Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-06-2011) 06-12-2011, n. 45394

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con provvedimento in data 12.1.2010 la Corte d’appello di Reggio Calabria rigettava l’appello (in tal senso qualificato da questa Corte, con sentenza 26.5.2009, il ricorso presentato avverso il provvedimento di primo grado) proposto da M.L. e M. C. avverso il decreto del 17.10.2008 con il quale il Tribunale della stessa sede aveva rigettato la richiesta di revoca della confisca di un terreno disposta nel procedimento di prevenzione a carico del predetto M.L..

La Corte territoriale premetteva:

che nell’ambito di un precedente procedimento di prevenzione a M.L. era stata applicata con il decreto del 17.12.1992 la misura patrimoniale della confisca di alcuni beni, tra i quali due suoli agricoli, che era stata poi revocata nel giudizio di secondo grado con decreto della Corte di appello in data 19.1.1996;

che al M. era stata poi applicata con decreto del tribunale di Reggio Calabria in data 26.10.2001 la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della p.s. con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di anni cinque, nonchè, la misura patrimoniale della confisca di un terreno seminativo sito in (OMISSIS), contrada (OMISSIS) (partita 2568, foglio 34, p.lla 7) e della metà indivisa di un suolo sito in (OMISSIS), località (OMISSIS) (foglio 30 part.348 e successivamente particelle 418 e 419), stante la sproporzione tra le possidenze immobiliari ed i redditi nulli del proposto;

che nel giudizio di secondo grado la Corte di appello di Reggio Calabria, in data 4.10.2006 revocava la misura della confisca relativamente al solo terreno seminativo sito in (OMISSIS) contrada (OMISSIS) (partita 2568, foglio 34, p.lla 7) sul rilievo che detto bene era stato già sequestrato e poi restituito nell’ambito di precedente procedura di prevenzione e che era stato acquistato nel 1980, epoca anteriore alla partecipazione del M. al sodalizio mafioso; invece, l’altro bene immobile era stato acquistato nel 1991 quando il proposto era pienamente inserito nell’associazione criminale e non poteva neppure identificarsi nel bene immobile (fabbricato) di cui al provvedimento del 1996 che risultava costruito nel 1979, dodici anni prima dell’acquisto del terreno in oggetto;

che la Corte di Cassazione con sentenza del 12.12.2008 n. 2518 aveva rigettato il ricorso con il quale il M. reclamava la restituzione del terreno sito in (OMISSIS) ribadendo che si trattava di bene diverso da quello oggetto del provvedimento di revoca del 1996 reso nel precedente procedimento di prevenzione;

che successivamente alla irrevocabilità della predetta confisca il M. aveva chiesto la revoca con due istanze separate che il tribunale con il decreto del 17.10.2008 rigettava;

che con una istanza lamentava ancora l’errore nella identificazione del bene oggetto di confisca irrevocabile trattandosi dello stesso bene restituito con il provvedimento del 1996; con altra richiesta deduceva l’errore nella mancata revoca della confisca anche del secondo terreno che già faceva parte del patrimonio del M. restituito nel 1996 e che era stato acquistato dal predetto e dalla moglie con redditi leciti;

che dette istanze di revoca sono state rigettate dal Tribunale perchè fondate sulla mera ri proposizione di questioni già valutate nei diversi gradi del giudizio di prevenzione.

Ribadiva, quindi, la Corte di appello che, alla luce di tutti gli atti acquisiti al procedimento, risultava accertato in maniera incontrovertibile che il terreno identificato come iscritto al foglio 30 particelle 418 e 419, già particella 383, non è ricompreso tra quelli oggetto del procedimento di prevenzione concluso nel 1996 con la restituzione all’esito del giudizio di secondo grado con la restituzione del beni sequestrati al M. nel 1991 e confiscati con il decreto di primo grado del 1992.

La documentazione allegata alla richiesta di revoca, ad avviso della Corte territoriale, si sostanzia nella riproposizione di quanto già dedotto e valutato in ordine ai redditi dei M. nel procedimento di prevenzione su cui è intervenuto il giudicato a seguito della decisione della Corte di legittimità del 12.12.2007 che, rigettando il ricorso del proposto, aveva tra l’altro ritenuto congruamente valutata l’incompatibilità dei redditi documentati con il valore dei beni confiscati. Nessun elemento nuovo, quindi, era stato introdotto dall’istante al fine di supportare la revoca della confisca definitiva del bene immobile in oggetto.

2. Hanno proposto ricorso per Cassazione con separati atti il prevenuto M.L. e la terza intestataria M.C., a mezzo del rispettivi difensori di fiducia.

