Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-10-2011) 07-12-2011, n. 45665

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’appello di Roma ha parzialmente accolto l’istanza avanzata da B.B., intesa ad ottenere l’equa riparazione per ingiusta detenzione.

2. Ricorre per cassazione la richiedente. Si assume che la ingiusta carcerazione subita ha prodotto un danno di non poco momento sulla condizione esistenziale: il trauma dell’ingresso in carcere, la condizione di incensuratezza, la pubblicità, la cancellazione dell’organismo politico nel quale aveva militato. D’altra parte sono stati specificamente indicati danni economici individuati nella loro entità con la documentazione depositata ed in particolare la mancata percezione dell’indennità lavorativa e l’incremento di un debito contratto, dovuto alla mancata possibilità del suo pagamento. La Corte d’appello ha omesso di affrontare i temi posti alla sua attenzione ed ha trascurato di ponderare la concretezza dei danni subiti. Analogamente non è stata presa in esame l’ulteriore richiesta relativa alla mutuazione di un diritto costituzionalmente garantito, quello della facoltà di associarsi e concorrere alla vita politica del paese.

Si lamenta altresì che la Corte ha errato nel determinare la durata della custodia in carcere protrattasi per 184 e non 154 giorni, sicchè l’indennizzo deve essere rideterminato in 69.000 Euro. Si richiede pertanto che l’errore venga corretto da questa Corte di legittimità. 3. L’ordinanza impugnata da conto che la richiedente ha subito ingiusta detenzione in relazione a contestazione afferente al reato di cui all’art. 270 c.p. e che il processo di merito si è risolto con pronunzia assolutoria perchè il fatto non sussiste, sicchè sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda. La detenzione in carcere è durata dal 3 maggio 2001 al 3 novembre 2001 e quindi per 154 giorni, e gli arresti domiciliari dal 4 novembre 2001 al 3 febbraio 2002 e quindi per 92 giorni.

Quanto alla determinazione dell’indennizzo si evocano i criteri aritmetici di determinazione ma si da conto altresì dei danni patrimoniali indicati nella domanda, dell’incensuratezza, della gravità delle accuse e del disagio derivato. In conseguenza, si ritiene di determinare l’indennizzo giornaliero in circa trecento Euro per la detenzione in carcere da ridurre a circa la metà per gli arresti domiciliari. Ne deriva un indennizzo complessivo di 60.000 Euro.

L’argomentazione sopra esposta è immune da censure per ciò che attiene alla determinazione dell’indennizzo giornaliero. Si è infatti richiamato il criterio aritmetico delineato dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, ma lo si è integrato attingendo alle peculiarità del caso concreto; con argomentazione diffusa ed immune da vizi logico-giuridici, che tiene conto della natura indennitaria dell’istituto.

Il gravame è invece fondato per ciò che riguarda la determinazione della durata della privazione di libertà. La motivazione è al riguardo affetta da insanabile contraddizione interna giacchè, come sopra esposto, da un lato si indicano periodi di restrizione che conducono ad una detenzione della durata di 184 giorni e dall’altro si assume che la privazione di libertà è durata 154 giorni. La sentenza deve essere sotto tale riguardo annullata con rinvio ai fini dell’esatto computo della durata della privazione di libertà e della conseguente determinazione dell’entità dell’indennizzo.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla misura dell’indennizzo, con rinvio alla Corte d’appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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