Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-06-2012, n. 10866 Provvedimenti impugnabili per Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel corso delle procedure di espropriazione immobiliari riunite, pendenti in danno di B.G. innanzi al Tribunale di Milano, il Banco di Napoli s.p.a. (ora Intesa San Paolo s.p.a.) si opponeva al progetto di distribuzione predisposto in data 07.02.2005 dal G.E., lamentando che sul ricavato della vendita dei beni pignorati, pari a Euro 166.423,66 le fosse stata riconosciuta la somma di Euro 80.486,39 in linea privilegiata ex art. 2855 cod. civ., comma 1 – e non anche l’ulteriore credito di Euro 64.218,69 vantato in linea ipotecaria per interessi maturati fino alla vendita dell’immobile avvenuta il 28.01.2004 ai sensi dell’art. 2855 cod. civ., comma 3 – e che la residua somma di Euro 76.362,36 fosse stata, invece, riconosciuta all’altro creditore Banco di Sicilia s.p.a. (ora facente parte di Unicredit Group).

Il G.E. dichiarava esecutivo il progetto per la parte non contestata, sospendendo la distribuzione dell’importo di Euro 76.362,36 sino all’esito del giudizio di opposizione e assegnando termine all’opponente per l’introduzione del giudizio di merito.

Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio il Banco di Sicilia che si opponeva al ricorso, chiedendo la conferma del progetto.

Con sentenza in data 29.01.2008, il Tribunale di Milano rigettava l’opposizione, condannando l’opponente al pagamento delle spese processuali.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso straordinario ex art. 360 cod. proc. civ. e art. 111 Cost. la s.p.a., Intesa San Paolo s.p.a., preliminarmente chiedendo, con un primo motivo, dichiararsi l’ammissibilità del ricorso e svolgendo, quindi, due motivi ex art. 360 cod. proc. civ..

Nè il Banco di Sicilia, nè la curatela dell’eredità giacente di B.G., nei cui confronti parte ricorrente ha spontaneamente integrato il contraddittorio, hanno svolto alcuna attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Come accennato nella parte espositiva della presente sentenza la ricorrente – pur formalmente articolando tre motivi – ha, in effetti, dedicato il primo "motivo", non già allo svolgimento di una specifica censura alla sentenza impugnata, bensì all’illustrazione delle ragioni di ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost., avverso la stessa sentenza.

La tesi (a corredo della quale risulta formulato il seguente quesito:

"… se, a seguito della modifica al codice di procedura civile attuata con la novella del 2006, il regime di impugnabilità delle pronunce rese ex artt. 615-618 cod. proc. civ., così come richiamati dall’art. 512 cod. proc. civ., è il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.") poggia su due presupposti e cioè: in fatto, sul rilievo che "il giudizio da cui è scaturita la pronuncia gravata è stato incardinato nell’anno 2007" (così a pag. 5 del ricorso) e in diritto, sull’assunto dell’implicita assimilazione della controversia distributiva ex art. 512 cod. proc. civ., alle controversie oppositive, con conseguente non impugnabilità della relativa sentenza, siccome emessa nel vigore della L. n. 52 del 2006 (che aveva reso non impugnabili le sentenze pronunciate ex art. 616 cod. proc. civ., al pari di quelle emesse nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi).

Senonchè entrambi gli indicati presupposti si rivelano erronei, risultando l’impugnata sentenza – per quanto si dirà di seguito – soggetta all’ordinario mezzo di impugnazione dell’appello e non già al ricorso straordinario.

1.1. Innanzitutto dall’esame degli atti, allegati in copia, consentito in ragione della natura della questione (peraltro soggetta a verifica di ufficio da parte di questa Corte), risulta che la controversia distributiva venne introdotta, non già nel 2007, ma nell’anno 2005, e quindi prima dell’entrata in vigore del "nuovo" art. 512 cod. proc. civ. (come novellato dalla L. n. 80 del 2005, art. 2, comma 3, lett. e): tanto emerge dal tenore dell’ordinanza resa all’udienza 4.12.2006 in cui il G.E. – ritenuto che "la presente opposizione introdotta con la contestazione a verbale in data 18.4.2005 (dovesse) essere risolta con l’applicazione del rito previgente di cui all’art. 512 c.p.c." – assegnava termine al creditore opponente per l’iscrizione a ruolo dell’opposizione sino al 28.02.2007 (incombente cui, l’odierno ricorrente effettivamente provvedeva in data 22.01.2007, come risulta dalla sentenza impugnata).

1.2. E’ il caso a questo punto di precisare che il modus procedendo del G.E. risulta conforme all’orientamento espresso da questa Corte, secondo cui ai sensi dell’art. 512 cod. proc. civ. (nel regime previgente alla "novella") quando, in sede di distribuzione della somma ricavata dall’espropriazione forzata, sia stata formulata, anche solo verbalmente, contestazione in ordine alla sussistenza di uno o più crediti oggetto di intervento nella procedura esecutiva, la relativa controversia deve essere risolta mediante l’instaurazione di un ordinario giudizio di cognizione (avulso dal processo di esecuzione), la cui decisione – per quanto si andrà a chiarire meglio di seguito – rimane assoggettata, ai sensi dell’art. 339 cod. proc. civ., al rimedio impugnatorio dell’appello, con esclusione della ricorribilità in cassazione in virtù dell’art. 111 Cost., comma 7 (Cass. 13 maggio 2009, n. 11052).

