Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-06-2012, n. 10818 Imposta di pubblicità e affissioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 9 maggio 2007 la CTR-Lazio rigetta l’appello proposto nei confronti del Comune di Roma dalla soc. Studio MG, ora soc. MG Advertising, confermando la cartella di pagamento n. (OMISSIS) notificata alla contribuente i 16 settembre 2003, m forza di avvisi di accertamento emessi per imposta sulla pubblicità riferita all’anno 1997.

Il giudice d’appello motiva la decisione sotto quattro profili:

a) riguardo al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, osserva che la cartella è stata emessa sulla scorta di avvisi di accertamento regolarmente notificati alla contribuente;

b) riguardo alle eccepite lacune della cartella medesima, osserva che essa è conforme ai requisiti formali previsti dal D.M. 28 giugno 1999 (estremi degli atti presupposti, anno d’imposta, numero di ruolo);

c) riguardo all’invocata riscossione frazionata, osserva che essa non è prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9 e che, pertanto è legittima l’integrale iscrizione a ruolo in pendenza di ricorso della contribuente;

d) riguardo all’eccepita nullità dell’iscrizione a ruolo, osserva che nessuna decadenza si è verificata, a mente del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 5 e art. 10, comma 1, atteso che la pretesa fiscale riguarda l’anno 1999 e che i avvisi, notificati nel 2000, sono stati iscritti a ruolo entro il biennio successivo il 5 dicembre 2002.

Propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, la soc. MG Advertising; il Comune di Roma resiste con controricorso.

Indi, a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., la causa giunge alla pubblica udienza giusta ordinanza camerale emessa il 9 novembre 2010.

La ricorrente produce memoria con allegata documentazione relativa all’attivata procedura di definizione di li te pendente.

Motivi della decisione

1.-Preliminarmente, con memoria ex art. 378 c.p.c., la ricorrente deposita documentazione sulla procedura di definizione di lite, secondo il regolamento comunale n. 31 del 2009; indi, in udienza, chiede rinviarsi la causa a nuovo ruolo, in attesa delle finali determinazioni dell’amministrazione municipale, ovvero la declaratoria di cessazione della materia del contendere. Entrambe le richieste non sono meritevoli di accoglimento.

A mente dell’art. 13 della legge finanziaria 2003 e con riferimento ai tributi propri, i Comuni possono stabilire, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi stessi, la riduzione dell’ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonchè l’esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti (comma 1).

Le medesime agevolazioni possono essere previste anche per i casi in cui siano già in corso procedure di accertamento o procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale. In tali casi, la richiesta del contribuente di avvalersi delle predette agevolazioni comporta la sospensione, su istanza di parte, del procedimento giurisdizionale, in qualunque stato e grado questo sia eventualmente pendente, sino al termine stabilito dall’ente locale, mentre il completo adempimento degli obblighi tributari, secondo quanto stabilito dall’ente locale, determina l’estinzione del giudizio (comma 2).

Pertanto, la disciplina attuativa del condono è riconosciuta dalla legge come una competenza di carattere organizzatorio degli enti locali, da esercitare attraverso i regolamenti disciplinati in via generale dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52.

Il Comune di Roma ha provveduto con la delibera citata, assegnando agli interessati il termine del 30 giugno 2009 per attivare la procedura di definizione delle liti pendenti (art. 3, comma 3), anche in tema d’imposta comunale sulla pubblicità (art. 2), e fissando diversificati termini di sospensione (a seconda che si tratti definizione in unica soluzione o rateale), l’ultimo dei quali è scaduto 30 giugno 2010 (art. 5, comma 1, art. 6, commi 2 e 3).

La parte che ha presentato l’istanza di definizione, al termine della durata della sospensione e nella ipotesi in cui si sia perfezionata la definizione agevolata, e "…tenuta a presentare …l’atto di rinuncia alla prosecuzione del giudizio debitamente sottoscritto dalla controparte per accettazione con compensazione delle spese del giudizio" (art. 5, comma 3).

La documentazione, da ultimo, versata in atti dalle società non rispetta le modalità di presentazione di nuovi documenti dinanzi a questa Corte.

