Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-10-2011) 07-12-2011, n. 45662

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’appello di Palermo ha parzialmente accolto la domanda di equa riparazione per l’ingiusta detenzione presentata da A. G. ed ha liquidato un indennizzo di 943,28 Euro.

2. Ricorre per cassazione il richiedente deducendo vizio di motivazione dell’ordinanza. Si lamenta che la Corte d’appello ha determinato l’indennizzo attenendosi ad un mero criterio aritmetico ed omettendo di enunciare le specifiche, significative circostanze che hanno assunto rilievo nel caso concreto, liquidando una somma di gran lunga inferiore rispetto a quella richiesta. In ogni caso, considerando che la custodia in carcere si è protratta dapprima per quattro giorni e successivamente per sedici giorni, l’indennizzo avrebbe dovuto essere determinato in relazione alla complessiva detenzione di venti giorni e non solo per i primi quattro.

L’ordinanza, inoltre, non tiene conto delle conseguenze personali, familiari, patrimoniali, morali derivate dalla privazione di libertà. Si è trascurato di valutare i nocumenti sia fisici che psichici documentati con certificazione medica. Non si è data neppure risposta alle deduzioni difensive inerenti al grave pregiudizio patito.

Oggetto di censura è altresì la statuizione inerente alla compensazione tra le parti delle spese del procedimento. Ai sensi dell’art. 91 c.p.c., avendo accolto la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, il giudice avrebbe dovuto condannare la parte soccombente al rimborso delle spese e degli onorari. L’ordinanza è carente di motivazione in ordine alle ragioni che hanno sorretto la decisione altamente discrezionale di compensare le spese tra le parti nonostante il diritto all’indennizzo sia stato riconosciuto.

2.1 L’Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato.

3. Il ricorso è infondato. L’ordinanza impugnata evidenzia che il richiedente è stato dapprima sottoposto a fermo di polizia giudiziaria e detenuto dal 31 gennaio al 3 febbraio 2003; e successivamente sottoposto alla custodia cautelare in carcere, in esecuzione di ordinanza del Gip del Tribunale di Palermo, dal 6 al 21 febbraio 2003, in relazione alla contestazione di due rapine nonchè del reato di associazione per delinquere. Il fermo non è stato convalidato per mancanza del pericolo di fuga; ed il processo di merito sì è concluso con pronunzia assolutoria, a seguito di giudizio abbreviato, ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, per non aver commesso il fatto.

La Corte d’appello considera altresì che, in relazione alla custodia cautelare patita in esecuzione dell’ordinanza sopra indicata, si evidenziano condotte gravemente colpose che vengono analiticamente esposte e che sono ritenute ostative all’accoglimento della domanda.

Al contrario, per ciò che attiene alla custodia sofferta in esecuzione del fermo di polizia giudiziaria, la mancata convalida dipendente dalla accertata mancanza di pericolo di fuga rende illegittima la custodia stessa; sicchè si configura diritto all’indennizzo che viene liquidato nella misura standard di 235,82 Euro al giorno. Si soggiunge che non è ragionevolmente ricollegabile al breve periodo di arresto illegittimo alcun ulteriore danno.

Alla luce di tale argomentazione occorre considerare che, per ciò che attiene alla reiezione della domanda a seguito di colpa grave, il ricorso per cassazione difetta radicalmente della necessaria specificità, non recando alcuna concreta censura alle argomentazioni esposte nell’atto.

Analogamente è a dirsi per ciò che attiene alla liquidazione dell’indennizzo sulla base del criterio aritmetico. La Corte d’appello, sia pur brevemente, considera che la privazione di libertà si è protratta per un breve periodo e che manca una ragionevole connessione causale tra tale evento ed alcuno specifico ulteriore danno. In ordine a tale apprezzamento, succinto ma concludente, il ricorrente non propone alcuna oggettiva, specifica obiezione, ma si limita ad evocare, diffusamente ma genericamente e per alcuni versi anche in modo non pertinente, arresti della giurisprudenza di questa suprema Corte. Dunque pure per tale profilo il gravame difetta di specificità.

Quanto alla compensazione delle spese, l’evocazione della specificità del caso e la assenza di conclusioni contrarie dell’Avvocatura distrettuale dello Stato giustificano la determinazione che, con implicita evidenza trova supporto nel solo parziale accoglimento della domanda.

Il gravame deve essere quindi rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente, che si ritiene congruo liquidare in Euro 750.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione in favore del Ministero resistente delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 750,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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