Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-06-2012, n. 10956 Difformità e vizi dell’opera

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Condominio di Via (OMISSIS) propose opposizione al decreto ingiuntivo che gli intimava di pagare alla s.r.l. Edil Casa la somma di L. 41.547.000 quale saldo del corrispettivo di lavori in appalto, assumendo di avere integralmente pagato il prezzo e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna dell’appaltatrice al risarcimento dei danni per vizi delle opere eseguite.

Espletata l’istruttoria anche mediante consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Monza accolse l’opposizione, revocò il decreto ingiuntivo e respinse la domanda riconvenzionale dell’opponente, dichiarando compensate le spese di lite.

Interposto appello da parte della Edil Casa, con sentenza n. 12 del 12 gennaio 2005 la Corte di appello di Milano riformò in parte la decisione impugnata, condannando il condominio al pagamento del minor importo di Euro 9.136,13, oltre Iva ed interessi legali. A sostegno della propria decisione il giudice di secondo grado affermò che, tenuto conto del corrispettivo contrattualmente pattuito di L. 67.000.000 e detratti gli acconti pagati, il debito residuo del Condominio ammontava a Euro 11,2.582,28, che da tale importo andava detratto quello di euro 2.718,41 necessario per la eliminazione dei vizi riscontrati per l’errata posa in opera del manto impermeabile nel seminterrato, non avendo l’appellante fornito la prova che tali difetti fossero riconducibili dal passaggio, dopo il collaudo, degli autoveicoli del condomini, e che, infine, sulla base della consulenza tecnica d’ufficio, doveva escludersi l’esecuzione di lavori aggiuntivi fuori contratto.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 23 febbraio 2006, ricorre la s.r.l. Edil casa in liquidazione, affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso e successiva memoria il Condominio di (OMISSIS).

Con ordinanza interlocutoria del 3 novembre 2011 la Corte ha invitato il Condominio a depositare la delibera assembleare di autorizzazione all’amministratore alla costituzione nel presente giudizio, adempimento eseguito in data 29 dicembre 2011.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta che la sentenza impugnata abbia quantificato l’importo dovuto alla ditta appaltatrice nella somma di L. 22.690.000, nonostante che esso fosse stato riconosciuto dallo stesso Condominio nella misura di L. 28.050.000 ed abbia altresì errato nel computare le somme e calcolare le differenze.

Il mezzo è inammissibile.

La prima censura, che deduce l’omessa considerazione del riconoscimento da parte del Condominio di un debito per un importo superiore a quello liquidato in sentenza, è inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza, non indicando il ricorso in quale atto di causa sarebbe contenuto tale riconoscimento parziale del debito, nè trascrivendone il contenuto, in disparte il rilievo che tale deduzione appare smentita e contraddetta dalla esposizione dei fatti di causa contenuta nella sentenza impugnata, da cui risulta che il Condominio aveva chiesto la revoca del decreto ingiuntivo, assumendo di nulla dovere all’impresa e chiedendo anzi il risarcimento dei danni per i difetti delle opere realizzate.

La seconda censura, che denunzia sostanzialmente un errore di calcolo da parte della Corte di appello in ordine alla quantificazione del credito dell’impresa, è invece inammissibile, tenuto conto del principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui l’erronea utilizzazione, all’interno di una sentenza, delle regole matematiche, sulla base di presupposti numerici esattamente determinati e della esatta individuazione delle operazioni da compiere e dell’ordine nel quale eseguirle, determinando un errore materiale di calcolo, è emendabile con l’apposita procedura regolata dall’art. 287 cod. proc. civ., e segg., e non in forza del ricorso per cassazione, che è un mezzo di impugnazione (Cass. n. 16639 del 2005; Cass. n. 5330 del 2005).

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere addebitato le infiltrazioni d’acqua evidenziate nel soffitto del secondo piano seminterrato a difetti nella posa in opera del manto impermeabile senza considerare che l’opera era stata collaudata con esito positivo, come attestato dal direttore dei lavori, ed affermando, mediante richiamo del tutto arbitrario alla consulenza tecnica d’ufficio, che nulla riferiva sul punto, che i difetti non potevano essere ricondotti al passaggio dei veicoli dei condomini attesa l’impossibilità di superare la soletta presente durante l’esecuzione dei lavori, deduzione che invece era stata svolta dalla consulenza tecnica di parte. In realtà di tale ultime circostanze nulla riferiva la consulenza tecnica d’ufficio, che si era limitata sul punto soltanto a rappresentare la possibilità che le accertate infiltrazioni potessero dipendere tanto da un difetto di esecuzione delle opere quanto da un distacco delle guaine prodotto successivamente dal passaggio di veicoli. Per contro, la Corte ha scambiato gli accertamenti del consulente tecnico d’ufficio con la relazione tecnica depositata dal Condominio, incorrendo in un palese errore nella valutazione degli atti di causa.

