Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-06-2012, n. 10870 Opposizione agli atti esecutivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 17 dicembre 2007, il Tribunale di Roma dichiarava cessata la materia del contendere sull’opposizione proposta ex art. 617 cod. proc. civ., dalla s.p.a. Assicurazioni Generali, terzo pignorato nella procedura esecutiva di espropriazione promossa dall’Università degli Studi "La Sapienza" nei confronti della s.p.a. Sopin avverso l’ordinanza in data 15-17 marzo 2005 con la quale il G.E. aveva disposto l’assegnazione in favore dell’Università della somma di Euro 5.000.137,97; condannava, quindi, la società opponente a rimborsare alle convenute Università degli Studi e Sopin s.p.a. le spese del giudizio liquidate, per ciascuna di esse, in Euro 31.400,00 di cui Euro 4.400,00 per competenze e Euro 27.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CAP. Il Tribunale – rigettata la preliminare eccezione di difetto di rappresentanza processuale di parte opponente, sollevata dalla Sopin s.p.a. – regolava le spese, avuto riguardo alla virtuale soccombenza dell’opponente in ordine ai motivi di opposizione.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.p.a.

Assicurazioni Generali, svolgendo due articolati motivi.

Hanno resistito con distinti controricorsi sia la Sopin s.p.a., che l’Università degli Studi; la Sopin ha altresì proposto ricorso incidentale.

Sono state depositate memorie sia da parte della ricorrente principale che da parte di quella incidentale.

Motivi della decisione

1. Premesso che ricorso principale e incidentale vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., prima di procedere al relativo esame, va accolta – ancorchè formulata solo in sede di discussione orale, trattandosi di circostanza rilevabile di ufficio – l’eccezione di carenza di ius postularteli del difensore dell’Università degli Studi "La Sapienza" di Roma. Invero – come questa Corte ha già avuto modo di affermare con specifico riferimento all’Università "La Sapienza" (sentenza 23 marzo 2011 n. 6672) – a norma del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 56, le Università statali hanno la facoltà di farsi assistere in giudizio, in alternativa all’Avvocatura dello Stato, anche da un avvocato del libero foro, a condizione che sussista un’apposita e motivata delibera in tal senso, da sottoporre ai competenti organi di vigilanza. In tal caso, fermo restando che il mandato deve essere sottoscritto dal Rettore, il difensore ha, però, l’onere di produrre – a pena di inammissibilità conseguente alla carenza dello ius postulano – o la previa delibera di autorizzazione da parte del Consiglio di amministrazione o, qualora il Rettore abbia agito in via di urgenza, la successiva delibera di ratifica.

Orbene nel presente giudizio l’Università "La Sapienza" risulta costituita con controricorso in data 28.11.2008, recante a margine procura speciale conferita dal rettore pro tempore all’avv. Giuseppe Bernardi; non è stata, peraltro, depositata e neppure indicata una preventiva delibera di autorizzazione da parte del Consiglio di amministrazione. E poichè – in difetto della preventiva delibera (o della successiva ratifica) – siffatta procura non è idonea a legittimare l’esercizio dello ius postulano in nome e per conto dell’Università da parte di avvocato del libero foro e, quindi, a rendere valida la costituzione in giudizio, il controricorso in questione va dichiarato inammissibile.

1.1. Con il primo motivo di ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., anche in relazione all’art. 10 cod. proc. civ., e segg., violazione e falsa applicazione della tariffa vigente degli onorar, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati, per le prestazioni giudiziali in materia civile (D.M. 8 aprile 2004, n. 127), violazione e falsa applicazione dei principi e norme che regolano la liquidazione delle spese giudiziali nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3). Al riguardo parte ricorrente lamenta che la liquidazione degli onorari e delle competenze professionali a suo carico sia stata effettuata con riferimento allo scaglione tariffario relativo alle cause di valore superiore a Euro 5.000.000,00; chiede, dunque, a questa Corte di dire "se vi sia violazione e falsa applicazione" delle norme in rubrica "allorquando, in un giudizio di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ., le spese giudiziali siano state liquidate, secondo il principio di soccombenza virtuale, con riferimento alle tariffe previste per il valore del credito oggetto dell’esecuzione e non già con riferimento alle tariffe previste per le cause di valore indeterminabile".

