Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-10-2011) 07-12-2011, n. 45692

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza, resa in data 23.4.2010, la Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Bari, con la quale B.V., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generi che dichiarate equivalenti alla contestata aggravante ed applicata la diminuente per la scelta del rito, era stato condannato alla pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione per il reato di cui agli artt. 81, 609 bis e 609 ter c.p. ("per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, costretto con violenza D.M.P., all’epoca dei fatti minore degli anni 14, a compiere e subire atti sessuali, denudandola, palpeggiandola nelle zone intime e baciandola sulla bocca contro la sua volontà e comunque inducendola a compiere atti sessuali con abuso delle condizioni di inferiorità fisica psichica connesse alla sua minore età.."), ritenuta la prevalenza delle già concesse circostanze attenuanti generi che, riduceva la pena inflitta in primo grado all’appellante B. ad anni 3 di reclusione, confermando nel resto.

Dopo aver ricordato che, secondo la ricostruzione operata dal giudice di primo grado, gli abusi sessuali di cui all’imputazione si erano verificati in due occasioni ((il primo all’interno di un box garage di proprietà del B. ed il secondo, dopo tre giorni, in un casolare periferico appartenente al medesimo B.), la Corte territoriale condivideva pienamente l’esaustiva e completa valutazione operata dal GUP ed in particolare il giudizio di piena attendibilità delle dichiarazioni della parte offesa. Tali dichiarazioni, peraltro, risultavano confermate anche da numerosi elementi esterni, quali le dichiarazioni della nonna materna, M.M., alla quale nell’immediatezza era stato riferito in lacrime il secondo episodio, le informazioni rese al P.M. da D. K., che aveva visto, proprio in occasione del predetto episodio, la sorella minore allontanarsi a bordo dell’auto del B., gli accertamenti di p.g., ed in particolare l’ispezione locale in occasione della quale era stato rinvenuto il casolare descritto dalla minore.

Riteneva, poi, la Corte che non fosse configurabile l’ipotesi di cui all’art. 609 bis c.p., u.c. in considerazione della reiterazione della condotta in un breve lasso temporale, e che non fosse certo maturata la prescrizione.

2) Ricorre per cassazione B.V., a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato e dalla perizia espletata dalla Dr.ssa G.. La sentenza di condanna è fondata esclusivamente sulle dichiarazioni della parte offesa, ritenuta pienamente attendibile senza considerare che, secondo la perizia della dr.ssa G., la minore, a livello di affettività e pensiero, tende ad elaborare la realtà secondo modalità e finalismi propri, arricchendo e leggendo i dati di realtà in una chiave eccessivamente soggettiva, e che essa è, poco idonea a svolgere in maniera valida la funzione testimoniale".

Peraltro nella stessa sentenza impugnata si formula un giudizio di attendibilità della minore, pur prendendosi atto che la stessa presenta un profilo di immaturità ed infantilismo.

Con il secondo motivo denuncia la manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione per avere assunto ai fini della decisione una prova inesistente. La Corte territoriale indica come riscontro le dichiarazioni della nonna materna, M.M., che non è stata però mai sentita (alla pagina indicata si rinviene, invece, il verbale delle s.i.t. rese dalla nonna paterna R.).

Con il terzo motivo denuncia la manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione per la mancata valutazione di due prove decisive e rilevanti (il decreto di archiviazione del 25.11.2004 nei confronti dei genitori della D. che erano stati iscritti nel registro degli indagati per il reato di calunnia in danno dell’imputato ed il certificato di omessa iscrizione presso il Tribunale per i Minorenni di un procedimento cautelare ex art. 609 decies). Tali atti attestavano che altri uffici giudiziari avevano ritenuto inconsistenti gli elementi offerti dalla persona offesa. Con il quarto motivo denuncia la manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione, non avendo la Corte territoriale valutato, contrariamente ai criteri direttivi fissati dalla Caria di Noto e dalla letteratura scientifica, la personalità della minore prima e dopo i fatti per cui è processo al fine di individuare le tracce lasciate dalle vicende (se realmente vissute); non sono stati infatti rilevati indicatori di abuso.

Con il sesto motivo denuncia la violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c..

3) Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

3.1) Va ricordato, preliminarmente, che il controllo della Corte di legittimità deve essere esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. E’ necessario cioè accertare se nell’interpretazione delle prove siano state applicate le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve quindi essere evidente e tale da inficiare lo stesso percorso seguito dal giudice di merito per giungere alla decisione adottata. Anche a seguito della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche ad "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame", non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr. Cass. pen. sez. 6 n. 752 del 18.12.2006). Anche di fronte alla previsione di un allargamento dell’area entro la quale deve operare, non cambia la natura del sindacato di legittimità; è solo il controllo della motivazione che, dal testo del provvedimento, si estende anche ad altri atti del processo specificamente indicati.

