Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-06-2012, n. 10823

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 102/29/07, depositata il 31.10.2007, la CTR del Lazio ha rigettato l’appello della MG Advertising S.r.l. nei confronti del Comune di Roma avverso le cartelle di pagamento relative ad imposta sulla pubblicità per gli anni 1997 e 1998. I giudici d’appello, per quanto ancora interessa, hanno considerato che: l) le doglianze relative alle cartelle non potevano esser valutate, non essendo stato evocato in giudizio il concessionario, unico soggetto dotato di legittimazione passiva; 2) non esisteva l’eccepita decadenza avendo il Comune formato e reso esecutivo il ruolo ben prima dello spirare del termine sancito dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 5 vigente ratione temporis; 3) l’invocata riscossione frazionata del tributo non era applicabile nè in virtù del disposto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, relativo, solo, alle imposte sui redditi, nè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, relativo all’esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie.

La Società ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, in base a sette motivi, cui ha resistito il Comune di Roma, con controricorso. Depositata la relazione ex art. 380 bis c.p.c., la causa, su istanza congiunta delle parti, è stata rinviata a nuovo ruolo per consentire la definizione della procedura conciliativa. La Società ha, infine, depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con allegata documentazione.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità del deposito dei documenti allegati alla memoria: non solo, infatti, non risultano osservate le forme prescritte dall’art. 372 c.p.c., comma 2 (ed il Comune non è intervenuto in udienza, cfr., in proposito, Cass. SU n. 450 del 2000, n. 529 del 2003; n. 14657 del 2009), ma i documenti non valgono, neppure in tesi, a dimostrare la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso per l’intervenuto perfezionamento della procedura di definizione agevolata per l’anno 1998, trattandosi delle sole domande di definizione di lite pendente, sulle quali l’Ufficio non ha deliberato, nè tale carenza può esser supplita in questa sede, dovendo la correttezza dei versamenti e la veridicità dei dati esser valutata dai "competenti Uffici dell’Amministrazione Comunale", in base alla Delib. CC di Roma n. 31 del 2009, art. 7, ed il buon esito della procedura constare, giusta il precedente art. 5, da un atto di rinuncia alla prosecuzione del giudizio, debitamente sottoscritto dalla controparte per accettazione della richiesta di compensazione delle spese, e, cioè, mediante la presentazione di un atto proveniente dalle parti a ciò legittimate.

2.2.a Col primo motivo, la ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 11 e 12, deducendo che il dirigente del Servizio Affissioni e Pubblicità del Comune non aveva nè il potere di rappresentare l’ente locale nè di proporre l’appello. 2.b. Col secondo motivo, denunciando vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la ricorrente afferma che la sentenza impugnata non si è pronunciata circa l’eccepita carenza di indicazione degli elementi essenziali della cartella opposta, tali da renderla illegittima, e formula, in conclusione il seguente quesito: "l’omessa indicazione della data di formazione e consegna del ruolo rende la cartella di pagamento illegittima per violazione dell’art. 24 Cost. come recepito dai principi dello Statuto dei diritti del contribuente?". 2.c. Col terzo motivo, la ricorrente deduce omessa pronuncia, vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, non avendo i giudici d’appello valutato e considerato l’eccepito difetto di motivazione della cartella, nè considerato che le disposizioni invocate impongono che ogni atto dell’amministrazione, specie se di natura sanzionatoria, indichi i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche su cui esso si fonda. In conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito: "il difetto di motivazione della cartella di pagamento per omessa chiara indicazione degli atti iscritti a ruolo rende illegittimo l’atto per violazione delle prescrizioni della L. n. 241 del 1990 come recepite dallo Statuto dei diritti del contribuente?". 2.d. Col quarto motivo, deducendo omessa pronuncia, difetto di motivazione e violazione del D.P.R. n. 602 del 1983, art. 25, vigente ratione temporis" e art. 24 Cost., la ricorrente espone che la cartella non riportava la data di consegna dei ruoli e lamenta che la sentenza non si è pronunciata in ordine alla conseguente violazione delle invocate disposizioni. A conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito: "la cartella di pagamento notificata a distanza di oltre sette mesi dalla data di esecutività del ruolo, in carenza di indicazione della data di consegna dello stesso, è nulla e illegittima per violazione delle prescrizioni di cui al D.P.R. n. 602 del 1873, art. 25, vigente all’epoca dei fatti?". 2.e. Col quinto motivo, deducendo difetto e contraddittorietà di motivazione, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., la ricorrente censura l’impugnata sentenza per non aver tenuto conto che la cartella non riporta i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato il Comune a richiedere le somme, in violazione dei principi di buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa. A conclusione del motivo, la ricorrente formula il seguente quesito: "la cartella di pagamento è nulla per difetto di motivazione ove omette di riportare i presupposti di fatto e di diritto che ne hanno scaturito la formazione?". 2.f. Col sesto motivo, la ricorrente denuncia, nuovamente, vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e dello Statuto dei diritti del contribuente, per non avere la sentenza impugnata accolto l’eccezione relativa al difetto di motivazione ed alla carenza di sottoscrizione della cartella, vizi che rendono l’atto inesistente, formulando il seguente quesito "la cartella di pagamento in difetto di sottoscrizione è illegittima e rende nulla la pretesa avanzata dalla PA?". 2.g. Col settimo motivo, deducendo vizio di motivazione e violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, la ricorrente denuncia l’errore in cui è incorsa l’impugnata sentenza nell’affermare che non era applicabile, nella specie, il principio della graduazione della riscossione, in quanto la formazione del ruolo era avvenuta ai sensi del D.P.R. n. 43 del 1988, che richiama espressamente le disposizioni del D.P.R. n. 602, e la riscossione frazionata va applicata a tutti i tributi, in pendenza del processo tributario. A conclusione del motivo, la ricorrente formula il seguente quesito: "la cartella di pagamento ed il ruolo in essa contenuto sono illegittimi per violazione delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, per avere iscritto l’intera pretesa vantata dal Comune oltre interessi e sanzioni senza tenere conto della necessarietà della graduazione della riscossione in pendenza dei ricorsi avverso gli atti iscritti a ruolo?".