Infatti, si è ritenuto che, nel corso del giudizio di legittimità, possono essere prodotti documenti diretti a evidenziare la cessazione della materia del contendere per fatti sopravvenuti alla proposizione del ricorso, tali da far venir meno l’interesse alla definizione del procedimento, rientrando tale produzione nell’ambito di applicazione dell’art. 372 c.p.c., comma 2, riguardante la facoltà di deposito dei documenti attinenti all’ammissibilità del ricorso (cfr. C. 21122/08 che ha ammesso il deposito di documenti attestanti l’avvenuta definizione con condono di una violazione amministrativa per affissione abusiva).

Del deposito di nuovi documenti, però, deve essere dato avviso all’altra parte mediante notifica del relativo elenco al fine di garantire il contraddittorio (ult.cit.; conf. giurisprudenza costante a partire da SU 2921/1988); la mancanza della notifica è sanata solo dalla presenza dell’avversario che accetti il contraddittorio sulla questione cui si riferisce il documento (conf. giurisprudenza costante a partire da SU 5781/1981).

Invece, nella fattispecie non v’è stata notifica dell’elenco, nè presenza del difensore del Comune in udienza; dunque, la produzione della contribuente è inutilizzabile.

Si aggiungano due considerazioni: a) in primo luogo, tralasciando ogni valutazione sull’osservanza o meno del principio di riserva di legge statale in materia processuale, si rileva che il termine ultimo di sospensione temporanea dei procedimenti in corso è, comunque, spirato da molto tempo; b) in secondo luogo, si rileva che tra la documentazione addotta dalla contribuente non v’è la rinuncia al giudizio, con l’accettazione dall’altra parte, richiesta sia dalla delibera comunale (art. 5), sia dal codice di rito (art. 390).

2.-Passando all’esame del ricorso, con i primi due motivi, denunciando plurime violazioni di legge (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25; L. n. 212 del 2000, art. 7, L. n. 241 del 1990, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7) e correlati vizi di motivazione, la soc. MG Advertising, si duole di vizi formali dell’impugnata cartella e, in particolare, di carenti indicazioni circa gli atti iscritti a ruolo e la data dei consegna dei ruoli.

Entrambi i mezzi sono inammissibili, atteso che con essi la ricorrente contesta il diverso accertamento di fatto compiuto dal giudice d’appello in ordine al contenuto della cartella medesima.

Inoltre, trascura che, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la censura della sentenza di merito circa il contenuto di un atto tributario (avviso di accertamento, cartella di pagamento, avviso di mora, etc.) richiede che il mezzo riporti testualmente l’atto o i passi salienti di esso, che si assumono erroneamente considerati dal giudice territoriale, al fine di consentire alla Corte di legittimità di esprimere il suo giudizio esclusivamente in base al ricorso medesimo (C. 1202/11, 12786/06 e 13007/07)). Nulla di quanto necessario è leggibile nella specie.

3.-Con il terzo motivo, denunciando violazione di legge (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25; art. 24 Cost.) e correlato vizio motivazionale, la contribuente sostiene che la pretesa fiscale sarebbe illegittima, perchè la cartella è stata emessa senza tener conto dell’intervento della Corte costituzionale sul D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

Il mezzo non è fondato, dovendosi dare continuità al principio enunciato dalle Sezioni Unite nella decisione n. 3698 del 2009:

"La sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, "nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis". La sentenza non riguarda, dunque, le cartelle emesse a seguito di procedimenti liquidatori diversi (come è nella fattispecie) da quello previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, riguardo alle quali non sussiste perciò alcuno jus superveniens".

4.-Con il quarto motivo, denunciando violazione di legge (art. 2697 c.c.) e correlato vizio motivazionale, la ricorrente sostiene che la pretesa fiscale sarebbe illegittima, poichè la cartella di pagamento è carente di motivazione e priva di sottoscrizione.

Il motivo è inammissibile sia per la completa sconnessione logica che tra rubrica e contenuto del quesito di diritto, sia per l’assoluta carenza d’indicazioni che possano far ritenere che le questioni siano state prospettate nei gradi di merito (v. ric. pag. 2- 3; cfr. sent. app.). Peraltro, il mezzo difetta di autosufficienza per le stesse ragioni indicate riguardo ai primi due mezzi.

