T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 11-01-2012, n. 66 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Parte ricorrente espone con il ricorso RG 288/92, notificato il 30.4.1992:

– di essere proprietaria di un suolo alla via S. Barbara del Comune di Crispano, sito in zona edificata ed urbanizzata ,classificata nel vigente strumento urbanistico come G1 di espansione intensiva, soggetta a lottizzazione convenzionata;

– di avere eseguito delle opere per le quali riceveva i gravati ordini ordini di demolizione, e lamenta:

violazione falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, non essendo dimostrata la sua qualità di proprietario del bene o responsabile dell’abuso;

difetto di motivazione, mancata indicazione dei termini e della autorità a cui ricorrere;

impossibilità di ottemperare alla misura demolitoria, stante il sequestro penale in atto;

eccesso di potere,illegittimità costituzionale dell’automatismo della misura della acquisizione anche per le aree pertinenziali del fabbricato;

mancata considerazione della presentazione di domanda di accertamento di conformità depositata il 17.1.1992.

Non si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata.

Con il successivo ricorso RG 4497/92 il C. e la Rea espongono:

– di avere presentato sin dal 17.1.1992 domanda ex art. 13 L. n. 47 del 1985 , sulla quale è stato emesso il gravato provvedimento di diniego che oppone la necessità di previ piani di lottizzazione convenzionata per le zone G, e quindi la mancanza del piano attuativo in concreto, nonché il contrasto con la riga C della tabella urbanistica ed edilizia allegata al vigente PRG.

tanto premesso, lamentano:

1- eccesso di potere,difetto di motivazione : erroneo è il riferimento alla necessità di un piano di lottizzazione convenzionata, trattandosi di comprensorio interamente urbanizzato di fatto;

2- difetto di istruttoria in relazione allo stato di urbanizzazione della zona;non sarebbe infatti zona di espansione ma di mero completamento, nella quale il piccolo fabbricato ad uso residenziale realizzato non inciderebbe sull’assetto urbanistico già di fatto consolidato;

3- difetto di motivazione ed eccesso di potere in quanto comunque essi avevano aderito ad un progetto di lottizzazione presentato a suo tempo da altro proprietario, piano mai esaminato dal Comune;

4- identiche censure: non si spiega quali siano le prescrizioni urbanistiche del richiamato rigo C della tabella allegata al PRG, e perché il progetto contrasta con esso.

Nella memoria depositata il 21.5.2010 il ricorrente sottolinea che dopo la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità perderebbe efficacia l’ordine di demolizione, per cui il Comune dovrebbe iniziare un nuovo procedimento sanzionatorio . Inoltre ribadisce che si tratta di diniego per mancanza dello strumento attuativo, e sottolinea gli elementi dai quali desumere la urbanizzazione di fatto della zona individuati nella:

delibera di CC 99 del 20.7.1987 che approva variante al PRG ed attesta che la zona tra via comunale Barbara e traversa Santa Barbara era altamente edificata;

sentenza della commissione tributaria provinciale emessa nel ricorso contro avviso di accertamento di valore per l’atto di acquisto del suolo, ove si afferma che si tratta di zona interessata da crescente sviluppo edilizio;

nota comunale del 22.12.2008 n. 15057 che riconosce la edificazione di fatto della zona;

sentenza 252/2009 della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso contro il valore dell’edificio dando atto che si tratta di zona edificata;

tipo di frazionamento del 27.2.2010 presentato dal Comune di Crispano all’agenzia del territorio, per l’aggiornamento censuario della banca dati, in cui attesta la completa edificazione ed urbanizzazione della zona.

Con il ricorso RG 7632/92 notificato il 24.7.1992 parte istante impugna la comunicazione del 22.5.1992 prot, 3904, notificata il 25.5.1992 che esprime il diniego sulla istanza ex art. 13( rif. pratica edilizia n. 2415 del 27.3.1992) relativa ad un fabbricato per civile abitazione.

La motivazione del diniego è la stessa di cui al precedente provvedimento del febbraio 1992; le censure sono riconducibili a quelle del ricorso RG 4497/92.

Con il ricorso RG 11477/92 notificato il 9.11.1992 si impugna il provvedimento di demolizione n. 97 del 11.9.1992 notificato il 15.9.1992.

