Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 03-11-2011) 07-12-2011, n. 45868

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bari, in parziale riforma di quella emessa dal Gup del tribunale di Bari, ha assolto alcuni imputati, fra cui l’odierno ricorrente D. da una imputazione di spaccio di stupefacenti di cui al capo 18 e ne ha rideterminato la pena; ritenuto l’ipotesi di favoreggiamento reale in luogo di quella di spaccio di stupefacenti, nei confronti di C. T.F. e Me.El.; ha ritenuto prevalente, per il C., la circostanza attenuante speciale, di cui al comma V del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e le generiche già concesse dal giudice di primo grado ed esclusa la recidiva. Ne ha, quindi, ridimensionato la pena; ha ribadito la responsabilità di tutti gli indicati ricorrenti per svariate violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, sotto il profilo che, disattesa, in primo luogo, una eccezione di incompetenza territoriale, comune a tutti gli appellanti, perchè non proponibile dopo l’accesso al rito abbreviato, il materiale probatorio in atti, costituito da intercettazioni telefoniche era inequivoco e attestava, oltre ogni dubbio, come i singoli imputati si fossero dedicati ad attività illecite.

Ricorrono i condannati e deducono con separate impugnazioni:

1. C.T.F.: denunzia violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla affermata responsabilità in ordine ai capi 2 e 5 della rubrica;

Come già cennato, il C. era stato originariamente accusato, in concorso con Me.El. di una ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, consistente nella consegna di una consistente quantità di droga, importata dall’Albania da Me.Er. e C.E., ad un imputato ma.Em. che a sua volta la aveva smerciata a M.E. per la successiva diffusione sul territorio. La Corte sottolineava che dalla letture delle telefonate intercorse tra i vari protagonisti emergeva con certezza che Me. e C., per incarico dei due originari importatori, avevano tempestato di richieste di pagamento il ma., usando a tal fine un linguaggio criptico e come tale incongruo a sostenere lecite versioni dei loro rapporti.

Ribadita dunque la esistenza dell’operazione, escludeva però che C. e Me. avessero concorso nel reato, perchè non era in atti la prova che costoro avessero manifestato anticipatamente la loro disponibilità a riscuotere le somme dai compratori italiani e piuttosto ravvisava l’ipotesi di cui all’art. 379 c.p.. Il C. con la impugnazione esclude che si sia perfezionato il reato di importazione, come peraltro messo in rilievo dallo stesso Gip nell’ordinanza applicativa della misura e ciò travolgerebbe la ritenuta gradata imputazione. Per i rimanenti delitti, consistenti tutti nella detenzione di stupefacenti, il ricorrente sostiene che la ricostruzione dei fatti è avvenuta: 1. nel caso del delitto sub 5 senza alcuna prova, sulla base di scambi di telefonate, dal contenuto equivoco, non riscontrate dal sequestro di sostanza; 2. in relazione a quello sub 6 travisando il termine "provino" usato in una conversazione, che era indicativo dell’acquisto di una quantità irrisoria per uso personale e non già di un campione;

3. per l’imputazione sub 9 afferma che l’acquisto, senza prova del numero di dosi, è stato erroneamente ritenuto destinato allo spaccio e non all’uso personale e mette in evidenza che non ricorre il numero di tre persone per configurare l’aggravante.

4. Anche il capo 10 non configurerebbe altro che un acquisto per proprio consumo; si duole, inoltre, della pena che reputa eccessiva.

2. Me.El..

Con la impugnazione, si lamenta dell’eccessività della pena, che discostandosi dai minimi edittali, doveva essere sostenuta da adeguata motivazione nella specie mancante.

3. M.E..

Si duole del mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze delle attenuanti generiche e del mancato esame preliminare degli atti per pervenire alla esclusione delle ipotesi previste dall’art. 129 c.p.p..

4. D.A.:

Ripropone la eccezione di incompetenza territoriale, posto che la richiesta di rito abbreviato non comporta, affatto, la accettazione della competenza territoriale del giudice; al riguardo, il ricorrente riporta specifica giurisprudenza di questa corte, che condivide.

