Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-06-2012, n. 10862 Opposizione agli atti esecutivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Banca Monte Parma s.p.a. – autorizzata con provvedimento in data 13.11.2006 a procedere a sequestro conservativo in danno di L. A. – procedeva a sequestro del credito vantato dal L. nei confronti del Fondo Pensione Complementare per il personale della stessa Banca (Fondo costituente associazione non riconosciuta ex art. 36 cod. civ.).

All’udienza fissata innanzi al Giudice dell’esecuzione di Parma in data 08.02.2007 il rappresentante del Fondo rendeva la dichiarazione positiva per Euro 15.398,67, mentre L.A. si costituiva con memoria, con la quale contestava, tra l’altro, la sequestrabilità del fondo pensionistico.

Con ordinanza in data 13.04.2007 il G.E., sciogliendo la riserva assunta alla suindicata udienza, visti l’art. 545 cod. proc. civ. e art. 2117 cod. civ. e ritenuto che non potevano formare oggetto di pignoramento i fondi speciali per la previdenza e l’assistenza, anche se costituiti senza la contribuzione dei prestatori di lavoro, accoglieva l’opposizione dichiarando improcedibile il pignoramento presso il terzo Fondo Pensioni Banca Monte Parma; estingueva la procedura; compensava le spese.

Avverso detto provvedimento, in tesi avente natura di sentenza, ha proposto ricorso per cassazione la Banca Monte Parma, svolgendo due motivi, illustrati anche da memoria.

Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia nullità del procedimento in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, per violazione del disposto degli artt. 616 e 618 cod. proc. civ.. Al riguardo parte ricorrente – premesso che il L. aveva proposto sia contestazioni di tipo formale (deducendo la mancanza di formula esecutiva), sia contestazioni di tipo sostanziale (allegando l’insequestrabilità del fondo pensionistico) costituenti, rispettivamente, materia di opposizione ex artt. 617 e 615 cod. proc. civ. – lamenta la nullità dell’ordinanza impugnata per aver accolto l’opposizione senza l’instaurazione del processo di cognizione ordinaria.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 11, comma 10 e dell’art. 2117 cod. civ. in comb. disp. con l’art. 545 cod. proc. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3). Al riguardo parte ricorrente deduce che, in forza della norma di cui all’art. 11 cit., i crediti conseguenti al riscatto totale dei versamenti effettuati in favore di fondi pensione non sono soggetti a vincolo di sequestrabilità, derogando la norma speciale alla disposizione del codice civile.

3. Il ricorso è inammissibile perchè proposto contro un provvedimento che in alcun modo può essere qualificato sentenza agli effetti dell’art. 111 Cost., comma 7.

Invero costituisce ius receptum che sono impugnabili con ricorso straordinario per Cassazione, i provvedimenti pronunciati dagli organi giurisdizionali, che, sebbene non qualificati dalla legge come sentenze, hanno natura di decisione, perchè giudicano in ordine a situazioni di diritto sostanziale delle parti e, perciò, presentano attitudine alla formazione del giudicato, e sono definitivi, nel senso di non essere soggetti secondo la legge a riesame, nè da parte del giudice che li ha emessi, nè da parte di altro giudice.

La soluzione della questione postula, evidentemente, il concetto di sentenza in senso sostanziale, nel quale rientrano – secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte – tutti i provvedimenti pronunciati dagli organi giurisdizionali, che, sebbene non qualificati dalla legge come sentenze, hanno natura di decisione, perchè giudicano in ordine a situazioni di diritto sostanziale delle parti e perciò presentano attitudine alla formazione del giudicato.

Invero, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, e sia, quindi, soggetto ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze, occorre aver riguardo non già alla sua forma esteriore e alla qualificazione attribuitagli dal giudice che lo ha emesso, ma agli effetti giuridici che è destinato a produrre. Sotto tale profilo il provvedimento non ha il carattere della decisorietà e della definitività quando la pronuncia spieghi i suoi effetti solo sul piano processuale, producendo la sua efficacia soltanto all’interno del processo, con la conseguenza che, in tali casi, non è suscettibile di impugnazione innanzi al giudice di grado superiore (cfr. Cass. 3 agosto 2001, n. 10731).

