Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-12-2011) 07-12-2011, n. 45891

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Genova, Sezione per i minorenni, dichiarava la sussistenza delle condizioni favorevoli alla consegna di A.E.D. richiesta, con mandato di arresto europeo, dall’autorità giudiziaria della Romania al fine della esecuzione (a seguito della revoca in data 8 ottobre 2008 del beneficio della sospensione condizionale) della pena detentiva di anni uno e mesi sei di reclusione, inflittale per il reato di rapina con sentenza del Tribunale per i minorenni e per la famiglia di Barsov, passata in giudicato il 23 ottobre 2006. 2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione la persona richiesta in consegna, deducendo:

– la violazione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r), in quanto la Corte di appello non avrebbe preso in considerazione la condizione di residente nel territorio italiano della ricorrente, ancorchè la difesa avesse evidenziato la risalente residenza anagrafica della predetta in Italia, e la circostanza che la stessa era stata riconosciuta invalida civile sulla base della L. n. 104 del 1992. A tal fine, la ricorrente evidenzia anche il fatto di aver, per le sue precarie condizioni di salute, da sempre vissuto con la madre, presente in Italia dal 2005.

La Corte di appello non avrebbe altresì tenuto conto del fatto che la sospensione condizionale della pena non era stata comunicata alla ricorrente, benchè imposta dalla legge romena.

La ricorrente denuncia infine di essere affetta da grave patologia, per la quale necessita di terapie continuative.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è da ritenersi fondato nei termini di seguito indicati.

2. Va in primo luogo escluso che sia sindacabile in questa sede la decisione definitiva delle autorità giudiziarie romene di revocare la sospensione condizionale della pena. Decisione che, come si evince dagli atti, è stata assunta nel rispetto del diritto di difesa, avendo avuto la ricorrente la possibilità di impugnarla e far valere davanti a quelle autorità le proprie ragioni.

Quanto alle precarie condizioni di salute, questa Corte ha già affermato che dette ragioni non costituiscono motivo di rifiuto della consegna, potendo le stesse, come espressamente prevede la L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 23, comma 3, essere prese in considerazione nella fase esecutiva della consegna, dando luogo alla sospensione del relativo provvedimento.

3. La sentenza impugnata merita cesura invece in relazione alla omessa valutazione della condizione di residente nello Stato della ricorrente.

A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r), – nella parte in cui non prevede il rifiuto di consegna anche del cittadino di un altro Paese membro dell’U.E., che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell’esecuzione della pena detentiva in Italia conformemente al diritto interno (Corte costituzionale, n. 227 del 2010)-, la Corte di appello era tenuta a verificare l’eventuale condizione di "residente" in Italia della ricorrente.

Tale condizione costituisce infatti un requisito di legittimità della decisione di consegna, ogniqualvolta non vi sia un’espressa diversa richiesta dell’interessato circa il luogo dove intende scontare la pena (Sez. 6, n. 28236 del 15/07/2010, Mahmutovic, Rv.

247830).

Nel caso in esame, la ricorrente aveva rappresentato alla Corte di appello di vivere in Italia con la madre e di avere la residenza anagrafica in (OMISSIS). Nella sentenza del Tribunale di Brasov del 2008, acquisita agli atti dalla Corte, si dava inoltre atto che la ricorrente si era trasferita in Italia assieme alla madre ed ai fratelli.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata, in quanto spetta pur sempre alla Corte di appello l’apprezzamento in ordine alla condizione di "residente" in Italia della persona richiesta in consegna, che, come questa Corte ha più volte affermato, presuppone l’esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero nello Stato, tra i cui indici concorrenti vanno indicati la legalità della sua presenza in Italia, l’apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest’ultima e la commissione del reato, la fissazione in Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi.

La Corte distrettuale avrà modo di formulare il proprio giudizio, tenendo conto sia della documentazione già prodotta, sia delle eventuali più approfondite indagini in ordine al "radicamento" della A. in Italia che ben potrà utilmente disporre.

4. L’impugnata sentenza va, pertanto, annullata con rinvio alla Corte di appello di Genova, Sezione per i minorenni, affinchè si pronunci, in diversa composizione, sul punto di cui in motivazione.

La cancelleria provvedere agli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello di Genova, Sezione per i minorenni. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *