Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 06-12-2011, n. 45423

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Prato, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., comma 5, con ordinanza deliberata il 16 febbraio 2011 e depositata il successivo 18 febbraio, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta da D.G.G.M., ha disposto la restituzione all’istante di una parte degli oggetti sequestratigli, tra cui il passaporto, numerosi mazzi di chiavi e un bollettino di pagamento rinvenuti nella sua abitazione; mentre ha confermato il sequestro delle altre cose vincolate (computer, telefoni, videocamere, memory card, chiavette usb, autovettura con relative chiavi), essendo il G. sottoposto ad indagini per i reati di cui agli artt. 612 bis, 423, 56 e 575 cod. pen., in danno della sua ex convivente, C.B., e del nuovo compagno di lei, B.F., nonchè di alcuni parenti della donna, commessi tra il novembre e il dicembre 2010.

A ragione il Tribunale ha addotto che i predetti oggetti erano utili per la prosecuzione delle indagini, potendo nel computer, nelle chiavette usb, nelle videocamere e nelle altre cose acquisite, essere rinvenuti appunti o tracce rilevanti per l’accertamento dei fatti, e dovendo l’autovettura dell’indagato essere ispezionata dall’autorità giudiziaria per analoghe finalità investigative.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il D.G. personalmente, il quale, con due motivi, lamenta la nullità dell’ordinanza impugnata per difetto assoluto di motivazione e, in particolare, rileva la mancanza di specifica indicazione del rapporto di pertinenza dei beni sequestrati rispetto ai reati contestati e l’omessa indicazione delle cose costituenti il corpo del reato, non essendo stato neppure specificato il tipo di sequestro disposto; denuncia, altresì, la nullità dell’ordinanza impugnata per difetto assoluto di motivazione con riguardo ai singoli beni oggetti della sua domanda di restituzione e rimasti, invece, sottoposti al vincolo cautelare.

Motivi della decisione

3. Va premesso che i provvedimenti in materia di misure reali sono impugnabili solo per violazione di legge, a norma dell’art. 325 cod. proc. pen., comma 1, categoria nella quale rientra la mancanza fisica della motivazione o la presenza di motivazione solo apparente, ma non altri vizi della stessa, inclusi quelli di contraddittorietà o manifesta illogicità del percorso argomentativo, che possono denunciarsi, in sede di legittimità, soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), (Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, dep. 01/10/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, dep. 20/02/2009, Vespoli, Rv. 242916).

Segue, nel caso in esame, l’inammissibilità dei motivi proposti, posto che il provvedimento impugnato è motivato, seppure sinteticamente e non analiticamente con riguardo ai singoli beni vincolati e non restituiti, cosicchè non ricorre il caso di mera apparenza della motivazione o di inesistenza assoluta di essa, idoneo a configurare il vizio di violazione di legge, che, come si è detto, è l’unico ammesso per ricorrere per cassazione in subiecta materia.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non essendo la determinazione della causa di inammissibilità immune da profili di colpa (Corte Cost. sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento della somma, stimata equo tra il massimo e il minimo previsti, di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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