Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 03-11-2011) 07-12-2011, n. 45888 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Ricorre D.F. avverso l’ordinanza indicata in epigrafe con cui è stato confermata la applicazione della massima misura custodiate per il delitto di associazione a delinquere ai fini di spaccio di sostanza stupefacente e una specifica ipotesi di reati fine.

Il tribunale distrettuale delineava il contesto generale della fattispecie associativa, costituita nel territorio, a cavallo delle province di Catanzaro e Crotone, facente capo ai coniugi C. B. e P.I., che si procuravano la droga in territorio campano, attraverso i canali di collegamento all’uopo attivati, costituiti dai coimputati R.D. e Ci.Lu..

La droga veniva poi trasportata in Calabria mediante l’opera dei corrieri S.M. e P.S.; in territorio calabrese la sostanza veniva in prevalenza smistata ai pushers da R.S..

L’organizzazione, soddisfacente i requisiti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 veniva identificata nel carattere stabile della stessa, che aveva operato per circa un anno e mezzo, nella ripetitività delle condotte, attestante metodo concordato sia per lo approvvigionamento che lo spaccio, nella frequenza costante tra i principali protagonisti della vicenda, nel monitoraggio dei movimenti delle forze dell’ordine, per prevenirne le reazioni, nel cambio frequente di schede telefoniche cui comunicare, elementi tutti che attestavano la esistenza di una rete.

Detti elementi venivano desunti dal contenuto delle intercettazioni, posto che i colloqui erano a volte espliciti, a volte cifrati, ma il linguaggio criptico, disancorato dalla logica dei dialoghi dimostrava il riferimento ad attività illecite; a tali risultati si affiancavano i servizi di polizia sul territorio, i sequestri, gli arresti.

La posizione di D.. Cui era attribuito il ruolo di corriere per lo spaccio minuto, era definita da numerosi indizi avverso cui non erano state effettuate specifiche contestazione, specie per quanto riguarda l’episodio contestato al capo 13; i coindagati, nei colloqui telefonici, facevano riferimento a forniture ed alla qualità delle stesse ed alla sua persona come ad un corriere; risultava dagli appostamenti condotti dalla polizia che la sua auto, una Grande Punto Fiat, era stata parcheggiata nelle vicinanze dell’abitazione di R.S., proprio il giorno un cui questi aveva concordato con i coniugi C. un incontro con il "corriere". Il fattivo inserimento nella catena dello spaccio con tale ruolo era dimostrato dagli accertamenti della pg, che ne avevano annotato i suoi successivi movimenti in auto insieme ad altro coindagato, per operare da staffetta in favore di certo F., che con altra auto trasportava materialmente la merce, poi sequestrata; inoltre risultava che il D. frequentasse abitualmente altri coindagati, il che lo rendeva sicuramente cosciente del trasporto programmato e del suo ruolo anche all’interno della organizzazione.

Il D. contesta che si possa ritenere adeguatamente motivata l’ordinanza in punto di ravvisabilità della sua partecipazione alla associazione, in base a mere presunzioni, originate da due contatti con due coindagati, e dal suo ruolo svolto in un’unica occasione.

Nega poi sussistessero le esigenze cautelari, non essendo stato considerato che egli quale tossicodipendente aveva una ragione per viaggiare verso (OMISSIS) ai fini di rifornirsi di droga; Contesta la motivazione ex art. 275 c.p.p., n. 3, non essendo affatto desumibile il pericolo di reiterazione dei reati.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e l’ordinanza impugnata è da annullare limitatamente alla ritenuta ipotesi associati va, con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo esame.

E’ un fatto certo che il D. sia stato parte attiva nel trasporto indicato al capo 13 della epigrafe; il ricorrente stesso non sconfessa la sua partecipazione a tale episodio, che è l’unico di cui gli si fa carico.

Ora, è principio pacifico che la partecipazione al reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti va desunta da una serie di condotte significative che, complessivamente valutate, denotino l’organico inserimento in una struttura criminosa a carattere associativo; l’accertamento deve essere particolarmente rigoroso quando la prova dell’accordo sia desunta da condotte svolte nell’ambito di un solo episodio criminoso o da comportamenti che possono anche essere il frutto di un aiuto episodico (Sez. 5, Sentenza n. 9457 del 24/09/1997 e seguenti, tutte conformi; da ultimo Sez 6. Sentenza n.6867 del 2008).

In riferimento al quadro indiziario a carico del D. in ordine al contestato reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 il Tribunale di Catanzaro si è limitato a rilevare che erano proprio gli elementi, da cui si desumeva nei confronti del ricorrente la sussistenza dei gravi indizi del delitto sub 13), che inducevano a ritenere corretta anche la contestazione del ruolo attribuitogli al capo A). Il Tribunale, dopo avere sottolineato che la sussistenza del reato associativo era generalmente da desumere quando lo stesso si caratterizzava per l’acquisto di grosse partite di droga, che presupponevano una organizzazione capace di pianificare attività complesse e costose e che per il soggetti inseriti nella catena di distribuzione era sufficiente la generica consapevolezza della verosimile esistenza di una simile consorteria, cui preventivamente essi avevano aderito, ha aggiunto esclusivamente che "l’intraneità del D. discende in modo logico e consequenziale dalla gravità del reato fine……….per l’affidamento allo stesso del delicato incarico affidatogli di vigilare sull’autovettura dove veniva trasportata la droga" sintomo che egli fosse persona di fiducia degli altri associato e ne condividesse gli scopi.

Si tratta di una motivazione che da per scontate risultanze invece da dimostrare, (quale appunto quella della conoscenza degli altri associati e della esistenza della struttura a monte del singolo fatto), che illogicamente utilizza una presunzione sulla sua affidabilità criminale, che non incide sulla consapevole adesione al sodalizio e che è valevole anche per qualificare una occasionale collaborazione; le argomentazioni appaiono del tutto carenti in riferimento alla partecipazione del ricorrente al sodalizio dedito al narcotraffico, partecipazione che sembra essere, in realtà, basata unicamente sul ruolo svolto nel reato-fine a lui contestato.

E’ pur vero che anche da un singolo episodio criminoso può desumersi, ai fini dell’art. 273 c.p.p., la consistente probabilità dell’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio dì sostanze stupefacenti, laddove lo stesso episodio attesti l’intervento di un gruppo che partecipa nel suo insieme ad un evento importante per l’associazione (sez. 6, sentenza n. 10111 del 17/02/2005, rv. 230887). Tuttavia occorre pur sempre una adeguata motivazione in ordine alla partecipazione dell’indagato al delitto associativo ed al ruolo da lui stabilmente svolto non esclusivamente nel singolo reato di importazione commesso ma anche all’interno della organizzazione.

Pur sussistendo, infatti, assoluta autonomia tra il delitto di associazione per delinquere e reati fine commessi dagli associati, non può escludersi, sul piano probatorio che gli elementi certi relativi alla partecipazione di determinati soggetti ai reati fine effettivamente realizzati, possano essere influenti nel giudizio relativo all’esistenza del vincolo associativo ed all’inserimento dei soggetti nell’organizzazione, in specie quando ricorrano elementi che dimostrino il tipo di criminalità, la struttura e le caratteristiche dei singoli reati, le modalità di esecuzione, etc. E’ indispensabile, però, una adeguata motivazione in ordine a questi ultimi elementi ed alla partecipazione del singolo al sodalizio criminoso, motivazione che, invece, nel caso di specie appare carente.

5 – In base alle argomentazioni sopra espresse si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza censurata limitatamente al reato associativo (con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Catanzaro).

La cancelleria curerà gli adempimenti ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata, limitatamente al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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