3.1. Orbene i provvedimenti che il giudice del tribunale, quale giudice dell’esecuzione, adotta, di norma, con la forma dell’ordinanza, secondo quanto previsto dall’art. 487 cod. proc. civ., non presentano tutti e due i caratteri prima indicati, posto che – quand’anche intervenienti su situazioni di diritto soggettivo – non statuiscono su di esse e in particolare mancano di quello della definitività: ciò, in quanto l’art. 487 cod. proc. civ., comma 1, prevede che lo stesso giudice possa modificarli o revocarli sino a che non siano stati eseguiti; perchè le ordinanze, che dichiarano l’estinzione o rigettano la relativa eccezione, sono soggette a reclamo che è deciso con sentenza (art. 630 cod. proc. civ., comma 3); perchè anche i provvedimenti sulla sospensione, positivi o negativi che siano, adottabili nell’ambito di opposizioni esecutive ai sensi degli artt. 615, 617 e 619 cod. proc. civ., sono soggetti a reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies in forza del richiamo, da parte dell’art. 624 c.p.c., comma 4, al comma 2, della stessa norma (cfr. Cass. ord. n. 11243 del 2010); perchè infine e, in linea generale, il sistema di controllo dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione è garantito, come avverso ogni atto esecutivo, attraverso il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ.. Si rammenta, al riguardo, che è stato più volte evidenziato da questa Corte, in fattispecie analoghe a quelle in esame, come non sia consentito all’interprete discostarsi dal modello normativamente delineato, adottando forme ritenute più idonee o convenienti ed è stato, quindi, affermato il principio, secondo cui in mancanza dei requisiti formali e sostanziali richiesti per le sentenze, nonchè (come nella specie) in caso di provenienza da un giudice – quello dell’esecuzione – al quale le legge non conferisce il potere di emettere provvedimenti definitivi di chiusura del procedimento, il provvedimento adottato non può avere portata maggiore di quella propria dell’atto esecutivo, contro il quale non è esperibile, a pena di inammissibilità, il rimedio dell’immediato ricorso per cassazione (Cass. 6 aprile 2006, n. 8113).

3.2. Nel caso all’esame il G.E. – sciogliendo la riserva assunta in data 08.02.2007, all’udienza fissata per la dichiarazione del terzo, sulle contestazioni sollevate dal L. con riguardo (per quanto emerge dal verbale) sia alla ritualità formale del titolo, sia alla sequestrabilità del fondo pensionistico – ha accolto l’opposizione "dichiarando improcedibile il pignoramento"; ha, quindi, dichiarato estinta la procedura e compensato le spese, ritenendo che il fondo speciale per la previdenza e l’assistenza non potesse formare oggetto di pignoramento.

Orbene ritiene il Collegio che – trattandosi di provvedimento assunto da un giudice investito di una cognizione meramente sommaria, destinata come tale a sfociare in provvedimenti ridiscutibili secondo le regole della cognizione piena e, dunque, del tutto provvisori – il provvedimento all’esame non possa considerarsi "definitivo" dell’opposizione e che la declaratoria di "improcedibilità" della procedura esecutiva, non abbia alcuna attitudine al giudicato, producendo la sua efficacia soltanto all’interno della stessa procedura, come qualunque altro atto esecutivo, con la conseguenza che non è suscettibile di impugnazione con ricorso straordinario.

3.3. Valga considerare che il sistema introdotto dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, ha innovato le modalità di evoluzione delle opposizione esecutive verso la cognizione piena, posto che – a differenza che nel sistema previgente in cui era lo stesso giudice dell’esecuzione che provvedeva all’istruzione della causa di opposizione a norma dell’art. 175 cod. proc. civ., e segg. (salvo il caso dell’opposizione all’esecuzione di competenza di diverso ufficio giudiziario) – risulta escluso qualsivoglia automatismo, prevedendo gli "attuali" artt. 616 e 618 cod. proc. civ., che il giudice dell’esecuzione – adottati o meno i provvedimenti indilazionabili ovvero disposta la sospensione dell’esecuzione – fissi un termine perentorio "per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata (…)" e valorizzando l’art. 186 bis att. cod. proc. civ., la "cesura" tra la fase "cautelare" e il merito dell’opposizione, con la previsione che il giudizio di opposizione agli atti esecutivi sia trattato "da un magistrato diverso da quello che ha conosciuto degli atti avverso i quali è proposta opposizione".

