Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-06-2012, n. 10800 Detrazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio di Oristano della Agenzia delle Entrate la Commissione tributaria della regione Sardegna sez. 1 Cagliari con sentenza 7.7.2009 n. 46 in totale riforma della decisione di prime cure ha ritenuti legittimi gli avvisi di accertamento notificati a SVEA s.r.l. con i quali venivano recuperati maggiori imponibili ai fini IVA per gli anni 2002e 2003 per indebita fruizione da parte della società contribuente del regime fiscale speciale ed. del margine di utile, di cui al D.L. n. 41 del 1995 conv. in L. n. 85 del 1995, in relazione ad acquisti di autovetture usate provenienti da Paesi membri UE. I Giudici territoriali ritenevano insussistenti le condizioni di legge (mancata detrazione dell’IVA da parte del cedente) per l’applicazione di tale regime fiscale speciale, in quanto rivestendo gli operatori comunitari la qualità di imprese di autonoleggio erano legittimati a portare in detrazione l’IVA per l’acquisito delle autovetture, successivamente cedute usate alla società contribuente.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione SVEA s.r.l.

deducendo due motivi.

Ha resistito con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Motivi della decisione

1. I Giudici di merito hanno ritenuta fondata la pretesa fiscale in quanto dai libretti di circolazione delle autovetture acquisiti alla Guardia di Finanza in sede di verifica risultava che i veicoli erano intestati a ditte di autonoleggio, e dunque a soggetti passivi IVA che, acquistando beni strumentali alla attività di impresa, era legittimo presumere avessero portato in detrazione l’IVA, con la conseguenza che veniva per ciò stesso meno il presupposto di legge per l’applicabilità del regime del margine. Inoltre doveva ritenersi irrilevante la circostanza che i cedenti-comunitari avessero annotato nelle fatture di essersi avvalsi anch’essi del regime del margine, atteso che la regolarità formale della fattura non faceva venire meno l’onere della prova, gravante sul cessionario residente, della effettiva sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive richieste dalla legge per l’applicazione del regime fiscale speciale, ricadendo sul contribuente la responsabilità di tale mancata verifica per imprudenza, negligenza od imperizia, come nel caso di specie in cui la qualità di impresa di autonoleggio del cedente induceva ad escludere la ricorrenza delle condizioni soggettive predette.

2. Con il primo motivo la società denuncia la violazione e falsa applicazione del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, art. 36 conv. in L. 22 marzo 1995, n. 85 e del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 38, comma 4 conv. in L. 29 ottobre 1993, n. 427, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Secondo la società la CTR è incorsa in errore di diritto ritenendo che dalla semplice intestazione del veicolo possa desumersi la effettiva attività svolta dall’intestatario e l’effettiva destinazione del bene dallo stesso acquistato all’esercizio della impresa con conseguente detraibilità dell’IVA e ciò tanto in relazione al primo che ai successivi intestatari del veicolo.

Sostiene la ricorrente che la impresa di autonoleggio potrebbe aver utilizzato la vettura come fringe benefit a favore dei propri dipendenti o comunque potrebbe averla utilizzata al di fuori della propria attività di impresa, e che al cessionario residente non potrebbero richiedersi gravose ed impossibili ricerche da eseguirsi presso gi uffici dello Stato estero laddove i documenti consegnati dal cedente (libretti di circolazione, fatture) appaiano formalmente regolari.

Il motivo è infondato.

Occorre premettere che il regime speciale ed. del margine di utile disciplinato dall’art. 26 bis della 6 Direttiva n 388/1977 del Consiglio in daTA 17.5.1977 (aggiunto dalla Direttiva n. 94/5/CE del Consiglio in data 14.2.1994. che ha ricevuto attuazione con il D.L. 23 febbraio 1994, n. 41, artt. 36-40 conv. in L. 22 marzo 1995, n. 85) si configura come regime fiscale speciale di natura derogatoria del regime ordinario IVA, avente carattere opzionale (essendo rimessa al contribuente la scelta di avvalersi del regime ordinario IVA o di quello speciale), ed in quanto funzionale ad evitare il fenomeno della doppia imposizione (cfr. terzo considerando Dir. CE" n. 5/1994) assume come condizione indefettibile di applicabilità la indeducibilità dell’Iva versata dal cedente-operatore comunitario in occasione dell’acquisto del bene (ovvero che il cedente abbia assolto l’IVA in modo definitivo, senza poter esercitare alcuna rivalsa, altrimenti in luogo di evitare una doppia imposizione si attribuirebbe al cessionario una ingiustificata agevolazione fiscale), dovendo in conseguenza il cedente, soggetto passivo di imposta comunitario, rispondere ad uno dei seguenti requisiti soggettivi individuati dal D.L. n. 41 del 1995, art. 36, comma 1 conv. in L. n. 85 del 1995: 1-soggetto privato consumatore; 2- soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta; 3-soggetto che agisca in regime di franchigia nel proprio Stato membro; 4-soggetto che abbia, a sua volta, assoggettato l’operazione al regime del margine di utile.

Tali condizioni non sono venute meno con l’art. 2 Direttiva 2001/15/CE del Consiglio in data 20.12.2001 (che ha modificato l’art. 28 novies paragr. 3 della citata 6 direttiva sulla cifra di affari, e che ha ricevuto attuazione, soltanto tre anni dopo, con il D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52, art. 1, che ha sostituito il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21) con il quale è stato introdotto l’obbligo di annotazione in fattura – in caso di applicazione del regime del margine di utile – dell’espresso riferimento agli artt. 26 o 26 bis della Dir. CE n. 388/1977 ovvero "alle corrispondenti disposizioni nazionali", o ancora della specificazione "di altre informazioni che indichino che è stato applicato il regime di margine di utile" atteso che la regolarità formale della fattura assolve ad una esigenza di chiarezza e trasparenza nel rapporto tributario ma non può evidentemente surrogarsi ai presupposti di fatto e diritto che la legge richiede per l’applicabilità del regime fiscale derogatorio. Tanto premesso occorre rilevare:

– che il regime cd. del margine rappresenta un regime "speciale" rispetto all’ordinario regime impositivo riguardante gli acquisti intracomunitari e che pertanto è onere del contribuente provare, a fronte di una contestazione dell’amministrazione, la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo (cfr. Corte Cass. 5 sez. 31.1.2011 n. 2227, in motivazione);

– il difetto di tale prova comporta l’inapplicabilità del regime "de quo", indipendentemente dalla consapevolezza che della inesistenza dei presupposti abbia avuto il cessionario, potendo eventualmente tale difetto di consapevolezza incidere solo sull’aspetto sanzionatorie) (cfr. Corte cass. 5 sez. 31.1.2011 n. 2227);

– non vale allegare la estrema gravosità dell’onere di diligenza che graverebbe sul concessionario per svolgere gli accertamenti in ordine alle condizioni di soggetti residenti in altro Paese membro, quando "nel caso di autoveicoli, l’eventuale insussistenza di tali requisiti può talvolta essere agevolmente desunta dai libretti di circolazione", cosicchè va senz’altro affermata l’esistenza di un particolare onere di diligenza in capo all’acquirente, anche mediato, riguardo a dati risultanti dai libretti di circolazione" (cfr. Corte cass. 5 sez. 12.2.2010 n. 3427. in motivazione).

Pertanto il "rischio fiscale" della operazione intracomunitaria realizzata con applicazione del regime del margine in difetto dei presupposti richiesti (nella specie per mancanza dei requisiti fiscali soggettivi degli operatori comunitari-cedenti), ricade sul cessionario, tenuto a verificare preventivamene la regolarità sostanziale della operazione (e non soltanto la regolarità formale della fattura) anche in relazione alla condizione soggettiva del cedente, alla stregua del particolare onere di diligenza posto a suo carico, risultando maggiore il grado di impegno esigibile in dipendenza della qualità professionale del cessionario, ove trattasi di operatore commerciale del settore.

Nello specifico caso la agevole rilevazione dai documenti di circolazione della qualità di autonoleggiatore delle società- cedenti, e quindi della qualità di soggetti che – secondo l’id quod plerumque accidit – acquistano autoveicoli da destinare alla propria attività imprenditoriale con consegnate legittimazione a portare in detrazione l’IVA sull’acquisto del bene strumentale, doveva indurre la SVEA s.r.l. ad acquisire preventivamente dai cedenti le prove attestanti la mancata detrazione della imposta, nel Paese membro da cui provenivano i veicoli, rimanendo escluso in conseguenza un incolpevole affidamento della società cessionaria fondato meramente sulla annotazione in fattura della applicazione del regime del margine, non essendo sufficiente tale indicazione a determinare un artificio o raggiro idoneo a trarre in inganno il soggetto- cessionario nonostante la dovuta diligenza impiegata, laddove in relazione alle specifiche circostanze siano dallo stesso rilevati o possano comunque essere rilevabili ulteriori elementi fattuali (nella specie il tipo di attività imprenditoriale svolta dalle società di autonoleggio) che presentino una connotazione antitetica alle condizioni soggettive dell’operatore-cedente previste per l’applicabilità del regime del margine di utile, e rendano pertanto necessaria la acquisizione di informazioni certe sull’effettivo assolvimento "a monte" dell’IVA in via definitiva (come ipotizzato dalla stesa ricorrente: es. utilizzo del veicolo come fringe benefit e non come bene strumentale all’esercizio della impresa) al fine di dirimere ogni possibile futura contestazione in ordine alla correttezza fiscale della operazione intracomunitaria.

3. Con il secondo motivo la società ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La società sostiene che la CTR sarebbe incorsa nella violazione del divieto di "praesumptio de praesumpto" ex art. 2727 c.c., da un lato, avendo ritenuto che i primi intestatari dei veicoli, in quanto imprese di autonoleggio, avessero portato in detrazione l’IVA;

successivamente presumendo che detti veicoli fossero stati ceduti ai successivi intestatari danti causa della SVEA s.r.l..

Il motivo è privo di pregio.

Premesso che la società, quanto alla prima inferenza probatoria, non evidenzia alcun vizio logico nella applicazione dello schema della prova presuntiva da parte della CTR, limitandosi ad affermare apoditticamente che non potrebbe considerarsi "certa" la conseguenza (detrazione IVA) tratta dal fatto noto (qualità della società di autonoleggio), rileva il Collegio che, spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di legittimità in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo a vizio di omesso esame di un punto decisivo (cfr. Corte cass. 3 sez. 11.5.2007 n. 10847; Corte cass. 3 sez. 2.4.2009 n. 8023).

Le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione (cfr. Corte cass. 3 sez. 11.5.2007 n. 10847; id. 3 sez. 13.11.2009 n. 24028; id. 2 sez. 27.10.2010 n. 21961), atteso che, nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice, non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati probatori, essendo rimessa la valutazione delle prove al prudente apprezzamento del giudice. Da ciò consegue che il convincimento del giudice sulla verità di un fatto può basarsi anche su una sola presunzione, eventualmente in contrasto con altre prove acquisite, se da lui ritenuta di tale precisione e gravità da rendere inattendibili gli altri elementi di giudizio ad esso contrari, alla sola condizione che fornisca del convincimento così attinto una giustificazione adeguata e logicamente non contraddittoria (cfr. Corte Cass. 1 sez. 26.3.2003 n. 4472; id. 3 sez. 18.4.2007 n. 9245; id. 3 sez. 11.9.2007 n. 19088;

id. 1 sez. 1.8.2007 n. 16993; id. 5 sez. 8.4.2009 n. 8484), con la ulteriore precisazione che non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, cioè che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadi menti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza (cfr. Corte cass. 1 sez. 1.8.2007 n. 16993; id. 5 sez. 8.4.2009 n. 8484).

Orbene la CTR ha fatto corretta applicazione dei principi sopra riferiti deducendo dal fatto noto della qualità soggettiva delle imprese cedenti (società di autonoleggio) la conoscenza del fatto incerto (assolvimento in via definitiva o di mera anticipazione salvo rivalsa dell’IVA), correttamente individuando come "conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità" la detrazione dell’IVA da parte di società che, in considerazione dello specifico oggetto sociale, acquistavano veicoli in quanto beni strumentali destinati all’esercizio della impresa.

Quanto alla violazione del divieto di doppia presunzione, la censura si palesa di difficile comprensione ed è comunque inammissibile per difetto di autosufficienza del motivo in ordine alla individuazione dei soggetti diversi dalle società di autonoleggio (definite dalla ricorrente come intestatario della "prima immatricolazione" dei veicoli) che avrebbero ceduto i veicoli usati a SVEA s.r.L Dalla sentenza impugnata risulta, infatti, che "le vetture acquistate provenivano da società di autonoleggio o similari" mentre alcun accenno è contenuto in ordine alla circostanza – allegata dalla ricorrente – secondo cui i soggetti comunitari che avevano ceduto i veicoli a SVEA s.r.l. non fossero società di autonoleggio. Tale ipotesi, diversamente da quanto ipotizzato dalla controricorrente, non trova adeguato supporto nel passo motivazionale in cui la CTR esclude il regime del margine di utile "in considerazione dell’attività svolta dalla ditta inizialmente acquirente dei mezzi ceduti, dovendo piuttosto intendere che con tale espressione lessicale Giudici di merito abbiano voluto distinguere cronologicamente il momento iniziale di acquisto del bene da parte dell’operatore comunitario, dal successivo acquisto del medesimo bene da parte del cessionario residente, non risultando in contrario acquisiti agli atti del processo – e neppure indicati dalla società nel ricorso – i dati identificativi e le qualità soggettive degli asseriti danti causa comunitari della SVEA s.r.l. diversi dalle società di autonoleggio.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato, e la società contribuente condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso e condanna SVEA s.r.l. alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 7.200,00 per onorari, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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