Più di recente è stato, altresì, puntualizzato che il nuovo regime giuridico della risoluzione delle controversie in sede distributiva, introdotto dal novellato art. 512 cod. proc. civ., che prevede, in caso di contestazione, la diretta cognizione del giudice dell’esecuzione e, in seconda battuta, l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di tale giudice, non si applica ai procedimenti di opposizione distributiva pendenti alla data del 1 marzo 2006, in cui è entrata in vigore la norma, ma solo a quelli introdotti a partire da tale data (Cass. 14 gennaio 2011, n. 860).

Ciò in quanto, in base alla L. n. 80 del 2005, art. 2, comma 3 sexies (come sostituito dalla L. n. 263 del 2005, art. 1, comma 6 e poi modificato dal D.L. n. 273 del 2005, art. 39 quater, convertito nella L. n. 51 del 2006) il novellato art. 512 cod. proc. civ., è entrato in vigore il 1 marzo 2006 e si applica anche alle procedure esecutive pendenti a tale data, ma, naturalmente, in difetto di previsione di retroattività, con effetto soltanto da quella data in poi; il che significa che la nuova disciplina dell’art. 512 cod. proc. civ., si applica anche alle controversie riconducibili a quelle indicate da detta norma, insorte con riferimento ad esecuzioni già pendenti alla data del 1 marzo 2006, semprechè non si tratti di controversie insorte antecedentemente a quella data.

In altri termini, poichè il significato della nuova norma fu quello di dettare il modus procedenti di fronte all’insorgenza di una "controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione", il senso di detta applicabilità fu soltanto che l’art. 512 cod. proc. civ., nel suo nuovo testo divenne idoneo a disciplinare controversie insorte dal 1 marzo 2006 e non invece che esso fosse divenuto applicabile con riguardo a controversie di quella natura, insorte antecedentemente ed ancora pendenti, sì da imporre che il giudice dell’esecuzione decidesse con l’ordinanza prevista dalla norma (così Cass. n. 11052/2009 cit. in motivazione).

La presente controversia, dunque, per essere insorta nell’aprile 2005, andava trattata (e, di fatto, è stata trattata) secondo il rito previgente all’art. 512 cod. proc. civ.: invero il G.E. non ha "deciso" sulla controversia con ordinanza impugnabile ex art. 617 cod. proc. civ., ma ha concesso i termini per l’iscrizione a ruolo dell’opposizione; la stessa controversia è stata, poi, giustamente decisa con sentenza all’esito della cognizione piena.

1.3. Tanto precisato, riprendendo un accenno sopra svolto (sub 1.2.), occorre dire che anche il secondo passaggio argomentativo, svolto da parte ricorrente per arguirne la non impugnabilità della presente decisione, non è corretto. Invero seppure è indubbio un parallelismo, nel testo anteriore alla riforma del 2006, fra l’opposizione distributiva e l’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., siffatto parallelismo, siccome attinente al profilo funzionale delle due opposizioni, non era sufficiente (fino a che l’art. 616 non è stato nuovamente modificato dalla L. n. 69 del 2009) a giustificare l’estensione alla sentenza resa sull’opposizione ai sensi dell’art. 512 cod. proc. civ. (vecchio testo) della previsione della non impugnabilità di cui all’art. 616 cod. proc. civ..

Valga considerare che la diversità tra l’opposizione di cui all’art. 615 cod. proc. civ., proponibile anche nella fase della distribuzione del ricavato dalla espropriazione forzata, e l’opposizione di cui all’art. 512 cod. proc. civ., è data dal differente oggetto delle due impugnazioni, l’una concernente il diritto a partecipare alla distribuzione (art. 512) e l’altra il diritto di procedere all’esecuzione forzata (art. 615). E la conferma che le opposizioni alla distribuzione costituiscono una categoria autonoma di accertamento, rispetto alle opposizioni all’esecuzione, si evince anche dal disposto dell’art. 17 cod. proc. civ., che le distingue sia dall’opposizione all’esecuzione che dalle opposizione di terzo.

Inoltre sono diverse anche le forme procedimentali dell’opposizione agli atti esecutivi, di competenza del G.E., rispetto alla controversia distributiva, la quale – nel sistema ante novella del 2006 che qui rileva – risulta disciplinata come una parentesi cognitiva ordinaria, avulsa dal processo di esecuzione, con la conseguenza che la sentenza che la definisce risulta soggetta agli ordinar mezzi di impugnazione (v. oltre Cass. n. 860/2011 e n. 11052/2009 già cit. anche Cass. 17 gennaio 1998, n. 378).

E’ il caso di aggiungere che – per quanto nell’epigrafe della sentenza impugnata l’oggetto della decisione risulti impropriamente indicato come "opposizione all’esecuzione" – dal tenore della decisione risulta chiaro che la controversia è stata qualificata e trattata come controversia distributiva, essendo precisato, sia nella parte espositiva che in quella motiva, la natura dell’opposizione avente ad oggetto il progetto di distribuzione. L’oggetto del contendere – riguardante la collocazione privilegiata o meno degli interessi moratori vantati dall’odierna ricorrente – si iscrive, del resto, con sicurezza nell’alveo delle controversie di cui all’art. 512 cod. proc. civ..

In definitiva la presente sentenza era appellabile, per cui va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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