1.2. Il motivo è manifestamente infondato alla luce del principio, da cui totalmente prescinde il proposto quesito, secondo cui in tema di liquidazione delle spese del giudizio nelle cause di opposizione agli atti esecutivi, nel caso di espropriazione forzata, il valore della causa va determinato, con riferimento alla fase antecedente l’inizio dell’esecuzione, cioè avuto riguardo al valore del credito per cui si procede; invece, con riferimento alla fase successiva all’inizio dell’esecuzione (fatta eccezione per l’ipotesi di opposizione concernente l’intervento di un creditore, nella quale si deve far riferimento al valore del solo credito per il quale l’intervento viene effettuato) va determinato avendo riguardo agli effetti economici dell’accoglimento o del rigetto dell’opposizione predetta; qualora, poi, non sia possibile applicare tale criterio di determinazione del valore, in quanto l’accoglimento od il rigetto non producano effetti economici ben identificabili, la causa va ritenuta di valore pari a quello del bene o dei beni oggetto dell’atto opposto. In ogni caso detto valore della causa non può essere ritenuto superiore nè all’importo del credito totale per cui si procede, nè al valore dei predetti effetti economici, nè al valore del bene o dei beni oggetto dell’atto opposto (Cass. 30 giugno 2010, n. 15633; Cass. 13 marzo 2009, n. 6186; Cass. 24 maggio 2006, n. 12354). E poichè, nella fattispecie, "l’effetto economico" che parte ricorrente mirava a conseguire era la revoca e/o l’annullamento dell’ordinanza di assegnazione della somma di Euro 5.000.137,97, era questo il valore cui andava fatto riferimento per l’individuazione dello scaglione tariffario.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., anche in relazione all’art. 10 cod. proc. civ., e segg., violazione e falsa applicazione della tariffa vigente degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati, per le prestazioni giudiziali in materia civile (D.M. 8 aprile 2004, n. 127), violazione e falsa applicazione dei principi e norme che regolano la liquidazione delle spese giudiziali, con riferimento ad un giudizio di opposizione agli atti esecutivi in cui la materia del contendere è cessata prima delle costituzione in giudizio delle parti convenute; violazione e falsa applicazione delle stesse norme anche con riferimento all’art. 100 cod. proc. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3); insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 cod. proc. civ., n. 5). Al riguardo parte ricorrente lamenta che la liquidazione degli onorari sia stata effettuata con riferimento ai "massimi" della tariffa e chiede a questa Corte di dire se vi sia violazione delle norme in rubrica "allorquando in un giudizio di opposizione in cui la materia del contendere sia cessata prima della costituzione in giudizio, le spese giudiziali siano state liquidate secondo il c.d. principio di soccombenza virtuale, in misura vicina ai massimi delle tariffe e non già compensate ovvero liquidate in misura pari a minimi o quantomeno ai medi tariffari" e di dire "se vi sia vizio di contraddittoria motivazione, allorquando, in un giudizio di opposizione agli atti esecutivi, ex art. 611 cod. proc. civ., in cui la materia del contendere sia cessata prima della costituzione in giudizio delle parti convenute e quindi allorquando le parti convenute non avevano alcun interesse ex art. 100 cod. proc. civ., le spese giudiziali siano state liquidate secondo il c.d. principio di soccombenza virtuale, in misura vicina ai massimi delle tariffe", senza che il giudice abbia tenuto conto delle circostanze indicate.

2.1. Il motivo è inammissibile, prima ancora che per l’inadeguatezza dei quesiti, per carenza del requisito di autosufficienza, normativamente consacrato nell’art. 366 cod. proc. civ., n. 6.

Invero il motivo sì basa su una premessa minore – e cioè sul presupposto che gli onorari professionali siano stati liquidati in favore delle parti opposte in misura vicina ai massimi tabellari – di cui parte ricorrente non offre alcun riscontro, avendo omesso di riportare e/o allegare copia della nota specifica. Siffatta carenza si traduce in vizio di incompiutezza della censura e ne determina l’inammissibilità, in quanto priva il Collegio di un dato di conoscenza necessario al fine di verificare la fondatezza di detta premessa.

Ma anche a prescindere da quanto sopra, è assorbente la considerazione che la concreta determinazione degli onorari dovuti ad un avvocato costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice quando essa risulti contenuta tra i limiti minimi e massimi previsti dalla vigente tariffa forense; nè rileva, sotto questo profilo, la circostanza dell’avvenuta cessazione della materia del contendere sin dalle prime battute del processo, dal momento che la regolazione delle spese ha seguito la soccombenza anche virtuale, che è espressione del principio di causalità. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, l’individuazione del soccombente si compie in base principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo stesso, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (Cass., 27 novembre 2006, n. 25141).

Il ricorso principale va, dunque, rigettato.

3. Il ricorso incidentale della SOPIN, relativamente al rigetto dell’eccezione pregiudiziale di difetto di rappresentanza processuale, è assorbito.

Invero il ricorso proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel merito, il quale investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del Giudice del merito (cfr. SS.UU. 13 gennaio 2010, n. 356). E poichè nella specie, il giudice a quor dopo avere rigettato l’eccezione pregiudiziale, ha dichiarato cessata la materia del contendere e, sul presupposto della virtuale soccombenza dell’opponente, ha riconosciuto alla SOPIN le spese processuali, il ricorso incidentale della stessa parte risulterebbe suscettibile di esame solo in presenza dell’attualità dell’interesse, unicamente sussistente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale; ma, dal momento che il ricorso principale è stato rigettato, quello incidentale risulta assorbito.

Per il principio di soccombenza la ricorrente Assicurazioni Generali s.p.a. va condannata al pagamento delle spese processuali in favore della Sopin s.p.a., liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore della resistente SOPIN s.p.a. Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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