Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-06-2011) 06-12-2011, n. 45376

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il separato esame dei ricorsi di P.A. e di S. C. nel maggior processo che li riguarda (ric. B.T. + 9) deriva dalla separazione delle loro posizioni da quelle degli altri imputati effettuata da questa Corte (con sospensione del decorso dei termini di prescrizione fino al 13/6/11, a concorrenza del limite massimo di sessanta giorni di cui all’art. 159 c.p.) a causa dell’adesione dei rispettivi difensori all’astensione dalle udienze deliberata dalle Camere Penali per il giorno 14/4/11.

La sentenza impugnata è quella in data 27/11/09 della Corte di Appello di Catania, resa in secondo grado su quella emessa il 7/2/09, a seguito di giudizio abbreviato, dal Gup del Tribunale di Catania.

Tra le altre disposizioni la sentenza di primo grado condannava:

B.T., Br.Sa., D.G.B., M.E., P.A., Sa.Vi., Sc.An. e S.C. per associazione armata di tipo mafioso (la cosca Santapaola-Ercolano operante in (OMISSIS):

capo A);

Sc.An. e S.C. per violazioni continuate della legge sulle armi (in (OMISSIS) e altre località del territorio nazionale sino al gennaio 2004: capo B); Ba.Ca. e S. C. per associazione pluriaggravata finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (in (OMISSIS) e altre località del territorio nazionale sino al (OMISSIS): capo Q; B.T., Ba.Ca., M. E., Sc.An. e S.C. per traffico illecito continuato di sostanze stupefacenti (in (OMISSIS) e altre località del territorio nazionale sino al (OMISSIS): capo D);

Br.Sa. per concorso in estorsione continuata aggravata (in (OMISSIS) in danno delle imprese edili di pertinenza dei fratelli E. e C. G.: capo L1), P.P. e S.C. per concorso in estorsione continuata aggravata (in (OMISSIS) in epoca antecedente e fino al (OMISSIS) in danno del commerciante di articoli sportivi D.S.P.: capo N1).

Le pene:

B. (capi A e D) anni 8 di reclusione ed Euro 26.000 di multa;

Ba. (capi C e D) anni 9 di reclusione;

Br. (capi A e LI) anni 6 e mesi 8 di reclusione ed Euro 800 di multa;

D.G. (capo A) anni 4 e mesi 8 di reclusione;

M. (capi A e D) anni 7 e mesi 4 di reclusione ed Euro 24.000 di multa;

Pr. (capo N1) anni 7 e mesi 4 di reclusione;

P. (capo A) anni 4 e mesi 8 di reclusione;

Sa. (capo A) anni 2 di reclusione in continuazione su precedente giudicato;

Sc. (capi A, B e D) anni 8 di reclusione e Euro 26.000 di multa;

S. (capi A, B, C, DedN 1) anni 5 e mesi 4 di reclusione.

Su appello del PG e – tra gli altri – dei su nominati imputati, con la detta sentenza del 27/11/09 la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza di primo grado, disponeva su alcune posizioni (escludeva per il Sa. l’aggravante di essere a capo dell’associazione mafiosa contestata e rideterminava per lui l’aumento in continuazione in anni 1 e mesi 4 di reclusione; riduceva la pena per il B. in anni 6 di reclusione e Euro 26.000 di multa e per il Pr. in anni 6 di reclusione e Euro 800 di multa, la aumentava per il Ba. in anni 10 di reclusione, per il M. in anni 8 di reclusione e Euro 24.000 di multa, per lo Sc. in anni 9 di reclusione e Euro 27.000 di multa) e confermava nel resto (in particolare per le posizioni di P. e di S.).

L’indagine fondava su una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche (quelle passate positivamente al vaglio di utilizzabilità – confermato in appello – del Gup), integrate da numerosi appostamenti, controlli e pedinamenti e, per le intercettazioni dei colloqui carcerari, da contestuali videoriprese;

fondava inoltre sulle dichiarazioni rese dagli imputati collaboratori di giustizia C.M. e S.S. e su quelle di numerosi altri, parimenti collaboratori di giustizia, imputati in procedimento connesso.