Tale controllo, però, non può "mai comportare una rivisitazione dell’iter ricostruttivo del fatto, attraverso una nuova operazione di valutazione complessiva delle emergenze processuali, finalizzata ad individuare percorsi logici alternativi ed idonei ad inficiare il convincimento espresso dal giudice di merito" (così condivisibilmente Cass. pen. sez. 2 n. 23419/2007 – Vignaroli).

Il vizio di prova "omessa" o "travisata" si verifica, quindi, quando da esso derivi una disarticolazione dell’intero ragionamento probatorio ed una illogicità della motivazione sotto il profilo della rilevanza e della decisività.

E’ onere della parte, poi, indicare espressamente nei motivi di gravame gli atti del processo da cui è desumibile il vizio. Tali atti vanno individuati specificamente (non rientrando nei compiti della Corte di legittimità la ricerca nel fascicolo processuale degli stessi), allegati o trascritti integralmente (non è consentita una indicazione "parziale" dell’atto, potendo il denunciato travisamento emergere solo dalla sua lettura integrale). Vanno quindi condivise le precedenti decisioni di questa Corte con le quali si è affermato il principio che "la condizione della specifica indicazione degli altri atti del processo… può essere soddisfatta nei modi più diversi (quali ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito) purchè detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 591 c.p.p." (cfr.

Cass. pen. sez. 2 n. 19584 del 5.5.2006). Altra decisione ha, ancora più puntualmente specificato che è onere del ricorrente la individuazione precisa della collocazione degli atti nel fascicolo processuale, ove non siano riprodotti nel ricorso e non siano allegati in copia conforme, sia la dimostrazione che tali atti si trovassero nel fascicolo processuale al momento della decisione del giudice di merito, che infine, di indicazione puntuale della circostanza di fatto asseritamente travisata o non valutata (Cass. pen. sez. 3 n. 12014 del 22.3.2007).

3.1.1) Tanto premesso, quanto al primo motivo di ricorso, dalla sentenza di primo grado risulta che proprio dalla relazione della dr.ssa G. emergeva che "la minore non presenta alterazioni psicopatologiche delle funzioni psichiche tali da compromettere in maniera rilevante le sue capacità di percezione, conservazione e rievocazione dei dati e mostra nel complesso un livello di maturità adeguato all’età". Ed il GUP, anche alla luce dei chiarimenti forniti dalla dr.ssa G. in data 6 febbraio 2001, con diffusa motivazione riteneva che le dichiarazioni della minore, in ragione di quelle note di infantilismo ed immaturità che la contraddistinguono, andassero valutate con prudenza, ma che esse non inficiavano certo la sua capacità a testimoniare. Esaminava il Gup anche la relazione peritale di parte, rilevando che essa conteneva solo una generica critica alla relazione del perito d’ufficio (pag. 11, 12 sent. GUP).

Anche la Corte territoriale, senza alcuna contraddizione, ha rilevato, sulla base delle dichiarazioni rese dalla dr.ssa G. che la minore era in grado di "distinguere ciò che è reale da ciò che è fantastico.." (pag. 2).

La Corte territoriale con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, rinviando anche alla sentenza di primo grado che aveva ampiamente argomentato in proposito, ha ritenuto, poi, la piena attendibilità della versione fornita dalla persona offesa, perchè precisa, coerente, spontanea, circostanziata, costante nel tempo. Ed è assolutamente pacifico che le dichiarazioni della persona offesa dal reato possano essere assunte quali fonti del convincimento senza necessità di riscontri esterni. Il giudice, tuttavia, non può sottrarsi ad un esame dell’attendibilità del dichiarante, che deve essere particolarmente rigoroso quando siano carenti dati oggettivi emergenti dagli atti, che confortino l’assunto accusatorio. E’ quindi necessario, stante l’interesse che ha la parte offesa verso l’esito del giudizio, vagliare le sue dichiarazioni con ogni cautela, compiendo un esame particolarmente rigoroso anche attraverso una conferma di altri elementi probatori.

Con argomentazioni ineccepibili la Corte di merito ha confutato i rilievi difensivi in ordine, in particolare, ad alcune difformità tra la ricostruzione fattuale oggetto della iniziale denuncia e quella resa in sede di incidente probatorio ed ha evidenziato come le dichiarazioni della parte offesa fossero riscontrate da numerosi elementi esterni.

