Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-10-2011) 06-12-2011, n. 45334 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Torre Annunziata, Sezione distaccata di Sorrento, con sentenza in data 1 Aprile 2008 ha assolto il Sig. A. dalla contravvenzione ex art. 734 c.p. (capo E) e lo ha condannato per le restanti violazioni, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di dieci mesi di reclusione, pena sospesa subordinatamente alla demolizione dell’opera abusiva. Il Sig. A. è stato ritenuto colpevole per avere edificato senza permesso di costruire e senza le necessarie autorizzazioni in area soggetta a vincolo paesaggistico e alla normativa antisimica un manufatto di circa 60 mq.

La Corte di Appello ha respinto i motivi d’impugnazione con i quali l’imputato contestava l’esistenza di prove di una sua responsabilità, l’esistenza di prove circa la data di realizzazione delle opere, l’esistenza dei presupposti per respingere la richiesta prescrizione dei reati.

Propone ricorso il Sig. A. tramite il Difensore, in sintesi lamentando:

1. Violazione dell’art. 606 c.p.p. e vizio di motivazione con riferimento alla data di realizzazione dei lavori, essendosi dimostrato che per la struttura edilizia in esame era stata richiesta sanatoria fin dal 1994 e che difettano prove di una successiva esecuzione di nuovi lavori ed avendo la Corte di Appello respinto la richiesta avanzata in sede di impugnazione di nuova audizione dei testi a difesa;

2. Violazione dell’art. 603 c.p.p. per avere la Corte di Appello omesso di esporre in sentenza le ragioni che hanno condotto al rigetto della richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento, ragioni che per costante giurisprudenza devono essere esplicitate;

3. Errata applicazione degli artt. 192 e 546 c.p.p. per avere i giudici di appello fatto cattivo uso delle regole in tema di valutazione delle prove;

4. Errata applicazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, per avere i giudici di appello mal riportato le dichiarazioni del teste G. e omesso ogni richiamo alle dichiarazioni dei testi a difesa;

5. Violazione dell’art. 27 Cost. e errata applicazione dell’art. 42 c.p. per avere i giudici di merito addebitato al ricorrente condotte commesse anteriormente all’anno 1994 e da lui non commesse;

6. Errata applicazione dell’art. 157 c.p. e art. 531 c.p.p. per avere optato per l’ipotesi più sfavorevole all’imputato quanto alla datazione delle opere e non dichiarato estinti i reati per intervenuta prescrizione.

Con "Motivi nuovi" depositati ex art. 585 c.p.p., comma 4, il Sig. A. espone:

– Coi motivi di appello avverso la condanna subita il Sig. A. aveva chiesto alla Corte territoriale di rivedere il giudizio circa l’epoca dei lavori, anche mediante la rinnovazione del dibattimento, e avverso la conferma della prima decisione sono stati proposti sei motivi di ricorso, che vengono riportati integralmente;

– A tali motivi si chiede di aggiungere un settimo, col quale si sollecita l’applicazione delle regole in tema di prescrizione operanti ex art. 157 c.p.p. nel testo vigente anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, con conseguente estinzione del reato.

Motivi della decisione

Gli articolati motivi di ricorso del Sig. A., che ricalcano le censure avanzate con i motivi di appello, ruotano attorno a due soli profili: la fondatezza della datazione delle opere abusive e la eventuale manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.

1. Quanto al secondo profilo deve escludersi che sussistano i vizi prospettati dal ricorrente. La motivazione della sentenza di appello esposta a pag. 3 è sintetica ma esaustiva e deve essere letta con riferimento alla esposizione dei motivi di censura operata nella seconda parte della pagina precedente. Ebbene, la Corte di Appello da atto dell’esistenza di un manufatto risalente nel tempo ed oggetto di domanda di sanatoria presentata nell’anno 1995, così che va escluso che sia stata omessa la valutazione della versione difensiva secondo la quale le opere oggetto di accertamento risalirebbero per intero a tale data e non sarebbero state realizzate dal ricorrente. A fronte di questa versione dei fatti, la Corte di Appello ha ritenuto di rinvenire in atti elementi obiettivi e indicazioni testimoniali che rendono certo che il ricorrente sia intervenuto in epoca prossima all’accertamento per proseguire nel completamento delle opere mediante la realizzazione di elementi di metallo e di copertura che palesemente si presentavano recenti e privi dei segni eh oltre dieci anni di esposizione agli elementi atmosferici avrebbero dovuto lasciare. Un altro elemento decisivo per ritenere la costanza dei lavori è stato rinvenuto non solo nella presenza sul luogo di materiali edili che non presentano segni di usura, ma anche di apparecchiature elettriche e di una betoniera che non appare logico pensare siano stati abbandonati all’aperto e inutilizzati per oltre dieci anni.

Siffatta motivazione si fa carico della proposizione difensiva e rende evidente le ragioni che hanno indotto il giudice di appello a non rinnovare il dibattimento (proprio la sentenza citata dal ricorrente fissa il principio che la rinnovazione in appello può essere disposta solo qualora sia assolutamente necessaria); va dunque escluso che sussista il vizio di carenza di motivazione. Sotto diverso profilo la motivazione risulta immune dai vizi di contraddittorietà e manifesta illogicità, apparendo coerente coi dati probatori e logicamente articolata. Debbono di conseguenza considerarsi infondati primi quattro motivi di ricorso.

2. Una volta escluso che la motivazione della sentenza presenti i vizi lamentati, può dirsi accertato in fatto che i lavori erano in corso o da pochi giorni sospesi, con la conseguenza che il quinto motivo di ricorso risulta manifestamente infondato.

3. Con riferimento al sesto motivo, la Corte rileva che il termine prescrizionali ha conosciuto un periodo di sospensione pari a otto mesi e 27 giorni a seguito del rinvio disposto all’udienza del 3 luglio 2007 in relazione all’adesione della Difesa all’astensione indetta dalla categoria professionale. Ciò porta ad escludere che la prescrizione dei reati residui sia maturata anteriormente all’emissione della sentenza di appello, e, del resto, anche calcolando il termine ordinario di quattro anni e sei mesi questo sarebbe maturato quattordici giorni dopo la pronuncia.

Deve, tuttavia, rilevarsi che la non manifesta infondatezza di una parte dei motivi di ricorso impone di ritenere validamente instaurato il rapporto processuale davanti a questa Corte e di rilevare che il termine prescrizionale è maturato nelle more del presente giudizio, e precisamente in data 22 settembre 2010.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati residui estinti per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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