Con il secondo motivo, denuncia per carenza e manifesta contraddittorietà della motivazione, la affermazione di responsabilità in ordine al capo 1, ossia un episodio di importazione di Kg 22 di droga, a lui non riconducibile. La Corte distrettuale non avrebbe spiegato come sia compatibile con l’ipotizzata partecipazione il fatto che egli al momento dell’arrivo della droga a (OMISSIS) si trovasse a (OMISSIS) e che non fosse tra i soggetti fermati o arrestati. Invero, sarebbero state valorizzate le conversazioni telefoniche, nonostante molte di esse dimostrassero che egli era del tutto all’oscuro del traffico; esclude, poi, possa ricorrere la ravvisata aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, motivata in base al solo ritrovamento della cocaina e non già con riferimento alla sua consapevolezza della quantità effettivamente in arrivo; anche per il capo 15, in cui egli, secondo la Imputazione, avrebbe svolto le mansioni di trasportatore in Italia, denuncia come per il capo 14, la insufficienza del materiale probatorio desunto dalle conversazioni in atti, e per il capo 17 nega di aver avuto un ruolo, richiamando la conversazione n. 295 del 29.8.2008, da cui emergerebbe che egli si stava occupando di altre vicende; anche per tale capo contesta la applicazione della aggravante della ingente quantità, non motivata e, quindi, da ritenersi esclusa; nega poi la ravvisabilità per tutti i capi di imputazione della aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, artt. 3 e 4 e si duole del mancato esame della sua lagnanza sulla eccessività della pena.

5. C.S., U.R.G. e M.R. rispondono del capo capo 14; secondo le sentenze di merito, i primi due sono stati destinatari di una partita di droga proveniente dalla Albania e le telefonate tra costoro riguardano sia la fase antecedente sia quella successiva l’arrivo delle sostanza, trasportata da certo m., uomo di fiducia di M..

C.S. e U.R.G. rispondono anche del capo 15, riguardante la importazione in Italia di un’altra partita di stupefacente.

Il C. deduce il difetto in atti di elementi per provare che egli abbia consapevolmente commesso il delitto ascrittogli, e assume che le telefonate intercettate hanno ad oggetto solo rapporti leciti.

G.U.R., si duole del mancato riconoscimento ex art. 129 c.p.p. della sua responsabilità e del difetto di motivazione in ordine al diniego delle sollecitate attenuanti generiche.

M.R. rileva che la sua condanna poggia sul non dimostrato contributo alla operazione che la corte ha solo presunto in base a due telefonate, la prima avuta con D. in cui si offriva come corriere, e la seconda in cui invece indicava il m. quale suo sostituto perchè egli non era disponibile a trattenersi come chiesto a (OMISSIS) per una notte. Mancherebbe il riscontro a tale tesi ossia non sarebbero provati i contatti tra il D. ed il m. e fra costui ed esso ricorrente; la sostituzione è dunque una mera ipotesi congetturale. Il fatto, poi,che il D. nel corso del trasferimento si sia tenuto in contatto con il m. dimostra che i due si conoscevano e non avevano affatto bisogno dell’intervento del M..

Con il secondo motivo si duole del diniego della attenuante di cui all’art. 114 c.p., non motivata sulla marginalità del suo intervento.

Motivi della decisione

1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Nell’ordine logico delle questioni,è da affrontare la eccezione di incompetenza territoriale, che il ricorrente D. ha riproposto in questa sede e che la Corte ha rigettato, richiamando gli orientamenti giurisprudenziali sull’improponibilità della questione nel corso del giudizio abbreviato.

Il ricorrente, fa riferimento a precedenti giurisprudenziali di segno opposto a quelli invocati nella sentenza e rileva come una lettura costituzionalmente orientata escluda che il rito abbreviato implichi accettazione di una competenza territoriale diversa da quella prevista dalla norma, altrimenti configurandosi violazione del principio del rispetto del giudice naturale precostituito per legge.

Se indubbiamente corrisponde al vero l’affermazione difensiva in ordine all’esistenza di pronunce giurisprudenziali tendenti ad escludere che la scelta del rito abbreviato comporti accettazione della competenza territoriale del giudice indicato nel provvedimento di rinvio a giudizio (Sez. 6, n. 1168 del 20.11.1997, imp. Angeli, Rv. 211126; Sez. 6, n. 13624 del 23.9.1998, imp. Vicentini, Rv.

