Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-10-2011) 07-12-2011, n. 45690

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 26.10.2010 la Corte d’Appello di Cagliari, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, concesse le attenuanti generiche e con la diminuente del rito abbreviato, condannava C.G. alla pena di un anno di reclusione per il reato di cui all’art. 609 bis cod. pen. per avere, con violenza consistita nella repentinità del gesto, costretto M.R. a subire atti sessuali consistiti nell’infilarle la mano tra le gambe e nel palparle le zone genitali.

In particolare, la M. il 24 marzo 2001 aveva denunciato ai CC che il C., che lavorava con lei presso il cantiere comunale, l’aveva infastidita verbalmente e con repentini toccamenti delle zone erogene.

Il successivo 18 aprile la predetta aveva proposto querela contro C. specificando minuziosamente i tempi e le modalità delle condotte di abuso di cui aveva reso edotti compagni di lavoro e il capo cantiere D..

La corte territoriale riteneva contraddittoria la sentenza di primo grado che aveva ritenuto provato il reato di molestie (dichiarato prescritto) e non provato quello di violenza sessuale che si fondava sulla stessa fonte probatoria e aveva illogicamente asserito che svilisse l’accusa una denuncia molto concisa seguita da una querela molto dettagliata.

Nulla deponeva per un movente di calunnia, mentre le dichiarazioni della donna erano attendibili per spontaneità, coerenza e persistenza e corroborate dalle informazioni rese dalla collega di lavoro Mi., dal capocantiere D. e dall’ing. D’. che, prima della denuncia, avevano ricevuto le lamentele della M. sulle molestie sessuali subite.

Inoltre, il marito della predetta si era lamentato con l’ing. D’. per la condotta dell’imputato e aveva schiaffeggiato C. alla presenza di testimoni.

Era spiegabile la ritrosia dei testi ad ammettere di avere assistito ai toccamenti sia per non essere coinvolti in una vicenda che avrebbe potuto incidere negativamente sulla prosecuzione del loro rapporto di lavoro come, del resto, in effetti è avvenuto con la chiusura del cantiere sia perchè i toccamenti delle zone erogene della vittima ignara erano attuati dall’agente adottando particolari precauzioni e approfittando dell’attimo favorevole, come solitamente avviene.

Affermava la corte che tale condotta integrava il reato contestato.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul superamento della pronuncia assolutoria, del tutto aderente alle acquisizioni processuali, senza considerare che l’accusa era inficiata dalla non sovrapponibilità delle denunce presentate dalla M. a distanza di 25 giorni l’una dall’altra; che i testi Mi. e D. non avevano confermato di avere assistito ai toccamenti, nè avevano sentito urla di reazione, smentendo la M.; che non era utilizzabile nel giudizio abbreviato l’episodio dello schiaffeggiamento del C. (che non avrebbe reagito) da parte del marito della M., R.G., riferito dal D.; che, comunque, egli aveva querelato R. che era stato condannato con sentenza che allegava al ricorso; che la M. aveva sporto querela il giorno successivo all’aggressione fisica del R. allo scopo di sminuire la responsabilità del marito; che il cantiere era stato anticipatamente chiuso dall’ing. D’. per i fatti commessi dal R. e non a seguito delle denunce della M..

Aggiungeva che, nel caso d’assoluzione per il reato di violenza sessuale, la stessa sorte deve riconoscersi per il reato di cui al capo a, che era stato dichiarato prescritto.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Ha affermato questa Corte che "la decisione del giudice d’appello, che conforti totale riforma della sentenza di primo grado, impone la dimostrazione dell’incompletezza e della non correttezza ovvero dell’incoerenza delle relativa argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente dimostrazione che, sovrapponendosi in toto a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato a elementi di prova diversi o diversamente valutati" (Cassazione Sezione 2 n. 15756/2003, 12/12/2002 – 03/04/2003, RV. 225564).

Nella specie, la Corte d’appello ha ricostruito i fatti in difformità della sentenza del giudice di primo grado indicandone le carenze motivazionali e specificando concreti elementi probatori processualmente acquisiti e logici rilievi a supporto dell’iter logico che l’ha condotta a dissentire dalle soluzioni prospettate dall’altro giudice di merito.

Il Tribunale aveva sottovalutato le precise, coerenti e costanti dichiarazioni della persona offesa, confermate da validi apporti testimoniali, sicchè, pur in presenza di una prova certa sulle molestie di natura sessuale attuate dal C. riferite dalla M. alla Mi. e al D. prima della denuncia del 24.03.2001, ha escluso la sussistenza del fatto con argomentazioni palesemente erronee.

La Corte, invece, ha ripudiato, con validi argomenti, tale riduttiva soluzione ritenendo che la condotta denunciata integrasse atti sessuali commessi repentinamente su donna dissenziente, consistiti, secondo il racconto della predetta giudicato pienamente attendibile per coerenza e persistenza, dopo una serie di approcci verbali, in toccamenti delle gambe e della zona genitale.

I giudici d’appello hanno ritenuto, con convincenti osservazioni:

– che la versione della parte lesa abbia trovato puntuale riscontro nell’esternazione, prima della denuncia, delle avances subite ai compagni di lavoro;

– che i predetti ciò avevano confermato, pur asserendo di non avere personalmente notato i toccamenti;

– che era adeguatamente motivata l’irrilevanza della mancata conferma della constatazione diretta dei toccamenti;

– che era inconcludente il rilievo di non sovrapponibilità delle denunce stante il carattere integrativo della seconda rispetto alla prima;

– che era serio elemento di riscontro la reazione del marito della persona offesa che, ovviamente convinto che C. la insidiasse, dopo aversi lamentato con l’ing. D’., ha pesantemente aggredito l’imputato nel luogo di lavoro, come riferito da D. che ha assistito al fatto;

– che il tribunale non aveva preso in considerazione un altro serio elemento sfavorevole all’imputato che, per precostituirsi una sorta di giustificazione in vista della denuncia che temeva, aveva confidato a D. di avere, mentre scivolava, involontariamente toccato la M..

Non è quindi censurabile la ricostruzione del fatto effettuata in sede d’appello che ha puntualmente verificato, con adeguata motivazione, la credibilità della parte lesa ancorandola a un solido tessuto probatorio, contestato dal ricorrente con rilievi articolati in fatto irrilevanti in questa sede.

L’inammissibilità del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma equitativamente fissata in Euro 1.000.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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