Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-06-2011) 06-12-2011, n. 45405

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con ordinanza in data 27 ottobre 2010 il Tribunale di Sorveglianza di Torino dichiarava inammissibile il reclamo proposto da P.V.A. avverso l’ordinanza 3 giugno 2010 con la quale il Magistrato di sorveglianza di Alessandria aveva in parte rigettato ed in parte dichiarato inammissibile la sua istanza volta ad ottenere la liberazione anticipata per i periodi di detenzione compresi tra il (OMISSIS).

Rilevava il tribunale che il provvedimento del magistrato di sorveglianza era stato notificato il 23 giugno 2010 all’interessato ed il 25 ottobre successivo al suo difensore il quale aveva proposto reclamo con atto depositato il giorno 8 luglio 2010, oltre il termine di giorni dieci stabilito dall’art. 69 bis, comma 3, O.P..

2.- Propone ricorso per cassazione l’avvocato Luigi Tartaglino, difensore di P.V.A., adducendo a ragione vizio di motivazione e violazione di legge perchè, apoditticamente, il tribunale di sorveglianza ha affermato l’intempestività del reclamo contravvenendo al disposto dell’art. 583 c.p.p., secondo cui l’impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma.

3.- Il Procuratore Generale Dott. Enrico Delehaye, con atto depositato il 16 aprile 2011, ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

4.- Il ricorso è infondato.

5.- Secondo la disciplina dettata dagli artt. 582 e 583 c.p.p., e salve le particolari forme contemplate dall’art. 123 c.p.p., per chi si trovi in stato di detenzione, ogni atto di impugnazione deve essere presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato oppure deve essere spedito alla stessa cancelleria. Dalla mancanza di tale presentazione o spedizione deriva, se sono decorsi i termini di impugnazione previsti dall’art. 585 c.p.p., l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi del successivo art. 591 c.p.p., che, tra le cause di inammissibilità, indica (lett. c) l’inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p., nella cui previsione rientra anzitutto l’avvenuta presentazione o spedizione dell’atto di impugnazione e poi il fatto che esse debbano avvenire con l’osservanza delle modalità e delle forme indicate dalla legge (Cass. 20 marzo 1991, ric. Cristalli;

Cass. 18 ottobre 1999, ric. Favero).

In particolare l’art. 583 c.p.p., comma 1, prevede che le parti possano proporre impugnazione con telegramma, oppure con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nell’art. 582 c.p.p., comma 1, in questo caso il pubblico ufficiale addetto alla deve allegare agli atti la busta contenente l’atto di gravame ed apporre su quest’ultimo l’indicazione del giorno della ricezione e la propria sottoscrizione.

Tale normativa si applica ai reclami previsti dall’ordinamento penitenziario in materia di liberazione anticipata, attesi il rinvio operato dall’art. 678 c.p.p. e art. 666 c.p.p., comma 6, alla disciplina generale contenuta nell’art. 568 c.p.p. (in quanto applicabile) e la loro natura di mezzi d’impugnazione in una procedura da ritenere ormai totalmente giurisdizionalizzata (Corte Cost., sent. n. 341 del 2006, n. 349 del 1993, n. 410 del 1993, n. 53 del 1993; in tal senso Cass. Sez. 1, sent. 18.11.2008, n. 48152, rie.

Trismondi).

6.- Tanto premesso osserva il Collegio come nel caso di specie la doglianza del ricorrente è del tutto generica e priva di autosufficienza.

Invero, stante la natura della censura mossa, che indica un errore in procedendo, dalla verifica degli atti – nel caso di specie consentita nel giudizio di legittimità- non risulta che l’atto di impugnazione sia pervenuto al tribunale di sorveglianza secondo una delle modalità indicate nel gravame, nè il ricorrente ha allegato documentazione alcuna dalla quale possa evincersi che il reclamo sia stato proposto con invio di telegramma, ovvero con atto trasmesso a mezzo di raccomandata come previsto dall’art. 583 c.p.p., comma 1.

Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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