Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-06-2012, n. 10950 Beni di interesse storico, artistico e ambientale proprietà privata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 19/12/1992 La IDA S.p.A. ora Italiana Distribuzione Autotelevie s.r.l. (d’ora in avanti per brevità, semplicemente IDA) conveniva in giudizio l’Azienda Autonoma Assistenza Volo (ora Ente Nazionale Assistenza Volo e, per brevità, semplicemente ENAV) e, premesso di avere acquistato in data (OMISSIS) da Leasing Immobiliare S.p.A. un complesso immobiliare e che una porzione di circa 100 mq era stata occupata senza titolo da ENAV, chiedeva la condanna di quest’ultima al rilascio del terreno occupato, al pagamento di una indennità di occupazione e al risarcimento danni.

L’ENAV si costituiva e contestava le attoree domande eccependo l’avvenuta usucapione per possesso ultraventennale del bene oggetto della domanda attrice. Con sentenza del 21/10/2002 il Tribunale di Roma rigettava le domande di rilascio, pagamento indennità e danni proposte da IDA ritenendo fondata l’eccezione di maturata usucapione.

IDA proponeva appello contestando che fosse stata raggiunta la prova dell’eccepita usucapione e contestando la demanialità dell’area, invocando la disapplicazione del D.M. che l’aveva dichiarata.

ENAV si costituiva e chiedeva il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata.

La Corte di Appello di Roma con sentenza del 18/9/2009 rigettava l’appello e confermava la sentenza appellata ritenendo fondata l’eccezione di usucapione e infondate le censure dell’appellante con il conseguente rigetto della domanda attrice, sulla base dei seguenti motivi: il possesso ultraventennale era provato non solo dalla lettera 24/9/1991 con la quale la precedente proprietaria (Leasing Immobiliare) chiedeva un indennizzo per l’occupazione del terreno da parte dell’aeronautica Militare sin dal 1952, ma anche dalle aerofotogrammetrie del 30/8/1954 e del 29/11/1984 che dimostravano che sull’area erano stati realizzati i manufatti adibiti all’attività di assistenza al volo e che lo stato dei luoghi era rimasto immutato per oltre trenta anni; l’Aeronautica Militare e i successivi possessori avevano inoltre esercitato il possesso in modo non clandestino nè violento, ma dimostrando di ritenersi proprietari, tanto che non avevano mai dato riscontro alle richieste di pagamento canoni o indennità; inidonee a escludere il possesso ultraventennale erano, inoltre le testimonianze dei testi F. e A. e, anzi, il primo aveva confermato che il possesso era anteriore agli anni 80;

– la durata ultraventennale del possesso mai interrotto era provata dalla continuità di esercizio dei servizi di volo nei fabbricati realizzati fin dagli anni 50 e dagli atti amministrativi (tra cui un verbale di consegna del 18/2/1986 dal Min. Difesa all’Amministrazione Finanziaria e da questa all’Azienda Autonoma Assistenza Volo) che dimostravano come il terreno fosse stato sempre ritenuto appartenere al patrimonio dello Stato; il possesso anteriore e il possesso successivo facevano dunque presumere ai sensi dell’art. 1142 c.c. il possesso intermedio;

il vincolo storico monumentale, addotto dall’appellante quale causa impeditiva dell’usucapione, costituiva una eccezione che, oltre ad essere inammissibile per tardività era anche infondata in quanto il vincolo non faceva venir meno la natura privata del bene e l’obbligo di comunicazione alla Sovrintendenza per l’esercizio della prelazione era applicabile agli atti di trasferimento e non agli acquisti a titolo originario;

– le questioni relative ai provvedimenti amministrativi che riguardavano, il bene oggetto di usucapione erano irrilevanti ai fini del giudizio in quanto gli atti in discussione erano intervenuti dopo il compimento dell’usucapione e cioè quando il bene era già entrato titolo originario nel patrimonio dello Stato;

– il giudizio aveva ad oggetto solo l’area di circa mq. 100, come individuata in atti e pertanto le statuizioni della sentenza sì limitavano a tale area e non interessavano tutto il compendio immobiliare.

IDA s.r.l. propone ricorso per Cassazione affidato a cinque motivi e deposita memoria.

ENAV è rimasta intimata.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce il vizio di contraddittoria motivazione in quanto la Corte di appello avrebbe ritenuto comprovato il possesso utile all’usucapione sulla base di elementi di prova (lettera Immobiliare Leasing, dichiarazioni dei testi F. e A., verbale di consegna del 18/2/1986) che non riguardavano il terreno oggetto della domanda, ma altre aree coincidenti con quelle oggetto di altro e diverso giudizio.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di omessa e/o insufficiente motivazione; muove dalla premessa che l’oggetto del giudizio è costituito da una porzione della particella 174 del foglio 11 dell’area di Monte Cavo Vetta e conclude che il giudice di appello non aveva motivato circa la rilevanza delle prove raccolte a dimostrare il possesso, continuo e utile all’usucapione in quanto connotato dall’animus possidendi, del lembo di terra così individuato, nè sarebbero rilevanti e sufficienti per la motivazione le aerofotogrammetrie in quanto inidonee a dimostrare la destinazione di uso, l’utilizzazione ininterrotta, l’attività esercitata, l’identità del possessore e neppure l’animus possidendi.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 2697 c.c. in quanto la Corte di Appello avrebbe accolto l’eccezione di usucapione in mancanza della prova della quale era onerata l’ENAV che aveva formulato l’eccezione.