La Corte ha inoltre colpevolmente ignorato i documenti da cui risultava che il direttore dei lavori aveva avvertito del pericolo che il passaggio veicolare da parte dei condomini potesse pregiudicare l’integrità del manto di impermeabilizzazione e così violato il principio dell’onere della prova, che era a carico del Condominio. Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 2697 cod. civ., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che, con motivazione insufficiente, la sentenza impugnata abbia escluso l’esecuzione dei lavori extra contratto, in particolare con riferimento all’impianto elettrico, affermando, in contrasto con quanto accertato dal consulente, che il relativo importo non era dovuto in quanto i relativi lavori si erano resi necessari per porre riparo ad interventi della stessa ditta appaltatrice, ed all’esecuzione delle canalette, che pure era stata ordinata dal direttore dei lavori e risultava dalla contabilità dell’impresa.

I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione obiettiva, appaiono entrambi fondati sotto l’assorbente profilo del vizio di motivazione.

Con riferimento ai vizi lamentati dal Condominio, costituiti dalle infiltrazioni d’acqua penetrate nel soffitto del secondo piano seminterrato, la Corte di appello ha motivato l’accoglimento della contestazione del committente affermando, da un lato, che il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato la causa del difetto nell’errata posa del manto impermeabile e, dall’altro, che la difesa dell’appaltatore, secondo cui la causa del danno era ascrivibile all’indebito passaggio delle autovetture dei condomini, aveva trovato smentita nella relazione dello stesso consulente, che aveva "evidenziato l’impossibilità che sulla soletta potessero salire, durante l’esecuzione dei lavori, altri mezzi stante lo stato della soletta con la sola impermeabilizzazione e la cabaletta che lo percorreva in senso longitudinale, provocando dislivelli di diversi centimetri, quindi l’impossibilità per qualunque mezzo di accedervi (pag. 6 ctu)", aggiungendo che "lo stesso corse Ilo, durante l’esecuzione dei lavori è sempre stato sbarrato a cominciare dalla rampa carraia e nessuno poteva accedervi (pag. 7 ctu)".

Tale accertamento appare però palesemente frutto di una errata valutazione delle risultanze racchiuse nella consulenza tecnica d’ufficio, la quale è stata riprodotta interalmente dal ricorrente in osservanza del principio di autosufficienza. Dalla lettura di tale atto emerge infatti che il consulente d’ufficio non aveva affatto accertato le cause delle infiltrazioni, nè le aveva poste a carico dell’appaltatore, ma si era limitato a rappresentare, senza assumere posizione al riguardo, che entrambe le cause indicate dalle parti erano possibili, dal momento che i difetti riscontrati apparivano "ricondncibili ad una ipotetica errata posa in opera del manto impermeabile o della mancata cura dei particolari (esempio raccordi con bocchettoni per lo scolo delle acque o del raccordo con le pareti verticali) o al distacco delle guaine per sollecitazioni meccaniche successivamente al collaudo effettuato dal Direttore dei lavori come risulta dagli atti di causa". L’errore sopra evidenziato della Corte di appello trova altresì ulteriore riscontro nel rilievo, sottolineato dalla ricorrente, che il richiamo alla consulenza tecnica d’ufficio da parte della sentenza fa riferimento alle pagine 6 e 7 della relazione, laddove essa appare invece composta di sole quattro pagine.

Sotto altro profilo, la sentenza impugnata è incorsa nel vizio di omessa valutazione degli atti di causa, laddove non ha esaminato l’atto di collaudo delle opere redatto dal direttore dei lavori nominato dal Condominio, che pure appare menzionato nella relazione del consulente tecnico d’ufficio ed ivi indicato come acquisito agli atti di causa. Di tale atto, la cui rilevanza ai fini dell’accettazione dell’opera e della responsabilità dell’appaltatore è indubbia ai sensi dell’art. 1667 cod. civ., non si rinviene alcun cenno nella sentenza impugnata, che pertanto, anche sotto tale aspetto, va incontro al vizio denunziato.

Analoghe considerazioni vanno svolte in ordine al capo della sentenza di secondo grado che ha respinto la domanda dell’impresa di pagamento delle opere extra contratto, dal momento che anche su questo punto essa richiama in modo errato la relazione del consulente tecnico d’ufficio a pagina 8. Per contro, nella predetta relazione, alle pagine 3 e 4, il consulente aveva invece riferito che nel corso della esecuzione dei lavori erano state eseguite varianti ed opere impreviste, con particolare riguardo alla sistemazione dell’impianto elettrico, ed aveva altresì riconosciuto, in quanto concordata con il direttore dei lavori, la variazione dei materiali impiegati dall’impresa per l’esecuzione dei lavori.

Il ricorso va pertanto accolto in relazione al secondo e terzo motivo e la sentenza cassata, con rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Milano, che provvedere anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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