Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-10-2011) 07-12-2011, n. 45672

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. P.S. è rimasto coinvolto in un incidente stradale; nei suoi confronti sono state formulate le contestazioni di omicidio colposo e di violazione degli articoli 186 e 187 del codice della strada per essersi messo alla guida del suo veicolo in stato di ebbrezza alcolica e sotto l’effetto di sostanze psicotrope, così cagionando l’incidente stradale mortale avvenuto in (OMISSIS).

Il tribunale di Oristano, provvedendo sulla concorde richiesta delle parti, ha dichiarato non doversi procedere per la guida in stato di ebbrezza perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato, dal momento che l’ipotesi risultava riconducibile all’art. 186, lett. a) che è stata depenalizzata; quanto alla contestazione ex articolo 187, il tribunale assolveva il P. per insussistenza del fatto. Rilevava il tribunale che l’accertamento secondo cui il prevenuto era risultato positivo all’uso delle sostanze stupefacenti non è, per costante giurisprudenza, sufficiente a ritenere la responsabilità; infatti, rimanendo i metaboliti delle sostanze in circolo a lungo nell’organismo, ben oltre il cessare degli effetti dello stupefacente, la guida sotto l’influenza di stupefacenti non può presumersi per la sola circostanza dell’accertamento positivo.

Nè era possibile fare riferimento alla condotta tenuta dall’imputato, che aveva cagionato un incidente stradale, dal momento che al medesimo era stata contestata anche la guida in stato di ebbrezza e non sarebbe stato possibile stabilire se la condotta che aveva determinato l’incidente fosse rapportabile all’uso dello stupefacente o a quello dell’alcol.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il procuratore Generale della Repubblica di Cagliari. Con un primo motivo deduce violazione di legge in quanto la decisione del tribunale ha esorbitato dai poteri – doveri attribuiti dall’ordinamento al giudice in caso di applicazione della pena su richiesta; ciò in quanto il giudice avrebbe accolto solo parzialmente la richiesta, per i reati di cui agli artt. 186 e 187 C.d.S. e non per il reato di cui all’art. 589 c.p., modificando in tal modo il patto e sostituendo la propria volontà a quella delle parti stesse. Con un secondo motivo il ricorrente sottolinea che nel procedimento di applicazione della pena, l’esame preliminare che il giudice è tenuto a compiere consiste in una ricognizione allo stato degli atti, che può condurre ad una pronuncia di proscioglimento soltanto se le risultanze disponibili rendano palese l’obiettiva esistenza di una causa di non punibilità, indipendentemente dalla valutazione delle parti e senza la necessità di approfondimenti probatori e di ulteriori acquisizioni. Nel caso di specie il giudice è andato oltre i limiti suindicati, operando una valutazione inconciliabile con i limitati poteri valutativi derivanti da una corretta applicazione dell’art. 129 c.p.. E infatti il secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità della guida sotto l’influenza di stupefacenti è necessario che lo stato di alterazione del conducente dell’auto venga accertato attraverso l’esame tecnico sui liquidi biologici, escludendosi che tale stato possa essere desunto da elementi sintomatici esterni. Nel caso di specie, questo accertamento è stato effettuato con esito positivo e ciò, attesi i limitati fini del patteggiamento, doveva escludere una possibilità di assoluzione ex art. 129. E’ vero che la presenza del principio attivo persiste per un certo arco temporale dopo l’assunzione dello stupefacente, sicchè potrebbe non costituire prova certa di uno stato di alterazione da sostanze stupefacenti;

sarebbero, quindi, necessari elementi di riscontro esterni, come ad esempio la deposizione degli operanti, in modo da poter pervenire una pronuncia di condanna al di là di ogni ragionevole dubbio. Tale approfondimenti probatori sono però correlati ad un accertamento processuale ordinario, mentre risultano inconferenti, invece rispetto al proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p. che richiede la immediata, obiettiva esistenza di una causa di non punibilità, senza necessità di ulteriori acquisizioni.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

1.1 Osserva il Collegio, quanto al primo motivo, che dalla stessa intestazione della sentenza risulta che la medesima ha avuto per oggetto solo le contestazioni di cui agli artt. 186 e 187 C.d.S., mentre per il reato di cui all’art. 589 cod. pen. il giudice ha provveduto separatamente, come confermato dall’esame degli atti da cui risulta una separata sentenza di applicazione della pena.

1.2 Il secondo motivo è, ad avviso del Collegio, infondato. Occorre premettere che secondo la più attenta e recente giurisprudenza di questa Corte (sez. 4^11.6.2009 n. 41796 rv. 245535; sez. 4^ 11.8.2008 n. 33312 rv. 241901) il reato di guida in stato di ebbrezza è integrato dalla condotta di guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato dall’assunzione di sostanze e non già dalla mera condotta di guida tenuta dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti, sicchè ai fini del giudizio di responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma che l’agente abbia guidato in stato d’alterazione causato da tale assunzione. Ai fini dell’accertamento del reato è dunque necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psicofisica. Tale complessità probatoria si impone in quanto, come riconosciuto dallo stesso procuratore ricorrente, le tracce degli stupefacenti permangono nel tempo, sicchè l’esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione ad un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova al momento del fatto in stato di alterazione.

Tanto premesso, risulta corretta la decisione assunta che avendo rilevato l’assenza di quegli elementi probatori che normalmente sono necessari per la affermazione della responsabilità per il contestato reato, lo ha prosciolto ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.. Nè risultano violati i limiti del procedimento, ex art. 444 c.p.p., sicuramente il giudice deciso allo stato degli atti esistenti; nè qtfeTli di cui allo stesso art. 129, essendosi già chiarito che, poichè per l’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen., comma 1, non è richiesta l’evidenza delle condizioni in presenza delle quali deve darsi luogo al proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste nella detta disposizione, è da escludersi che esorbiti dalle proprie attribuzioni il giudice per le indagini preliminari il quale, a fronte di una richiesta di applicazione della pena dell’imputato, con il consenso del P.M., giunga, sulla base di approfondita motivazione, alla decisione di non accogliere la detta richiesta e di prosciogliere, invece, il prevenuto con formula ampiamente liberatoria. (sez. 4^ 10.2.1994 n. 1358 rv. 196507).

2. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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