I ricorsi, sostanzialmente sovrapponili, deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento: a) alla valutazione della Corte di appello in ordine alla circostanza che il bene immobile oggetto dell’istanza di revoca della confisca era già stato oggetto di precedente giudizio di prevenzione che con il provvedimento di primo grado aveva disposto la confisca (poi revocata all’esito del giudizio di secondo grado) di tutto il compendio immobiliare facente capo ai ricorrenti, ivi compreso il fondo agricolo, oggetto di discussione, sito in (OMISSIS), contrada (OMISSIS), iscritto al foglio 30, particella 383 (successivamente 418 e 419); tale cespite, ad avviso dei ricorrenti, al momento in cui intervenne il decreto di confisca di primo grado era già nella proprietà dei coniugi M. in forza dell’atto di permuta del 21.11.1991 con il quale gli stessi cedevano a Mo.Do. un appezzamento di terreno sito in (OMISSIS), contrada (OMISSIS), iscritto al foglio 30, particella 306 mentre la predetta Mo. cedeva ai coniugi M. li terreno identificato con la particella 383 e che tale circostanza sia stata presa in esame in quel procedimento è dimostrato dal fatto che nel decreto del tribunale si faceva espresso riferimento sia al frazionamento della particella sia all’atto di permuta; b) alla valutazione della provenienza lecita della provvista necessaria per l’acquisto del bene immobile in oggetto, atteso che, come documentato, l’acquisto del fondo da parte dei M. era avvenuta mediante permuta di beni che nel provvedimento impugnato vengono indicati come sicuramente oggetto del precedente procedimento di prevenzione concluso con la revoca della confisca e la restituzione del beni sequestrati in quanto ritenuti di provenienza lecita; pertanto, indipendentemente dalla dimostrazione di redditi leciti proporzionati all’acquisto del bene, assume rilievo la circostanza che il bene in oggetto è stato acquisito in permuta di beni di cui risultava accertata la lecita provenienza, peraltro, acquistati in epoca anteriore alla partecipazione del proposto all’associazione criminale.

Motivi della decisione

I ricorsi, aspecifici, sono manifestamente infondati, pertanto, devono essere dichiarati inammissibili.

Nonostante nel provvedimento impugnato siano stati ripercorsi dettagliatamente i passaggi del procedimento che si è concluso con la confisca definitiva del bene immobile intestato ai ricorrenti, evidenziando che tutto quanto posto a fondamento dei ricorsi.

In esame ha già formato oggetto di valutazione nei provvedimenti di primo e secondo grado, nonchè, nella sentenza di questa Corte del 12.12.2008 n. 2518, le censure dei ricorrenti – come sintetizzate in premessa – difettano, all’evidenza, di correlazione con il contenuto della decisione impugnata. Infatti, ripropongono nuovamente le medesime doglianze senza alcuna considerazione della circostanza che sulle stesse è intervenuta decisione irrevocabile.

Come è noto, è inammissibile il ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità del ricorso (Sez. 1, n. 39598, 30/09/2004, Burzotta, rv. 230634; Sez. 2, n. 19951, 15/05/2008, Lo Piccolo, rv. 240109).

In particolare, la Corte territoriale ha indicato in maniera specifica che sia in ordine all’accertamento del terreno oggetto del precedente giudizio di prevenzione concluso nel 1996, sia con riferimento alla valutazione degli elementi introdotti al fine di dimostrare la provenienza lecita della provvista per il relativo acquisto si sono pronunciati i giudici di primo e secondo grado, nonchè la stessa Corte di legittimità che ha espressamente affermato che "la decisione favorevole del 1996 si riferiva ad un fabbricato…mentre la confisca ora controversa si riferisce ad un suolo acquistato per permuta nel 1991, sicchè si tratta di beni certamente diversi quali che siano le questioni attinenti alla loro identificazione". Come è stato riportato nel provvedimento impugnato, quanto alla valutazione in ordine alla sproporzione tra il valore dei beni acquisiti ed il redditi leciti accertati nella sentenza di questa Corte si riteneva, altresì, che la decisione impugnata fosse "congruamente giustificata con riferimento ad un plausibile convincimento di incompatibilità dei redditi documentati dai ricorrenti con il valore dei beni confiscati".

Sono, quindi, manifestamente infondate – oltre che aspecifiche – sia la dedotta violazione di legge sia la censura relativa alla motivazione del provvedimento impugnato.

Come si già rilevato, il provvedimento impugnato è supportato dai requisiti necessari per la riconosclbilità del discorso giustificativo. I giudici di merito, poi, hanno fatto corretta applicazione del principio in materia di revoca della confisca secondo il quale il provvedimento di confisca deliberato ai sensi della L. 31 maggio 1975, n. 575, art. 2 ter, comma 3, è suscettibile di revoca ex tunc a norma della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7, comma 2, allorchè sia affetto da Invalidità genetica e debba, conseguentemente, essere rimosso per rendere effettivo il diritto, costituzionalmente garantito, alla riparazione dell’errore giudiziario, non ostando al relativo riconoscimento l’irreversibilità dell’ablazione determinatasi, che non esclude la possibilità della restituzione del bene confiscato all’avente diritto o forme comunque riparatorie della perdita patrimoniale da lui Ingiustificatamente subita (S.U., n. 57, 19/12/2006, Auddino, rv.

234955).

Deve qui ribadirsi che la revoca di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 7, comma 2 in relazione alla confisca definitiva è ammissibile esclusivamente sulla base di elementi nuovi introdotti da chi abbia partecipato al procedimento di prevenzione; tanto impone una verifica rigorosa in ordine al presupposto che deve trattarsi di fatti non entrati nella cognizione del giudice nel procedimento di prevenzione conclusosi con la confisca, con la evidente esclusione della possibilità di riesame di fatti già noti in detto procedimento, ancorchè ritenuti non adeguatamente o, addirittura, erroneamente valutati, essendo ciò precluso dall’intervenuto giudicato.

La richiamata decisione delle Sezioni Unite di questa Corte sottolinea, infatti, come la originarla insussistenza dei presupposti che hanno condotto al provvedimento di confisca possa essere fatta valere, oggi per allora, limitatamente allo spazio non precluso dalla definitività del provvedimento. Una esplicita preclusione, dunque, della possibilità di una nuova valutazione di circostanze già conosciute al giudice del procedimento di prevenzione e, quindi, valutate in quella sede esplicitamente o implicitamente.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, al sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) ciascuno in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00) ciascuno alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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