Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-10-2011) 06-12-2011, n. 45429

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 23 maggio 2011 il Tribunale del riesame di Roma ha respinto l’appello proposto da Y.D. (alias D.B.) avverso l’ordinanza del 2 maggio 2011, con la quale il G.I.P. del Tribunale di Roma aveva applicato nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere, siccome gravemente indiziato del delitto di omicidio aggravato in danno di S.D., da lui colpito con più colpi di coltello, che ne avevano determinato il decesso quasi immediato.

2. Il Tribunale ha rilevato la sussistenza a carico dell’appellante di validi indizi di colpevolezza, costituiti dalle dichiarazioni rese dai testimoni oculari Y.J. e U.G., i quali avevano riferito che il 15 marzo 2011 fra l’indagato e la vittima, entrambi ospiti nell’abitazione del cittadino cinese Y., ubicata in (OMISSIS) per giocare a carte, era intercorsa una violento litigio per stabilire chi dovesse dare le carte; a quel punto il L., per evitare il peggio, aveva condotto la vittima fuori dell’abitazione, dove l’indagato li aveva raggiunti in cortile armato di un coltello da cucina, con il quale aveva colpito la vittima al fianco con tre o quattro coltellate, cagionandone la morte quasi immediata. Atro elemento a carico dell’indagato era stato costituito dalle dichiarazioni rese da un’altra testimone oculare, P.B., la quale, mentre era ferma innanzi al citofono dello stabile, aveva visto uscire l’indagato sporco di sangue sul collo e sulla faccia con nella mano sinistra un coltello ed aveva altresì visto un cinese steso per terra nel cortile con delle ferite al petto. Inoltre l’indagato era stato fotograficamente riconosciuto dai due connazionali anzidetti, dalla teste P. e dalla fidanzata della vittima; e solo il successivo 16 aprile la polizia aveva rintracciato in Catania e sottoposto a fermo di p.g. l’indagato, nei confronti del quale era stato pertanto ravvisato un concreto pericolo di fuga, anche perchè sua moglie e suo figlio, recatisi in Cina il 20 marzo 2011, erano rientrati in Italia per disdire il contratto di affitto dell’appartamento dove abitavano con l’indagato e per vendere l’auto di loro proprietà. 3. Il Tribunale aveva quindi ritenuto la sussistenza di valide esigenze cautelari tali da giustificare la custodia cautelare in carcere applicata all’indagato, sia per il rilevato pericolo di fuga, sia per la gravità del fatto, sia per la pericolosità dell’indagato, che aveva freddamente ucciso la vittima, di cui era amico, per un banale litigio, infierendo contro di essa anche dopo che essa era caduta a terra, con conseguente concreto pericolo di reiterazione del reato.

4. Avverso detto provvedimento del Tribunale del riesame di Roma propone ricorso per cassazione Y.D. per il tramite del suo difensore, che ha dedotto violazione e falsa applicazione di legge, nonchè motivazione inadeguata circa la ritenuta adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere. Non era stato adeguatamente motivato il ravvisato pericolo di fuga di esso ricorrente, ovvero il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, tali da ritenere inadeguate misure cautelari meno afflittive, atteso che, conformemente a quanto di recente disposto dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 164 del 2011, la custodia in carcere, anche in presenza del delitto di omicidio volontario, di cui all’art. 575 cod. pen., avrebbe dovuto essere applicata solo quando non fosse stato assolutamente possibile operare diversamente, come ad esempio disponendo gli arresti domiciliari in luogo diverso dall’abitazione, eventualmente accompagnati da particolari strumenti di controllo; ed anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo, con riferimento alla previsione di cui all’art. 5 par. 3 della convenzione Europea, aveva ritenuto la carcerazione preventiva come una soluzione estrema, giustificabile solo quando tutte le altre opzioni disponibili si fossero rilevate insufficienti.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da Y.D. avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Roma del 25 maggio 2011 è inammissibile siccome manifestamente infondato.

2. Con esso il ricorrente lamenta l’inadeguatezza della motivazione con la quale il Tribunale ha ritenuto la sussistenza di gravi esigenze cautelari nei suoi confronti, tali da giustificare la custodia cautelare inframuraria disposta nei suoi confronti; ha inoltre ritenuto che non potesse ravvisarsi nella specie il concreto pericolo di reiterazione dell’attività criminosa, in quanto non sussisteva nei suoi confronti un concreto pericolo di fuga.

3. Va al contrario rilevato che il provvedimento impugnato non si è limitato a confermare la custodia cautelare in carcere disposta dal G.I.P. nei confronti dell’indagato facendo riferimento alla presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 164 del 2011, nella parte in cui detta presunzione è riferita al delitto di omicidio volontario di cui all’art. 575 cod. pen., ma ha motivato in modo autonomo la sussistenza di esigenze cautelari tali da giustificare la misura cautelare inframuraria adottata, con esclusione di ogni altra misura, avendo fatto riferimento ai criteri di cui all’art. 274 cod. proc. pen. Il Tribunale ha in particolare ritenuto la sussistenza del concreto pericolo di fuga dell’indagato, ravvisato nella circostanza che l’indagato era stato rintracciato dalla polizia quasi un mese dopo il verificarsi del fatto in Catania, città lontana dall’abituale suo luogo di residenza, mentre inequivocamente cercava di liquidare i suoi affari in Italia presso la comunità cinese, all’evidente scopo di fare definitivo ritorno in Cina.

Il provvedimento impugnato ha poi fatto condivisibile riferimento alla sussistenza del pericolo di reiterazione della condotta criminosa, ancorandolo ad elementi obiettivi quali:

-la futilità del motivo che l’aveva indotto ad uccidere con modalità particolarmente efferrate un suo connazionale, da lui colpito con più pugnalate, alcune delle quali inferte quando la vittima, già riversa a terra, era incapace di difendersi;

– le modalità della condotta, indicative dell’incapacità di autocontrollo del ricorrente in situazioni di esasperazione, con conseguente sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione del reato.

4. Il ricorso proposta da Y.D. va pertanto dichiarato inammissibile, con sua condanna, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della soma di Euro 1.000,00 ala Cassa delle Ammende.

5. Si provveda all’adempimento di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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