Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-06-2011) 06-12-2011, n. 45412

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. D.D.P. ricorre a questa Corte di legittimità per l’annullamento dell’ordinanza con la quale il Magistrato di Sorveglianza di Salerno ha respinto la sua istanza volta alla remissione del debito per le spese del processo e di mantenimento in carcere conseguite alla sentenza resa il dì 8.11.2001 dalla Corte di Appello di Salerno.

Lamenta, in particolare, la ricorrente violazione di legge con riferimento all’art. 56 O.P. (norma abrogata e sostituita dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 6) e difetto di motivazione sul punto, giacchè, a suo avviso, il giudice a quo avrebbe dedotto l’insussistenza dei requisiti di legge per l’accoglimento della domanda dall’applicazione a suo carico della misura di prevenzione della sorveglianza speciale e dalla circostanza che essa ricorrente sarebbe in possesso di un appezzamento di terreno, secondo risultanze rese dalla G.d.F., e proprietaria della villa ove abita, secondo quanto relazionato dai CC. Tanto premesso, ad avviso della ricorrente nè l’una circostanza nè l’altra appaiono correttamente e legittimamente evocate, dappoichè:

la misura di prevenzione in nulla inciderebbe sulla esemplarità del suo comportamento carcerario; il comportamento successivo alla detenzione è risultato irreprensibile; il pagamento del debito erariale, superiore ad Euro 99.000,00, la porrebbe sul lastrico e senza un tetto per ripararsi, dappoichè provato il suo stato di disoccupazione.

2. Con motivata requisitoria scritta il P.G. in sede ha concluso per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il ricorso merita il consenso della Corte.

3.1 La ricorrente, come innanzi esposto, denuncia col gravame violazione di legge e difetto di motivazione, in relazione alla corretta interpretazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 6.

Orbene, secondo costante e risalente insegnamento di questa Corte (Cass. 13.03.92, p.c. in C. Bonati) la violazione di legge concernente la motivazione trova il suo fondamento nella disciplina costituzionale di cui all’art. 111, commi 6 e 7 e consiste nella omissione totale della motivazione stessa ovvero allorchè ricorrano le ipotesi di motivazione fittizia o contraddittoria, che si configurano, la prima, allorchè il giudicante utilizza espressioni di stile e stereotipate, e la seconda quando si riscontri un argomentare fondato sulla contrapposizione di argomentazioni decisive di segno opposto. Rimangono escluse dalla nozione di violazione di legge connessa al difetto di motivazione tutte le rimanenti ipotesi nelle quali la motivazione stessa si dipani in modo insufficiente e non del tutto puntuale rispetto alle prospettazioni censorie.

Di tali principi generali ha fatto buon uso la Corte di legittimità delibando il vizio in parola in ipotesi di impugnativa dinanzi ad essa delle ordinanze di rigetto del Tribunale di Sorveglianza.

Secondo Cass. pen., sez. 1^, 9.01.2004, n. 449; 14.11.2003 n. 5338;

9.11.2004, n. 48494, infatti, nella nozione di violazione di legge vanno ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano così scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici, da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione, mentre il vizio di motivazione non mancante è previsto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

3.2 E nel caso di specie il provvedimento impugnato si segnala per la sua estrema sinteticità, non esaustiva delle esigenze motivazionali imposte dalla logica giuridica e dal sistema processuale. Afferma il giudice a quo, come innanzi detto, che nel caso al suo esame ostano all’accoglimento della domanda per cui è causa la misura di prevenzione ed il possesso, per alcuni, di un appezzamento di terreno, per altri, della casa di abitazione (una villa non meglio individuata e descritta).

Palese il vizio relativo alla insufficienza della motivazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 6, la remissione del debito relativo alle spese del processo è consentito in costanza di un duplice requisito: l’indigenza del richiedente e la sua regolare condotta, sia che si trovi lo stesso in libertà, sia che stia egli espiando la pena in stato di detenzione. Ciò posto ed attesa la motivazione appena riportata, occorre domandarsi se la proprietà di alcuni appezzamenti di terreno agricolo e della casa di abitazione siano in grado di dimostrare l’assenza, nel caso di specie, del primo requisito contemplato dalla norma citata e se detta valutazione sia possibile in assenza di indicazioni circa l’entità del debito erariale (il provvedimento la omette) della condizione economica complessiva dell’interessata e della sua famiglia, del valore reale della indicata proprietà immobiliare e senza porre in relazione tra loro tutti questi dati. Non solo; il provvedimento impugnato si appalesa sfornito di motivazione laddove si tenga presente l’evoluzione interpretativa operata nel tempo dal giudice di legittimità in relazione all’istituto della remissione del debito erariale derivante dalle spese del processo e di quelle per il mantenimento in carcere, evoluzione peraltro evocata ed invocata dalla difesa ricorrente.

Anche la disponibilità di risorse economiche in grado di soddisfare il debito erariale non esclude, di per sè, lo stato di disagio economico, hanno affermato i supremi giudici (Cass. pen. Sez. 1^, 3.06.1997 n. 2932; Cass., Sez. 1^, 15 febbraio 2008, Scaturchi) allorchè l’adempimento del debito determinerebbe per il debitore gravi difficoltà nel far fronte ad elementari esigenze di vita. Non solo; sempre secondo il superiore insegnamento (Cass. pen., sez. 2^, 28.12.1984 n. 3926; Sez. 1^, 2008, ric. Scaturchio cit.) ricorre il requisito di legge dello stato di indigenza nella ipotesi in cui l’adempimento del debito, comportando un notevole squilibrio del bilancio domestico, determinerebbe una seria compromissione delle possibilità di recupero e di reinserimento sociale dell’interessato.

Senza omettere la fondamentale considerazione, sempre affermata dal giudice di legittimità (Cass. pen. 8 marzo 1994, Spagnolo, in Cass. pen., 1995 p. 1370) che il requisito delle disagiate condizioni economiche non va inteso nel senso che sia necessario uno stato di assoluta indigenza, essendo sufficiente una situazione caratterizzata da difficoltà e ristrettezze economiche le quali, in riferimento a parametri di normalità, non consentono di far fronte alle fondamentali esigenze di vita. E nel caso di specie il debito erariale supera la considerevole somma di Euro 99.000,00.

Dalle esposte considerazioni deve trarsi la lezione giurisprudenziale di questa Corte, intesa a porre la necessità, per il decidente investito della domanda di remissione del debito per spese processuali, di una valutazione complessiva circa le condizioni economiche del richiedente, da operare con criteri di ragionevolezza, valutazione non disgiunta da puntuali considerazioni in ordine agli effetti dell’adempimento della pretesa erariale sulle condizioni di vita dell’interessato e sulle conseguenze relative alle finalità costituzionali della detenzione.

3.3 Del pari errato in diritto si appalesa l’ulteriore argomento utilizzato dal giudice a quo a sostegno della decisione, giacchè la misura di prevenzione, se non argomentata con l’attualità di comportamenti irregolari, non può avere gli effetti ostativi riconosciuti dal Magistrato territoriale, dappoichè fondata la misura di prevenzione su una valutazione di pericolosità desunta da comportamenti passati e perchè altro è l’attualità della pericolosità sociale ai fini della misura di prevenzione, altro è la regolarità della condotta nell’attualità, caratteristiche compatibili tra loro.

4. In conclusione l’ordinanza impugnata va cassata con rinvio al Magistrato di sorveglianza di Salerno perchè riesamini la domanda del ricorrente alla luce delle indicazioni interpretative innanzi date.

P.Q.M.

La Corte, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Salerno.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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