213430; Sez. 4, n. 4528 del 28.10.1998, imp. Generali, Rv.

213136;Sez. 1, n. 371S6 del 10.6.2004, imp. La Perna, Rv. 229532), questa Corte ritiene tuttavia di condividere l’opposto e più recente orientamento (Sez. 6, n. 44726 del 18.9.2003, imp. Ninivaggi, Rv.

227715; Sez. 6, n. 33519 del 4.5.2006, imp. Acampora, Rv. 234392;Sez. 4, n. 2841 del 20.11.2008, imp. Greco, Rv. 242493; Sez. 1, n. 22750 del 13.5.2009, imp. Calligaro, N. 22750 del 2009 Rv. 244111, N. 38388 del 2009 Rv. 244746, N. 10399 del 2010 Rv. 246352, N. 1937 del 2011 Rv. 249100) per il quale l’ammissione al rito abbreviato preclude la proposizione dell’eccezione di incompetenza territoriale. Questa linea interpretativa non incentra il proprio fondamento unicamente nell’accettazione, da parte dell’imputato, di un giudizio allo stato degli atti, tale da comprendere l’individuazione del giudice competente in quello dinanzi al quale pende il procedimento nel momento in cui il rito speciale viene adottato; mette in evidenza, altresì, l’adesione, con la richiesta di celebrazione del giudizio abbreviato, ad un rito nel quale difetta la fase processuale dedicata alla trattazione ed alla risoluzione di questioni preliminari quali quelle relative alla competenza, non essendo applicabile allo stesso la previsione dell’art. 491 c.p.p. e ponendo l’art. 21 c.p.p., quale limite per la proponibilità dell’eccezione di incompetenza territoriale, un’udienza preliminare ormai superata dalla richiesta di cui sopra (sul punto v. in particolare Sez. 6, n. 44726 del 18.9.2003, imp. Ninivaggi, Rv. 227715). La richiesta di rito abbreviato, in questa prospettiva, risulta contenere un’implicita rinuncia alla proposizione di ulteriori eccezioni sul tema, nella consapevole accettazione di una procedura che non contempla tale proponibilità. E tanto supera il richiamo del ricorrente al principio costituzionale di precostituzione per legge del giudice naturale; essendo proprio la legge processuale, nell’ottica appena descritta, a determinare specificamente quale giudice naturale del procedimento quello al quale l’imputato stesso chiede di celebrare il giudizio con il rito abbreviato.

E’ da concludere per la manifesta infondatezza della questione.

3. Nel merito, ed esaminate singolarmente le singole posizioni, si osserva:

3.1 D.A.:

La denuncia di incompletezza dello sviluppo motivazionale della sentenza in ordine a tutte le imputazioni contestate a costui si basa su una mera rilettura dei dati di fatto, acquisiti al materiale dibattimentale, ed in una diversa interpretazioni degli stessi, che oltre che meramente ripetitiva delle doglianze espresse in appello, cui la corte ha dato risposta, non induce all’invocato annullamento, in quanto del tutto esulante dal sindacato rimesso a questa corte. Il discorso logico argomentativo del giudice di merito non presenta nè evidente pecche nella valutazione delle prove, nè manifesti salti logici e si presenta adeguato rispetto ai dati probatori; in particolare, la osservazione, concernente il capo 1, della assenza dell’imputato dal luogo ove si è realizzata la importazione è stata ritenuta del tutto irrilevante, giacchè occasionale e non influente sulla condotta, connotata nei giorni immediatamente precedenti lo sbarco in Bari della droga da numerosi contatti telefonici con gli altri correi. I dialoghi intercettati attestavano la cura con cui egli si era mosso per organizzare lo smistamento della sostanza, affidandolo ad un suo uomo di fiducia e la sua successiva preoccupazione per le sorti di costui, (arrestato in flagranza di reato) e la mancanza di notizie sul carico, in realtà sequestrato.