Storicamente accertata da numerosi giudicati l’esistenza nel C. e nei territori limitrofi della Sicilia orientale dell’unitario clan Santapaola, strutturato su distinti gruppi, facenti capo ciascuno ad un proprio responsabile. Così, anche per il presente, i vari collaboratori di giustizia, confermati dalle conversazioni intercettate in carcere, dove risulta tra l’altro la pratica dell’assistenza economica agli affiliati mediante la corresponsione di "stipendi" mensili (provento dalle attività illecite del gruppo), agli affiliati stessi se liberi o ai loro familiari se detenuti ( S. consegna agli inquirenti una vera e propria "carta degli stipendi").

Pure dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni dei collaboratori emergeva la specifica fonte di guadagno rappresentata dal traffico di sostanze stupefacenti, organizzata su base associativa (due nel periodo gli arresti in flagranza, il (OMISSIS)).

Quanto alle armi è del 15/10/03 il rinvenimento grazie alle indicazioni del S., ed il conseguente sequestro presso taluni garage di (OMISSIS), dell’arsenale del gruppo di Lineri.

Accertati allo stesso modo i singoli fatti estorsivi contestati ai capi L1 e N1.

Le posizioni che qui interessano, giusta la sentenza di appello.

P.A. (capo A). La sua appartenenza al clan emerge dalle dichiarazioni dei collaboratori S. e C., che lo riconoscono in foto e lo indicano quale soggetto (noto come "(OMISSIS)") appartenente al gruppo di Cr.Pi.

( S.) o M. ( C.), dedito alle rapine ( S.) o alle estorsioni ( C.) e regolarmente stipendiato con Euro 250 mensili ( S.). Le dichiarazioni dei due collaboratori sono riscontrate. P. è controllato l'(OMISSIS) alla stazione ferroviaria di (OMISSIS), dove arriva da (OMISSIS), con Pa.Ca. (affilato al gruppo) e fornisce alla Pg le generalità del proprio fratello M.. Dalle telefonate registrate nei suoi confronti, pur inutilizzabili nei loro contenuti, risulta in contatto con G.G., altro affiliato al gruppo.

S.C.. Collaboratore di giustizia, è confesso per tutte le imputazioni a suo carico (capi A, B, C, D ed N1). Ricorrevano per cassazione gli imputati, tra i quali il P. e il S..

Tralasciando le impugnazioni degli altri, definite con sentenza di questa Corte alla citata udienza del 14/4/11 (annullata con rinvio la sentenza per Br. in ordine alle attenuanti generiche e per S. in ordine al capo B sulle armi; rigettati nel resto i ricorsi dei predetti imputati e rigettati quelli degli altri e dichiarato inammissibile il ricorso di Pr.), i due odierni ricorrenti deducevano quanto segue. La difesa di P.A., con unico motivo, deduceva violazione di legge per la ritenuta sufficienza del quadro probatorio a carico del P. sulla base delle sole dichiarazioni dei collaboratori di giustizia S. e C., peraltro già ritenute assolutamente generiche e contraddittorie dal Tribunale del riesame, che a suo tempo (senza che da allora fossero sopravvenute prove diverse ed ulteriori) aveva annullato l’ordinanza di custodia emessa a carico del P. medesimo (provvedimento non impugnato dal Pm, sul quale pertanto si era formato giudicato cautelare). S.C., invece, con atto a sua firma deduceva vizio di motivazione per la negata concessione delle circostanze attenuanti generiche e la misura degli aumenti in continuazione.

Alla nuova udienza di discussione fissata per i due ricorrenti il PG concludeva per la declaratoria di inammissibilità di entrambi i ricorsi. La difesa del P. concludeva per l’accoglimento.

Nessuno compariva per S..