I tre motivi devono essere esaminati congiuntamente in quanto attengono alla valutazione del materiale probatorio e alla idoneità per la prova dell’usucapione del terreno oggetto di causa.

Ida, da un lato (con il primo motivo) contesta la riferibilità delle prove al terreno in contestazione e, dall’altro (con il secondo e il terzo motivo), l’idoneità probatoria degli elementi istruttori valorizzati dal giudice di appello ai fini della prova della maturata usucapione.

IDA, tuttavia non ha mai specificamente contestato che la lettera di Leasing Immobiliare (nella quale la dante causa degli attori contestava all’Aeronautica Militare e alla AAAV l’occupazione senza versamento di alcun corrispettivo, dal 1952, di aree e immobili siti in Monte Cavo Vetta) si riferisse anche all’occupazione di quel lembo di terra da parte di ENAV (già AAAV specificamente indicata nella lettera) e, quindi, l’elemento probatorio era utilizzabile ed è stato correttamente utilizzato; le aerofotogrammetrie all’area in discussione (che, secondo il giudice di appello fornivano la prova che sull’area oggetto di causa erano stati realizzati manufatti destinati all’attività di assistenza al volo) costituiscono riscontro (anche con riferimento all’individuazione dell’area) dell’elemento probatorio costituito dalla lettera, così come il verbale di consegna che, seppure non identificando, quale oggetto di consegna, il lembo di terra, integra gli elementi probatori dimostrando come, l’area era interessata dall’attività dell’aeronautica militare dell’AAAV, come, del resto confermato dal teste F., la cui testimonianza è stata pure valorizzata dalla Corte di Appello. La ricorrente inammissibilmente critica la decisività di ogni singolo elemento istruttorio senza considerare che la Corte di Appello, non ha valutato un singolo elemento, ma correttamente (in applicazione del principio quae singula non probant unita probant) l’intero compendio probatorio.

La riferibilità degli elementi istruttori al terreno in contestazione, evincibile dalle considerazioni sopra svolte, non è esclusa dagli elementi addotti dalla ricorrente e, d’altra parte, ove effettivamente la sentenza fosse effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa, il ricorso sarebbe inammissibile in quanto la sentenza avrebbe dovuto essere impugnata davanti allo stesso giudice che l’ha pronunciata con il mezzo della revocazione. In conclusione i tre motivi devono essere rigettati in quanto infondati.

4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. nella formulazione anteriore alla L. n. 353 del 1990 quanto alla ritenuta inammissibilità dell’eccezione di non usucapibilità del bene perchè soggetto a vincolo storico monumentale; la ricorrente deduce che l’eccezione, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di Appello, poteva essere sollevata anche nel giudizio di appello perchè l’art. 345 c.p.c., nel testo anteriore alla riforma del 1990 e in concreto applicabile, non precludeva la proposizione di nuove eccezioni in appello e che, in ogni caso, il rilievo di non usucapibilità non poteva essere inteso come eccezione, ma come deduzione difensiva rispetto all’eccezione di usucapione.

5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce violazione falsa applicazione dell’art. 1158 c.c. in relazione alla L. 26 novembre 1939, n. 1089, art. 30 perchè il terreno, soggetto a vincolo storico monumentale non sarebbe suscettibile di usucapione; sostiene che diversamente opinando si eluderebbero i vincoli posti nell’interesse pubblico a che la P.A. sia posta nella condizione di monitorare i beni, di intervenire in caso di abusi, di esercitare la prelazione.

6. Il quinto motivo è sicuramente esaminabile ancorchè la Corte di Appello abbia ritenuto inammissibile l’eccezione formulata in appello da IDA, perchè la Corte territoriale non si è limitata a ritenerla inammissibile, ma l’ha esaminata nel merito ritenendola infondata e, quindi, la conferma dell’infondatezza dell’eccezione priva di rilevanza il quarto motivo con il quale si censura la ritenuta inammissibilità. Il suddetto quinto motivo è, infatti, manifestamente infondato perchè l’art. 30 dell’allora vigente L. n. 1089 del 1939 stabiliva, per le cose di interesse storico -artistico appartenenti a privati, semplicemente l’obbligo di denunziare al Ministro della Pubblica Istruzione ogni atto che comportasse il trasferimento in tutto o in parte della proprietà o della detenzione del bene, anche nel caso di successione mortis causa (imponendo l’obbligo di comunicazione all’erede) e l’art. 31 accordava il diritto di prelazione al Ministro della P.I.; tali previsioni si raccordavano con la previsione di nullità degli atti compiuti in violazione del diritto di prelazione e pertanto appare del tutto evidente che la normativa non è applicabile all’usucapione, che attiene agli effetti di un possesso protrattosi per un ventennio e non ad un atto giuridico e, inoltre, la prevista nullità è stabilita solo nell’interesse dello Stato e non può essere fatta valere nei rapporti tra privati (Cass. S.U. 9/12/1985 n. 6180; Cass. 12/10/1998 n. 10083).

Ne discende l’inammissibilità, per difetto di interesse, del quarto motivo.

7. In conclusione il ricorso, manifestamente infondato, deve essere rigettato; non v’è luogo a provvedere sulle spese stante la mancata costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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