Premesso che sono state impugnate quattro ordinanze di demolizione emesse per sanzionare un fabbricato alla via Santa Barbara ( composto da piano seminterrato, piano terra, primo piano per una superficie di 240 mq a piano e volume di 630 mc), il provvedimento odierno sanziona le ulteriori opere eseguite sul manufatto, consistenti in rifiniture: intonaci interni ed esterni, pavimentazione, impianto elettrico, idrico e di riscaldamento.

Si fa riferimento ad un accertamento del 5.9.1992 per prosecuzione dei lavori in violazione dei sigilli, apposti il 25.9.1991, 23.10.1991, 12.11.-26.11.6.12. e 20.12.1991.

Parte ricorrente lamenta:

– violazione art. 31 L. n. 457 del 1978, art. 7 L. n. 47 del 1985, eccesso di potere: si tratta di opere di lieve entità che non possono essere sanzionate con la demolizione- sarebbero opere di manutenzione straordinaria;

– difetto di motivazione:non si espongono le ragioni di pubblico interesse sottese alla demolizione;

– mancata considerazione della domanda di condono edilizio n. 1740/2005.

Con ricorso RG 6310/93 notificato il 3.5.1993 si impugna l’ordine di demolizione n. 18 del 24.2.1993 relativo ad ulteriori opere; con accertamento del 19.2.1993 è stata contestata una ulteriore violazione dei sigilli con completamento in ogni suo elemento dell’intero primo piano ,che comprende un’unica unità immobiliare abitata; il seminterrato, il rialzato e porticato e l’intera scala di accesso ai vari piani sono allo stato grezzo;

la parte lamenta:

– violazione artt. 7 e 10 L. n. 47 del 1985,eccesso di potere, difetto di motivazione: non risultano specificate le opere abusive da sanzionare, sono le stesse opere oggetto di precedenti provvedimenti demolitori; si tratterebbe di modeste opere di rifinitura non sanzionabili con la demolizione;

– difetto di motivazione sulle ragioni di pubblico interesse sottese alla demolizione;

– mancata considerazione di altra domanda di condono n. 3279/05 a nome di C.N., figlio del ricorrente C.G..

Non si è costituito il Comune intimato.

Alla pubblica udienza del 15.12.2011 tutti i ricorsi sono stati ritenuti in decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente va disposta la riunione di tutti i ricorsi in epigrafe, in quanto connessi soggettivamente (per la identità di parti processuali) ed oggettivamente, perché diretti alla impugnativa di atti relativi ad una unica vicenda edificatoria.

Il primo ricorso, il quarto ed il quinto sono diretti a contestare provvedimenti sanzionatori emessi dal Comune di Crispano a fronte della abusiva edificazione alla via Santa Barbara di un edificio composto da piano seminterrato, piano terra, primo piano per una superficie di 240 mq a piano e volume di 630 mc.

Parte ricorrente con successive memorie ha documentato di avere presentato due domande di condono edilizio in riferimento a tale fabbricato, non ancora definite dal Comune, e segnatamente .

— domanda 1740 del 28.2.1995 ai sensi della L. n. 724 del 1994 a nome C.G. ( per metà del seminterrato e primo piano).

— domanda 3279/05 del 30.3.1995 a nome di C.N..( per metà del piano seminterrato e per il piano rialzato)

La verificazione di tale circostanza rende detti ricorsi improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Infatti, secondo la giurisprudenza formatasi già a partire dall’introduzione dei precedenti condoni edilizi (art. 31 della L. 28 febbraio 1985 n. 47 ed art. 39 della L. 23 dicembre 1994 n. 724) ed alla quale il Collegio intende aderire, la presentazione dell’istanza di condono degli illeciti edilizi commessi rende improcedibile il ricorso avverso il provvedimento sanzionatorio degli illeciti stessi (cfr. per tutte TAR Lazio Roma, Sez. II bis, 17 maggio 2005 n. 3886, TAR Campania Napoli, Sez. IV, 9 maggio 2005 n. 5672, nonché la giurisprudenza ivi citata).