Tali dati di fatto, correttamente, sono stati considerati inequivoci in ordine al suo coinvolgimento, a nulla rilevando il suo viaggio a (OMISSIS), contestuale all’arrivo della droga. Anche per i rimanenti capi di imputazione, indicati in rubrica ai nn. 14, 15, e 17 della imputazione, il ricorrente incentra le sue doglianze sulla assetta equivocità dei dialoghi intercettati a suo carico, ma le doglianze oltre alla rilevata introduzione di dati d merito, presentano un ulteriore profilo d’inammissibilità, in quanto si limitano ad estrapolare singole frasi o brani, mentre la corte ha sviluppato un coerente ed esaustivo iter argomentativo sulla base di una disamina completa di tutto il materiale intercettato, anche a carico dei correi, che conduceva alla individuazione dei collegamenti e delle specifiche condotte. Si è in presenza, dunque, di censure che si sottraggono all’onere di confrontarsi con il contenuto dialetticamente esteso della pronuncia e hanno un carattere di aspecificità. Il testo della pronuncia, peraltro, come già detto non ha alcun vuoto e soprattutto appare connotato da deduzioni logiche e condivisibili. E’ inoltre manifestamente generica la doglianza concernente la sussistenza della aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, riconosciuta dalla corte con argomentazioni in linea con l’orientamento di questa corte, per il profilo oggettivo dal dato ponderale rilevantissimo; si è trattato di Kg 22 di eroina, per il capo 1, e di altrettante notevoli partite di droga per i rimanenti capi, come desunto dai giudici di merito dalle conversazioni intercettate, riferite ad affari ingenti e confortate dalle modalità concrete delle organizzazione predisposta per la importazione; tali elementi, adeguatamente esposti, danno, altresì, ragione della consapevolezza soggettiva, essendo il D. coinvolto in prima persona nei dettagli e, dunque, pienamente a conoscenza del tipo e della quantità della droga trattata. A fronte di tale adeguata motivazione il ricorrente si affida a generiche lagnanze, senza alcuna effettiva indicazione di errori, ma centrate su osservazioni non correlate alle acquisizioni probatorie ed alla valutazione effettuata dai giudici di merito.

Infine, in ordine alla contestata ravvisabilità per tutti i capi di imputazione della aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, artt. 3 e 4, è da osservare che già la corte di merito aveva rilevato la genericità della censura, non supportata da specifiche argomentazioni e tale vizio ex art. 580 c.p.p., lett. c) è nuovamente presente in questa fase, posto la mera assertiva negazione della sussistenza della stessa. Nè può certo dolersi del richiamo per relazione alla sentenza di primo grado, operato dai giudici di appello, in quanto da un canto le due pronunce di merito si fondano e si integrano, dall’altro, la Corte, in assenza di specificità dei motivi su tale punto, non era tenuta ad approfondire alcuna tematica.

Parimenti inammissibile è il motivo relativo alla misura del trattamento sanzionatorio, la cui rivalutazione è inibita in questa sede, a fronte di una adeguata spiegazione dei criteri seguiti per la valutazione dello spessore criminale del D. in relazione alla determinazione della misura di pena; senza dire che il ricorrente non indica nemmeno in quali errori sarebbe incorso il giudice di merito e si limita a denunciarne la "ingiustizia". 3.2. C.T.F.:

Il primo motivo di ricorso è palesemente inammissibile, dato che il C. non propone doglianze inerenti alla configurabilità del delitto di favoreggiamento che gli è stato contestato, ma avverso la pronuncia in ordine ad un capo che non lo riguarda; egli non ha dunque in relazione all’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, alcuna legittimazione nè alcun interesse, stante la avvenuta consumazione del reato presupposto, quale ampiamente motivata nella sentenza impugnata.

Quanto ai rimanenti capi di imputazioni, le contestazioni sviluppate con il gravame si configurano come mere ripetizioni dei motivi di appello, cui la corte ha adeguatamente risposto; la impugnazione è connotata, comunque, dall’introduzione di valutazioni di merito in ordine al contenuto delle intercettazioni e sulla interpretazioni di parole e frasi, il cui valore indiziario viene contestato, ovvero sul difetto di adeguati riscontri della imputazione di spaccio, che in realtà si traducono in meri apprezzamenti antagonisti a quelli ritenuti dal giudice distrettuale, non sottoponibili a questa corte.