Infondato il ricorso di P.A.. Di nessun rilievo la circostanza che in sede cautelare il quadro indiziario a carico dell’indagato fosse stato ritenuto insufficiente e che su ciò si sia formato il c.d. giudicato cautelare. L’autonomia tra giudizio cautelare e giudizio di cognizione (emesso, questo, a seguito di piena e complessiva cognizione del materiale probatorio che è a base dell’intero processo) è principio noto e pacifico della giurisprudenza di questa Corte. Per l’affermazione della supremazia del giudizio di merito pieno (in questo caso sotto l’aspetto della cessazione di ogni questione sulla gravità indiziaria), si veda, ad es., Cass., sez. 5, sent. n. 1709 del 9/4/97, rv. 208138, Fazio G.:

"L’avvenuta condanna in primo grado e conferma in appello costituisce preclusione processuale alla rivalutazione della gravità degli indizi in sede di appello incidentale de liberiate. La situazione che si determina a seguito della sentenza di condanna è infatti diversa da quella conseguente alla emissione del decreto di citazione a giudizio (con riferimento al quale la corte costituzionale con sent. n. 71/95 ha escluso l’effetto preclusivo) ed il principio dell’autonomia del procedimento incidentale de liberiate rispetto a quello principale non può essere interpretato rigidamente, con il pericolo che vengano ad esistere due pronunce giurisdizionali sul tema della colpevolezza, l’una incidentale e di tipo prognostico, l’altra fondata sul pieno merito e suscettibile di passare in giudicato, tra di loro contrastanti. La valutazione in sede di appello avverso il provvedimento restrittivo deve ritenersi preclusa quando intervenga una decisione che contiene una valutazione nel merito così incisiva da assorbire l’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza". Anche qualora nulla di nuovo si sia aggiunto al materiale indiziario presente all’inizio del processo, questo non solo assume formale dignità di prova ma, di fatto, acquista quella forza dimostrativa che solo una valutazione complessiva consente. E’ quanto può dirsi avvenuto nel presente processo, dove alla reciproca conferma che viene dalle convergenti e attendibili dichiarazioni dei collaboratori S. e C. (che entrambi riconoscono in foto il P. come appartenente al gruppo Crisafulli, M. o P., noto con il nomignolo di "(OMISSIS)" e dedito a delitti contro il patrimonio come le rapine o le estorsioni, comunque regolarmente stipendiato con Euro 250 mensili) si aggiunge il significativo episodio del controllo cui il P. fu sottoposto l'(OMISSIS) alla stazione ferroviaria di (OMISSIS), con l’improvvido rilascio da parte sua delle generalità del fratello M..

Accertate, infine, le frequentazioni con altri affiliati ( Pa.

C., con lui alla stazione di (OMISSIS); Gu.Gi., con cui è in contatto telefonico). Correttamente e adeguatamente motivata, pertanto, la condanna per la partecipazione associativa.

Manifestamente infondato e quindi da dichiarare inammissibile il ricorso di S.C.. L’imputato, confesso e chiamante in correità e reità, si duole della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. I giudici di merito si sono peraltro apertamente espressi sul punto: meritevole l’imputato dell’attenuante collaborativa ex L. n. 203 del 1991, art. 8 (già riconosciuta in primo grado), non altrettanto – a ragione della gravità dei reati commessi e della negativa soggettività in essi manifestata – per le attenuanti generiche. Ciò in punto di fatto, con motivazione corretta e adeguata. Le due attenuanti, peraltro, non necessariamente coesistono. In via generale questa Corte ha già affermato che "in tema di reati di criminalità organizzata, il riconoscimento della circostanza attenuante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 8, che è fondata su un’utilità obiettiva, la quale consiste nel proficuo contributo fornito alle indagini ovvero nell’aver evitato conseguenze ulteriori all’attività delittuosa, non implica necessariamente, data la diversità dei rispettivi presupposti, il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, le quali si fondano su una globale valutazione della gravità del fatto e della capacità a delinquere del colpevole" (Cass., 1, sent. n. 14527 del 3/2/6, rv. 233938, Cariolo e altri; cfr., v. anche Cass., 6, sent. n. 20145 del 15/4/10, rv. 247387, Cantiello e altri).

Si duole anche degli aumenti in continuazione, ma in proposito il giudice di appello ha generalmente sottolineato la misura contenuta del trattamento sanzionatorio nel suo complesso.

Al rigetto del ricorso di P. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso di S. segue la condanna del medesimo al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento di una congrua somma alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di S.C., che condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000 alla cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di P. A., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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