Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-10-2011) 07-12-2011, n. 45689 Reato continuato e concorso formale

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 7/2/08 dichiarava F. L. colpevole del reato di cui all’art. 81 cpv. e art. 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., n. 1 perchè, in occasioni diverse, mediante violenza consistita nel poggiarsi, profittando dell’affollamento di persone a bordo dell’autobus di linea (OMISSIS) sul corpo della p.o. e nello spingere con l’organo genitale, ovvero nel palpare e nello stringere con forza il sedere della stessa, costringeva le minori P.P., D.C.M., P.M., B.N., C.S. e C. R. a subire atti sessuali, con l’aggravante di avere commesso il fatto nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 14, e lo condannava alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione, dichiarava lo stesso interdetto in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente la tutela e la curatela.

La Corte di Appello di Napoli, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse del prevenuto, con sentenza dell’11/12/09, ha confermato il decisum di prime cure.

Propone ricorso per cassazione la difesa del F. con i seguenti motivi:

– mancato esaustivo riscontro ai motivi di gravame avanzati con l’atto di appello, essendo evidente che il giudice di seconde cure si sia appiattito sul discorso giustificativo, già sviluppato dal Tribunale in punto di non imputabilità, ex art. 88 c.p. del prevenuto: l’argomentare del perito, nominato al fine di vagliare la capacità dell’imputato, palesa contraddizioni in punto di accertata schizofrenia paranoie e di contro di non ritenuta insussistenza totale della stessa capacità in capo al F. tale da renderlo non imputabile;

– falsa applicazione dell’art. 609 bis c.p., comma 3 rilevato che, per le modalità con cui si è concretizzata l’azione del prevenuto, andava riconosciuta la ricorrenza della minore gravità, che avrebbe permesso al F. di fruire del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, adottata dal giudice di merito per affermare la responsabilità del prevenuto, in ordine al reato ad esso ascritto, si palesa del tutto logica e correità Il decidente richiama quanto accertato dagli operanti, che intervennero alla fermata dell’autobus (OMISSIS): gli ufficiali di p.g. rinvennero un gruppo di ragazzine e di persone adulte oltre un uomo, a cui impedirono di darsi alla fuga, ed accertarono che da tempo quest’ultimo, identificato nella persona del F., saliva a bordo dell’autobus per effettuare sulle giovani studentesse palpeggiamenti, pressioni col proprio organo genitale sul fondo schiena di queste, sfregamenti e leccamenti.

La Corte distrettuale, a giusta ragione, rileva, in merito alla eccepita incapacità di intendere e volere dell’imputato, che il disturbo che lo affligge non è tale da rendere insussistente l’elemento soggettivo, in quanto il vizio parziale di mente incide sulla spinta emozionale che ha condotto il soggetto al reato e non sull’elemento intenzionale, anche meramente istintivo, che lo ha mosso: il consulente tecnico di ufficio, dott. R.M., dopo avere rilevato che la diagnosi formulata dal consulente di parte e la documentazione clinica presente in atti del fascicolo afferivano alla categoria della schizofrenia, non ha condiviso dette conclusioni non avendo riscontrato nel F. i tratti fondamentali di detta patologia, quali la perdita di unitarietà e coesione, di armonia e sintonia tra i diversi aspetti della personalità, presentando il prevenuto una condizione di buon compenso psichico, avente un rapporto con la realtà e con il contesto accettabili, tale da consentire allo stesso di partecipare coscientemente al processo.

Osservasi, peraltro, come in ipotesi di reato commesso da seminfermo di mente vada, comunque, accertata la sussistenza dell’elemento psicologico, atteso che quest’ultimo non è incompatibile con una ridotta capacità, residuando, pur sempre, anche nello status di imputabilità diminuita, la capacità di intendere e volere, la cui diminuzione può avere rilevanza nei reati a dolo specifico, ma non in quelli caratterizzati da dolo generico (Cass. 17/10/2000, n. 9202).

Nel caso in esame è sufficiente il dolo generico, compatibile col vizio parziale di mente (Cass. 8/10/09, n. 41357), e sussiste piena compatibilità logica e giuridica, tra ritenuta intensità del dolo e riconoscimento della ridotta capacità: tra la diminuente del detto vizio, che attiene alla capacità di intendere e volere e alla imputabilità, e la intensità del dolo, considerato come grado rilevante della determinazione a conseguire il proposito criminoso, esiste la autonomia concettuale, posto che la prima riguarda la sfera psichica del soggetto e il momento formativo della volontà, mentre la seconda concerne il momento in cui la volontà si manifesta e persegue l’obiettivo considerato (Cass. 18/1/95, n. 3633; Cass. 10/3/03, n. 16260; Cass. 7/4/05, n. 19248).

Del pari priva di pregio si palesa la censura attinente al mancato riconoscimento della ipotesi di minore gravità, sia perchè il diniego formulato dal decidente appare del tutto correttamente motivato, con puntuali richiami alle modalità dei fatti e al numero delle giovani minorenni, rimaste vittime dei morbosi atti sessuali commessi in loro danno, sia perchè la doglianza, in sè, si rivela, con netta evidenza generica.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il F. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso deve, altresì, a norma dell’art. 616 c.p.p. essere condannato al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti nella misura di Euro 1.000.00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000.00 in favore della Cassa delle Ammende.

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