3.4. Insomma il provvedimento all’esame è stato assunto, nell’ambito del processo di esecuzione, in una fase in cui al giudice di quel processo è assegnata una potestas di tipo cautelare (di sospensione dell’esecuzione o, in genere, in caso di opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., di pronuncia dei provvedimenti indilazionabili) e, più esattamente, in una fase procedimentale inidonea a dare luogo ad una decisione definitiva, risultando questa condizionata alla preventiva instaurazione del giudizio di merito, di modo che è da escludere che il provvedimento stesso, per quanto irrituale, possa assumere il carattere della definitività e decisorietà.

Come è stato osservato da questa Corte nella già cit. sentenza n. 22033/2011 "trattandosi di giudice investito di una cognizione sommaria e, pertanto, destinata a sfociare in provvedimenti ridiscutibili secondo le regole della cognizione piena e, dunque, del tutto provvisoria il provvedimento del giudice che non abbia seguito le forme previste dalla legge Dell’assicurare quella cognizione non può acquisire una forza diversa a cagione della sua irritualita e, quindi, non può considerarsi definitivo dell’azione, nonostante che l’irritualità consista proprio nella chiusura illegittima del procedimento. Questa chiusura è essa stessa del tutto provvisoria e non definitiva, riguarda solo la fase sulla quale il giudice doveva provvedere, perchè è assunta all’esito di una cognizione sommaria, nell’ambito della quale il giudice, per volontà della legge, non poteva definire il modo di essere del diritto fatto valere con l’opposizione, ma solo provvedere in via del tutto provvisoria in vista della possibile evoluzione dell’azione con la cognizione piena". Invero se è concepibile che il giudice civile, allorquando abbia la potestas di decidere in via definitiva su diritti, la possa esercitare con forme irrituali, sicchè il suo provvedimento, ancorchè non adottato secondo le forme previste, abbia comunque quell’attitudine, perchè è espressione del potere di un giudice che poteva rendere una decisione definitiva e l’ha soltanto fatto seguendo forme irrituali, non è, invece, concepibile che l’errore del giudice nell’applicare le forme del procedimento, allorquando venga compiuto in una fase processuale nella quale lo stesso giudice, secondo il modello procedimentale, non poteva rendere decisione definitiva, possa fare assurgere al suo provvedimento irrituale il carattere della definitività sul diritto coinvolto.

3.5. Nè contrasta con le considerazioni che precedono il rilievo che, nella specie, il giudice dell’esecuzione non abbia fissato un termine per l’introduzione del giudizio di merito. Invero va qui ribadito che nell’ipotesi che il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento positivo o negativo della tutela emessa a chiusura della fase sommaria delle opposizioni di cui all’art. 615 cod. proc. civ., comma 2, artt. 617 e 619 cod. proc. civ., ometta di fissare il termine per l’introduzione del giudizio di merito (o nelle opposizioni ex artt. 615 e 619) per la riassunzione davanti al giudice competente, la parte interessata, tanto se vi sia provvedimento sulle spese quanto se manchi, può alternativamente o chiedere al giudice dell’esecuzione la fissazione del termine con istanza ai sensi dell’art. 289 cod. proc. civ., nel termine perentorio previsto dalla detta norma o introdurre o riassumere di sua iniziativa il giudizio di merito sempre nel detto termine, restando esclusa comunque l’esperibilità contro l’irrituale provvedimento del ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7 (Cass. 24 ottobre 2011, n. 22033; cfr. anche Cass. 27 ottobre 2011, n. 22503; Cass. ord. 23 settembre 2009, n. 20532).

L’una e l’altra possibilità non sarebbero state, dunque, in alcun modo precluse dal provvedimento qui impugnato, al quale non può riconoscersi valore decisorio definitivo sulle contestazioni della parte sequestrata, atteso che non è nella potestas del giudice dell’esecuzione, in quanto tale, adottare decisioni che precludano la cognizione piena sulla contestazione rivolta all’an o al quomodo, residuando sempre la facoltà di dar corso alla cognizione piena.

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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