3.3.1. Il primo motivo è inammissibile. La sentenza non tratta affatto della questione della legittimazione del dirigente, sicchè la ricorrente avrebbe dovuto o sostenere di averla sollevata a tempo debito, e dunque denunciare l’omessa pronuncia del giudice di merito, riproducendo, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, le parti rilevanti degli atti processuali relativi alla questione stessa, oppure riconoscere che il motivo è nuovo. Insomma, o per difetto di autosufficienza o per novità, il motivo è comunque inammissibile.

3.2. I motivi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto -che vanno congiuntamente esaminati, attenendo a vizi delle cartelle-sono tutti inammissibili. L’impugnata sentenza, dopo aver premesso che "sul piano sostanziale, ruolo e cartella di pagamento non costituiscono un "unicum" inscindibile, ma provvedimenti distinti" "autonomamente impugnabili nei confronti dei rispettivi Autori per eventuali "vizi propri" provenendo il ruolo dall’Organo o Ente impositore, la cartella dal Concessionario", ha confermato la pronuncia d’inammissibilità dell’impugnazione nei confronti della cartella (riferita dalla CTP all’assenza di vizi propri di tale atto) in ragione "del diverso rilievo di insussistenza di valido presupposto processuale, non essendo stato evocato in giudizio l’Autore dell’atto impugnato (cartella) unico legittimato a resistere ad ogni contestazione ad esso relativa". I giudici d’appello hanno, perciò, ritenuto preclusa, per "la carenza di tale presupposto processuale", la possibilità "di delibare il merito di eccezioni e doglianze concernenti le cartelle che, essendo state riproposte in questo grado di giudizio vanno dichiarate, per l’identica ragione, inammissibili e/o improponibili". Tale ratio decidendi non è stata affatto censurata dalla ricorrente, che si è limitata a riproporre le censure sollevate in appello (quali descritte nella narrativa della sentenza), semplicemente sostenendo, nell’incipit dei motivi, che la CTR non ne aveva tenuto conto. I motivi sono, dunque, privi di specifica attinenza al decisum, in contrasto col principio, affermato da questa Corte, secondo cui i motivi per i quali si richiede la cassazione devono presentare, a pena d’inammissibilità, i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (cfr. Cass. n. 17125 del 2007). Ad abundantiam, deve rilevarsi: a) il difetto di autosufficienza dei motivi, non essendo stato trascritto in seno al ricorso nè il contenuto delle cartelle impugnate, asseritamente carenti dei requisiti essenziali e della motivazione, nè i passi delle difese con cui le varie questioni sono state sollevate; b) la mancata formulazione del momento di sintesi e del quesito di diritto, in relazione a tutti i profili dedotti, in violazione dell’art. 366-bis c.p.c., che trova applicazione anche quando, come nella specie, siano formulate più doglianze nell’ambito di un unico motivo, dovendo, in tal caso, ciascuna di esse concludersi con il quesito o il momento di sintesi che la rappresenta (cfr. Cass. n. SU n. 7770 del 2009).

3.3. Il settimo motivo è infondato. In tema di imposta comunale sulla pubblicità, questa Corte ha condivisibilmente affermato (Cass. n. 7785 del 2008; n. 28091 del 2009) che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 5, non prevede, in pendenza del giudizio di primo grado contro l’avviso di accertamento, l’iscrizione a ruolo per frazioni della somma complessivamente pretesa dall’erario. Da ciò consegue che, anche quando il contribuente abbia impugnato in sede giudiziaria l’avviso di accertamento, resta consentito all’ente impositore di provvedere all’iscrizione a ruolo della pretesa tributaria per intero, attesa peraltro l’inapplicabilità del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, il quale prevede la riscossione frazionata del tributo solo per le somme determinate a seguito di una sentenza tributaria di merito. Il dedotto vizio motivazionale è inammissibile perchè relativo a profili di diritto e pure privo di momento di sintesi.

La Corte ravvisa giusti motivi, in considerazione della natura della lite e della peculiarità della fattispecie, per compensare, tra le parti, le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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