Quanto al riferimento alle "s.i.t. di M.M.", dalla sentenza di primo grado risulta, chiaramente, che era stata D. K. a confermare il racconto della sorella M.P., la quale, di ritorno, aveva raccontato, piangendo, degli abusi sessuali subiti e che fu la D.K. a riferire "quanto accaduto alla nonna materna M.M. perchè non aveva voluto fare agitare la madre" (pag. 5 e 6 sent. GUP). Va inoltre aggiunto che, anche a prescindere dal riferimento (frutto di un mero equivoco) alla testimonianza della M., la motivazione della sentenza impugnata non verrebbe certo scardinata, risultando l’attendibilità della minore confermata ab externo dagli altri elementi indicati.

3.2) In ordine alla mancata valutazione del decreto di archiviazione e della omessa iscrizione di procedimento cautelare ex art. 609 decies, di cui al terzo motivo di ricorso, va rilevato che le valutazioni compiute in altra sede non possono avere alcuna incidenza in questo processo. Per di più, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, detti documenti non vengono allegati, nè viene indicato se e quando essi siano stati acquisiti al fascicolo processuale.

3.3) Questa Corte ha costantemente affermato che "in tema di esame testimoniale dei minorenni parti offese nei reati di natura sessuale, le cautele prescritte dalla cosiddetto Carta di Noto, pur di autorevole rilevanza nell’interpretazione delle norme che disciplinano l’audizione di detti soggetti, presentano carattere non tassativo, sicchè l’eventuale inosservanza di dette prescrizioni non comporta nullità dell’esame stesso" (cfr.Cass.pen.sez.3 n.6464 del 14.12.2007). Si tratta, invero, di semplici suggerimenti volti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni del minore e la protezione psicologica dello stesso, come, del resto, si legge nella premessa della Carta medesima (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 20568 del 10.4.2008).

Di per sè, quindi, la mancata osservanza non determina automaticamente la inattendibilità delle dichiarazioni del minore e tanto meno la nullità dell’esame o la sua inutilizzabilità. Opinare diversamente significherebbe introdurre una ipotesi ulteriore (non prevista da alcuna norma) di nullità o inutilizzabilità. La inattendibilità del minore sulla base della mancata osservanza del protocollo della Carta è, conseguentemente, affermazione astratta, priva di validità logico-giuridica. E’ necessario quindi indicare gli errori di diritto o i vizi logici della motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità dei minori nonostante la mancata osservanza di quel protocollo.

La valutazione in ordine agli indicatori di abuso sessuale è stata effettuata dalla Corte di merito. Ha rilevato, infatti, la Corte, con motivazione puntuale ed immune da vizi logici, che i rilievi dell’appellante in proposito erano assolutamente infondati ed ha richiamato, per confutare l’assunto difensivo, le dichiarazioni della madre della p.o. e del perito dr. G. (pag. 4 e 5 sent.).

3.4) Infine, quanto all’invocata attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3), essa deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui, avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell’azione, sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima (bene-interesse tutelato dalla norma) sia stata compressa in maniera non grave. Deve quindi farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, quali mezzi, modalità esecutive, grado di coartazione esercitato sulla vittima, condizioni fisiche e mentali di questa, caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età, così da poter ritenere che la libertà sessuale sia stata compressa in modo non grave, come, pure, il danno arrecato anche in termini psichici (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 5002 del 7.11.2006; Cass. pen. sez. 3 n. 45604 del 13.11.2007).

Bisogna tener conto cioè , oltre che della materialità del fatto, di tutte le modalità della condotta criminosa e del danno arrecato alla parte lesa ovvero degli elementi indicati dal comma primo dell’art. 133 c.p., ma non possono venire in rilievo gli ulteriori elementi di cui al comma secondo dello stesso art. 133, utilizzabili solo per la commisurazione complessiva della pena" (Cass. pen. sez. 3 n. 2597 del 25.11.2003).

Anche di recente questa Corte ha ribadito che ai fini del riconoscimento dell’attenuante della minore gravita non rileva di per sè la "natura" e "l’entità" dell’abuso, essendo necessario valutare il fatto nel suo complesso (Cass. sez. 3 n. 10085 del 5.2.2009).

La Corte territoriale in presenza di un motivo di appello assolutamente generico, ai limiti dell’ammissibilità, (ci si limitava infatti, nel richiedere declaratoria di estinzione del reato per prescrizione a far riferimento al "fatto di minore gravita ex art. 609 bis c.p., u.c."), ha, comunque, motivato in ordine alla inapplicabilità della invocata attenuante (pag. 5 sent.).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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