Vale brevemente osservare che i giudici di merito hanno motivatamente escluso che gli acquisti servissero a soddisfare esclusivamente il fabbisogno personale di sostanza stupefacente del C., posto che costui a sua volta rivendeva quanto acquistato, a nulla rilevando il mancato accertamento del numero esatto di dosi acquistate, e che infondatamente egli nega la sussistenza della aggravante del numero delle persone, che sono state di fatto individuate nella moglie ed in altro coimputato; la censura sulla entità della pena, infine, non svolge alcuna critica, ma si limita a proporre una diversa quantificazione, senza indicare le ragioni per cui il giudice di merito avrebbe dovuto applicare una pena più contenuta.

3.3. Me.El..

La doglianza non esprime alcuna specifica critica alla sentenza e si limita a dedurre inosservanza dell’art. 133 c.p., senza indicare nè le lacune della motivazione, nè soprattutto quale sia l’interesse portato avanti con la impugnazione, dato che non viene dedotta l’eccessività della pena inflitta. Ove poi si volesse ritenere implicita una denuncia in tal senso, è da osservare che il ricorrente non indica nemmeno un motivo di inadeguatezza della pena, laddove era suo onere enunciare le ragioni, non adeguatamente valutate dal giudice che imponevano un diverso apprezzamento della misura della sanzione.

3.4 M.E.:

Parimenti generiche le doglianze del M., che non spiega nè quali dati oggettivi avrebbero dovuto condurre alla sua assoluzione, nè ancora per quale profili di meritevolezza le riconosciute attenuanti generiche dovessero essere considerate prevalenti e ciò nonostante la corte abbia espresso adeguata motivazione prendendo in esame il suo profilo criminale e la gravità dei fatti contestati.

3.5 C., G. e M..

Anche tali ricorrenti propongono doglianze che sono dirette ad una rivisitazione dei fatti, in senso loro favorevole, del tutto smentita dalla motivazione offerta dalla corte; il giudice distrettuale ha infatti puntualizzato in primo luogo che sia il G. sia il C. non avevano enunciato specifici motivi in ordine al capo 15 della imputazione, sicchè in questa sede non possono proporsi doglianze che non hanno trovato ingresso nel giudizio di merito, posto che in punto di responsabilità si è comunque formato il giudicato. E comunque il C., che risponde anche del capo 14, non ha specificato nell’odierno ricorso quale imputazione abbia inteso contestare ed ha formulato censure talmente generiche da non consentire nemmeno la preliminare individuazione dell’ipotesi accusatoria cui si dichiara estraneo.

Quanto alla pena, della cui eccessività si duole il G., valgono le considerazioni già svolte per i precedenti ricorrenti, posto che si tratta di un motivo inespresso, appena abbozzato, senza alcuna indicazione di elementi positivi da valutare per la chiesta concessione delle generiche.

Parimenti, per quanto riguarda il M., le sue osservazioni travalicano il limite della critica in ordine alla congruità e logicità della motivazione e sostituiscono agli apprezzamenti e le valutazioni espresse dalla corte, una serie di interrogativi, cui peraltro il giudice ha risposto. Infatti, i giudici di merito hanno ricostruito le fasi della vicenda, nel corso della quale il M. ha indicato suo sostituito, nel ruolo di corriere, un altro coimputato ed hanno chiarito che l’imputato ha mantenuto proprio per questo suo attivo interessamento, un comportamento rilevante ai fini del concorso; inoltre, ha spiegato che il contatto iniziale tra il D. ed il M. era indicativo della omessa conoscenza del numero telefonico del nuovo corriere, che appunto era stato reperito dall’odierno ricorrente; ed ha desunto quale ulteriore e logico elemento sintomatico della partecipazione il comportamento successivo alla operazione, (il M. si era attivato per conoscere l’esito della trasporto), non altrimenti spiegabile se non l’assunzione di uno specifico ruolo in essa.

Infine, è adeguatamente motivato il diniego della invocata attenuante ex art. 114 c.p.p., che ricorre, come sottolineato dal giudice, solo nel caso di minima incidenza dell’operato del correo, nel caso in esame da escludere in relazione alla importanza del contributo, che aveva permesso il perfezionamento del trasporto.

I ricorsi vanno dichiarati inammissibili ed i ricorrenti sono da condannare al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti a pagare le spese processuali e ciascuno Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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