4bis.-I rilievi contenuti ne quarto motivo sono, comunque, infondati dovendosi dare continuità all’orientamento, consolidato e recentemente ribadito (C. 4283/10, in tema di avviso di mora; cfr. C. 4757/09, in tema di cartella di pagamento), secondo cui l’atto emesso dal concessionario del servizio di riscossione è valido, pur se privo della sottoscrizione da parte del funzionario competente, in quanto la carenza di tale elemento formale non implica alcuna menoinazione: a) nè del potere del concessionario, che dipende dal rapporto "a monte" con l’ente impositore; b) nè della responsabilità in ordine all’emissione del singolo atto impositivo, sempre riferibile nei confronti dei terzi all’ente che lo emette, a prescindere dall’identità del funzionario che materialmente lo esegue; c) nè, "a fortiori", delle prerogative e del diritto di difesa del soggetto destinatario dell’atto. Infine, si consideri che, con specifico riferimento ai ruoli e alle cartelle, il D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 8, comma 1, lett. a) che ha modificato il D.P.R. n. 602, artt. 1 e 12 cit.), si limita a richiedere che gli atti da ultimo indicati contengano soltanto "il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa".

Sul punto si rinvia a quanto osservato riguardo ai primi due mezzi.

5.-Con il quinto motivo, denunciando omessa pronuncia nonchè difetto e contraddittorietà della motivazione riguardo alla illegittimità degli avvisi e della cartella, la contribuente "…si riporta alle deduzioni esposte in primo grado che si intendono qui integralmente riportate e trascritte". Afferma, inoltre, che avrebbe eccepito che i suddetti atti sarebbero "carenti degli elementi essenziali e per difetto di competenza funzionale. Precisa, infine, che la sentenza d’appello non si sarebbe pronunciata "circa le motivazioni di ricorso avverso la cartella di pagamento quale la nullità del ruolo per omissione di inserimento degli elementi essenziali delle stessa iscrizione a ruolo di somme sia per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15".

Il mezzo è inammissibile sotto plurimi profili:

a) sia perchè, con il richiamo alle difese di merito, rinvia a un’opera di relazione e di supposizione che la legge processuale non affida al giudice di legittimità;

b) sia perchè non sono riportati nell’odierno ricorso i passi essenziali degli atti tributari dai quali poter riscontrare i vizi denunciati (cfr. sopra sub n.2);

c) sia perchè non è indicato in quali atti processuali e in quali specifiche frasi, nell’ambito di tali atti, le questioni siano state proposte nei giudizio di merito (C. 7194/2000);

d) sia perchè il quesito di diritto, nella sua lacunosa formulazione, si limita a proporre un interrogativo astratto (SU 6420/08 e 28536/08; C. 4044/09), senza enucleare i momenti di conflitto rispetto a esso del concreto operato dei giudici di merito (C. 80/2011).

6.-Con l’ultimo motivo, denunciando violazione di legge (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 69) e correlato vizio motivazionale, la soc. MG Advertising lamenta che la cartella rechi l’intero tributo pur in pendenza dell’atto presupposto.

Il motivo non è fondato, dovendosi dare continuità al principio enunciato da questa Corte nella sentenza n. 7785 del 2008:

"In tema di imposta comunale sulla pubblicità, il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 9, comma 5, non prevede, in pendenza del giudizio di primo grado contro l’avviso di accertamento, l’iscrizione a ruolo per frazioni della somma complessivamente pretesa dall’erario. Da ciò consegue che, anche quando il contribuente abbia impugnato in sede giudiziaria l’avviso di accertamento, resta consentito all’ente impositore di provvedere all’iscrizione a ruolo della pretesa tributaria per intero, attesa peraltro l’inapplicabilità del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 68, il quale prevede la riscossione frazionata del tributo solo per le somme determinate a seguito di una sentenza tributaria di merito" (cfr. anche C. 28091/09, in tema di TARSU).

7.-Conseguentemente, il ricorso deve essere rigettato. Si stima equo compensare le spese del presente giudizio di legittimità, atteso il consolidarsi di gran parte della giurisprudenza in materia successivamente alla proposizione del ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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