Tali disposizioni, nello statuire l’applicazione delle sanzioni previste dal Capo I per le opere non suscettibili di sanatoria o in caso di domande "dolosamente" infedeli, attestano che l’irrogazione delle sanzioni è fatto successivo alle determinazioni adottate in ordine alle domande di condono e, pertanto, costituisce fatto nuovo e diverso rispetto alle misure demolitorie adottate in precedenza, le quali rimangono, appunto, prive di efficacia per effetto della presentazione dell’istanza di condono (cfr, tra le altre, C.d.S., n. 3546/2008, già citata; C.d.S., n. 3659/2007, già citata; C.d.S., Sez. II, n. 624/2007; TAR Campania, Salerno, n. 2852/2007).

In particolare si è ritenuto che, una volta presentata la richiesta di condono edilizio, l’atto repressivo perda efficacia, giacché il riesame dell’abusività dell’opera, al fine di verificarne la possibile sanabilità, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, di accoglimento o di rigetto, che vale comunque a superare il contestato provvedimento sanzionatorio in virtù di una diversa valutazione dell’incidenza dell’abuso compiuto. Ne deriva che l’interesse ad agire del responsabile di quest’ultimo si trasferirebbe dalla domanda di annullamento della misura sanzionatoria già adottata a quella di annullamento dell’eventuale provvedimento di rigetto dell’istanza di condono; in tal caso, l’amministrazione dovrà riesercitare la propria potestà sanzionatoria, ingiungendo anche la demolizione, non senza assegnare al trasgressore un nuovo termine per ottemperare.

Ne consegue che la determinazione di demolizione già adottata in relazione ad opere per le quali risulti poi richiesto il condono edilizio diviene priva di efficacia.

Le riferite argomentazioni, delle quali si ribadisce la condivisione, si attagliano pienamente alla controversia in esame in parte qua ( ricorsi n. 1,4 e 5) , che deve essere quindi definita con la declaratoria di improcedibilità del ricorsi anzidetti per sopravvenuta carenza di interesse.

I ricorsi RG 4497/92 e 7632/92 sono diretti avverso il diniego di accertamento di conformità su domande del gennaio 1992 e del 27.3.1992.

Va preliminarmente rilevato che parte ricorrente ha affermato il perdurante interesse alla decisione di detti ricorsi,anche a seguito della domanda di definizione straordinaria degli illeciti edilizi, essendo l’eventuale accoglimento degli stessi il presupposto per la applicazione di una aliquota inferiore ai fini del computo della oblazione.

I ricorsi sono peraltro infondati e vanno respinti.

Com’è noto, l’accertamento di conformità previsto dall’art.13 della L. 28 febbraio 1985 n.47 è diretto a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza concessione o autorizzazione, ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l’area su cui sorgono (vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria: cd. "Doppia conformità").

Il provvedimento di accertamento di conformità assume pertanto una connotazione eminentemente oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali.

L’autorità procedente deve infatti valutare l’assentibilità dell’opera eseguita senza titolo, sulla base della normativa urbanistica ed edilizia vigente in relazione ad entrambi i momenti considerati dalla norma. Peraltro, una volta positivamente riscontrata, in concreto, la ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto cui tale normativa subordina la realizzazione dell’opera, essa è tenuta rilasciare il provvedimento permissivo richiesto.

L’amministrazione ha opposto la mancanza del piano attuativo richiesto dallo strumento urbanistico per la zona in questione, ed il contrasto dell’edificio con le prescrizioni di cui alla riga C della tabella allegata al vigente PRG:

Attraverso gli elementi introdotti e ribaditi in particolare nella memoria depositata il 21.5.2010 parte ricorrente richiama il noto orientamento giurisprudenziale secondo cui nelle zone già pienamente urbanizzate il rilascio di concessioni edilizie può prescindere dalla previa formazione di strumento esecutivo-attuativo; tuttavia l’applicazione di questo principio ha – secondo la giurisprudenza – un carattere eccezionale che presuppone una compiuta dimostrazione – evidentemente da parte di chi lo invoca – che lo stato di fatto sia tale da rendere con assoluta sicurezza del tutta superflua o inutile la formazione di uno strumento attuativo essendo già state compiutamente realizzate le finalità cui quest’ultimo è preordinato, tanto più che la medesima giurisprudenza ritiene che la valutazione sulla situazione di fatto – che consente di prescindere dalla redazione dello strumento attuativo – è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale del comune, insindacabile ad opera del giudice amministrativo, salvi i casi di abuso macroscopico, costituendo il giudizio sulla sufficienza delle infrastrutture esistenti "una sintesi delle ragioni di opportunità urbanistica che militano a favore o contro il rilascio della concessione in mancanza di disciplina pianificatoria di dettaglio" (Consiglio di Stato, sez. IV, 11 giugno 2002, n. 3253, T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 6 settembre 2004, 11664).

