditore (Cass. 23 luglio 2003 n. 11454).

A tal proposito, questa Corte ritiene di ribadire il principio, giaa fissato con la propria precedente sentenza n. 23 luglio 2003 n. 11454 e 2484 del 20 marzo 1997, secondo cui, in tema di ingiustificato arricchimento, una volta accertata llunicitaa del fatto da cui derivano la locupletazione di un soggetto e la correlativa diminuzione patrimoniale di un altro, e llassenza di una causa idonea a giustificarle, la semplice inerzia dell’impoverito, ancorchee riconducibile a difetto di diligenza (nella specie nemmeno specificamente indicata, per come emerge dalla sentenza di appello, dall’odierno ricorrente in sede di appello) nel ridurre la portata della subita diminuzione patrimoniale, ove cioo gli sia possibile, non esonera llarricchito dall’obbligo di indennizzare la controparte nee diminuisce llentitaa dell’indennizzo dovuto, non trovando applicazione in materia di arricchimento, per la diversitaa dei rispettivi presupposti, la norma dettata, in tema di risarcimento del danno, dall’art. 1227 c.c., che impone al danneggiato di attivarsi per evitare le conseguenze ulteriori del fatto dannoso.

Da ultimo, va rilevato che la sentenza impugnata ha dato atto che la misura dell’indennizzo, corrispondente al risparmio di spesa conseguita dal L., non ee stata specificamente contestata da questtultimo.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.200.00 (duemiladuecento/00), di cui Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosii deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2011

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