Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-06-2012, n. 10949 Esercizio delle servitù

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Svolgimento del processo

C.G., con atto di citazione del 25 giugno 1998, conveniva, davanti al Tribunale di Napoli, la sorella F. A. ed esponeva: a) esso istante e la germana F.A. erano proprietari di alcuni beni immobili siti in (OMISSIS) dettagliatamente descritti nell’atto di divisione dell’eredita di C.N.; b) il fabbricato attribuito ad esso istante era da sempre collegato alla via (OMISSIS) con una vecchia strada pedonale resa carrabile a spese di esso attore, con servitù di solo passaggio pedonale a favore di altri aventi diritto; c) che nell’art. 3 dell’atto di divisione era stato stabilito che la strada esistente sarebbe stata ulteriormente ampliata per tutta la sua larghezza, ma l’ultimo tratto lo sarebbe stato solo al verificare della condizione sospensiva descritta, e, cioè, quando C.A.F. avesse creato un accesso carrabile congiungente le particella 278 e 402 con le particella 277 e 56 tutte di sua proprietà, in tal caso esso istante avrebbe potuto accedere anche con autovetture, avendo presente che il tratto di strada invadeva il lato nord della particella 278 che in parte era di proprietà degli eredi di C. S., che vi avevano edificato una baracca in lamiera non risultante nella planimetria allegata all’atto di divisione; d) che si era convenuto di consentire il passaggio solo con autovetture e non con mezzi pesanti; e) la suddetta condizione si era da tempo verificata, avendo C.A.F. realizzato il passo carrabile di congiunzione della particella 278 con la particella 277;

f) che nonostante ciò la convenuta non aveva ancora ottemperato agli obblighi di ampliare fino a metri 3 quel tratto di strada che doveva ricadere sulla sua proprietà rendendo libero e carrabile il cortile sul quale l’attore doveva esercitare il passaggio anche carrabile e sul quale, invece, erano stati collocati ostacoli di vario tipo; g) che la convenuta stava da qualche tempo concedendo ai fondi limitrofi, contrassegnati con le particelle 83 e 377 il passaggio attraverso il suo fondo, passaggio che implicava anche l’uso della strada comune mentre solo la particella 83 aveva diritto di passaggio pedonale sulla linea di confine delle particelle 277 e 278 entrambe di proprietà della medesima convenuta; f) che tale concessione di passaggio era illegittima non solo perchè proveniente a non domino, ma anche perchè costituente aggravamento della servitù esistente inter partes. Ciò premesso, chiedeva: a) dichiarare l’attore titolare del diritto di passaggio pedonale e carrabile, così come stabilito con atto di divisione notar Margarita; 2) obbligare la convenuta ad eseguire tutte le opere necessarie per la sicurezza e l’effettivo esercizio della servitù, ampliando la parte di strada che collega la parte del cortile con la strada comune da parte di levante fino alla larghezza di metri tre interamente nella sua proprietà; 3) ordinare alla convenuta di eliminare ogni ostacolo all’esercizio della servitù; 4) dichiarare la strada oggetto della servitù di proprietà delle parti con esclusione di ogni terzo estraneo e 5) dichiarare l’inesistenza di ogni atto di disponibilità posto in essere della convenuta con particolare riguardo alla concessione unilaterale del passaggio a favore dei fondi limitrofi, con l’eliminazione del passo carrabile aperto dalla convenuta a favore dei fondi limitrofi e riduzione dello stesso in modo da esercitare il solo passaggio pedonale dalla particella 83; 6) condannare la convenuta al risarcimento del danno.

Si costituiva la convenuta che resisteva deducendo di aver adempiuto gli obblighi assunti con l’art. 3 dell’atto di divisione dell’eredità. Affermava di non aver concesso il passaggio a terzi, che comunque, esercitavano il passaggio da molti anni con il tacito consenso dello stesso attore. Deduceva, altresì, che era l’attore inadempiente alle pattuizioni di cui all’atto di divisione e proponeva domanda riconvenzionale per sentirlo condannare all’ampliamento del tratto di strada proveniente da via (OMISSIS) e della porzione di strada che si trovava sulla sua particella 35 fino a metri 3.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 698, rigettava entrambe le domande e dichiarava interamente compensate le spese.

Avverso tale sentenza proponeva appello C.G. per diversi motivi e chiedeva che venissero accolte le domande così come formulate con l’atto di citazione introduttivo del giudizio.

Si costituiva l’appellata chiedendo il rigetto dell’infondato ed inammissibile gravame.

La Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 1518 del 2006 rigettava;

l’appello, dichiarando inammissibile il settimo motivo, condannava C.G. al pagamento delle spese giudiziarie. A sostegno di questa decisione la Corte di Appello di Napoli osservava: a) che esisteva sul cortile di proprietà esclusiva di C.F. uno spazio sufficiente al transito autovetture; b) la fioriera e la panchina non creavano ostacolo all’esercizio del diritto di servitù;

c) ininfluente era la circostanza che terzi vantassero dritti di servitù perchè nulla impediva all’appellante di far valere il suo diritto nei confronti di detti terzi. D) infondato era il motivo con il quale C.G. chiedeva al Tribunale di impedire che terzi (precisamente i proprietari della particella 83) passassero sulla strada comune senza averne il diritto.

La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli è stata chiesta da C.G. con atto di ricorso affidato ad otto motivi. C.A.F., regolarmente intimata, in questa fase non ha svolto alcuna attività difensiva.

Motivi della decisione

1. In via preliminare questa Corte evidenzia che il ricorso è articolato in otto motivi e per nessuno dei motivi di censura è stato formulato il quesito di diritto e/o laddove necessario il cd.

quesito d fatto. In ragione di ciò e considerato che il presente ricorso era soggetto, ratione temporis, al rispetto dell’art. 366 bis c.p.c. come introdotto dall’art. 6 D.Lgs. n. 40 del 2006, (successivamente abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 47), il ricorso va dichiarato inammissibile.

1.1.a) Come ha affermato questa Corte, in più occasioni (per tutte cfr. Cass. n. 23153 del 07/11/2007): "E’ inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 40 del 2006, il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte; più specificamente, deve escludersi che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione dei motivi di ricorso, la quale non è sufficiente ad integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dalla richiamata disposizione" Così come, questa Corte ha avuto modo di affermare (fra le altre cfr. Cass. n. 24255 del 18/11/2011) che "E’inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., per le cause ancora ad esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, qualora non sia stato formulato il ed, quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la "ratio" che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito".

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.200,00 d cui Euro 200,00 per esborsi e oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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