Nella fattispecie all’esame del Collegio deve rilevarsi che la prescrizione del PRG che subordina l’edificazione nella zona in questione alla previa adozione di piano attuativo non può ritenersi superata dalla situazione di edificazione della zona, dedotta dalla difesa dei ricorrenti; invero la censura si richiama all’orientamento giurisprudenziale in base al quale , nel caso di lotto intercluso o in altri analoghi casi nei quali la zona risulti totalmente urbanizzata( attraverso la realizzazione delle opere e dei servizi atti a soddisfare i necessari bisogni della collettività " quali strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell’acqua e dell’energia elettrica, scuole, etc. " ) si è ritenuto che lo strumento urbanistico esecutivo non sia più necessario e non possa, pertanto, essere consentito all’Ente locale un rifiuto al rilascio del titolo abilitativo basato sul solo argomento formale della mancata attuazione della strumentazione urbanistica di dettaglio (fra le altre, T.A.R. Campania, IV Sezione, 6.6.2000 n. 1819).

Tuttavia il Collegio ritiene di aderire al diverso orientamento che asserisce necessaria una verifica in ordine al grado di urbanizzazione del territorio . In tali casi, caratterizzati da una sostanziale, anche se non completa urbanizzazione, va affermato che la mancanza di un piano attuativo non può essere invocato ad esclusivo fondamento del diniego di concessione edilizia. In questa prospettiva, la reiezione di una istanza di concessione edilizia può giustificarsi soltanto nel caso in cui l’Amministrazione abbia adeguatamente valutato lo stato di urbanizzazione già presente nella zona ed abbia congruamente evidenziato le concrete e ulteriori esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 6.10.1992 n. 12 ; V Sezione, 3.10.1997 n. 1097, 25.10.1997 n. 1189 e 18.8.1998 n. 1273 ; T.A.R. Lazio, II Sezione, 29.9.2000 n. 7649 ; T.A.R. Campania, IV Sezione, 2.3.2000 n. 596 e 18.5.2000 n. 1413).

In sostanza, secondo l’opinione che il Collegio ritiene preferibile, se viene manifestata una volontà pianificatoria, attraverso la redazione di piani di esecuzione, di iniziativa pubblica o privata, volti a realizzare concretamente le scelte urbanistiche delineate nello strumento generale, anche con riferimento alle zone di completamento, la circostanza della loro più o meno completa urbanizzazione ed edificazione (pur in assenza dell’approvazione del piano attuativo, e per effetto di fenomeni d’edilizia abusiva o spontanea), non può valere, di per sé, a giustificare un giudizio di superfluità del piano attuativo medesimo, e a giudicare illegittimo il diniego di concessione, motivato in base all’assenza, nella pianificazione del territorio, dello strumento di dettaglio.

Nel caso di specie, vi è agli atti ( anche con riferimento al ricorso RG 1559/2009 relativo alla determinazione della oblazione ,ed introitato per la decisione alla odierna udienza pubblica ) certificazione del 2010 datata 6.6.2010 del tecnico comunale, il quale smentisce la presenza di sufficienti infrastrutture, stante la mancanza di strade: si afferma che l’intera area classificata come G1 è interessata parte da edilizia spontanea e per la maggior parte è libera. Non risultano presenti e realizzate opere di infrastrutturazione primarie e secondarie, essendo presente solo una strada.

Ancor prima vi è la relazione istruttoria comunale del 22.12.2008 prot. 15057, ove si evidenziano le carenze della pratica di condono, sotto il profilo della categoria di abuso, e a monte si relaziona sullo stato insufficiente di urbanizzazione della zona.

Conclusivamente, a fronte della valutazione della parte ( che richiama peraltro elementi in gran parte di molto successivi ai gravati atti) , si pone la valutazione del Comune che ribadisce trattarsi di aree edificate abusivamente, sì che proprio per la natura confusa e slegata da ogni regola di uso del territorio degli insediamenti abusivi, producono agglomerati con notevoli deficit di urbanizzazione.

Tanto comporta il rigetto dei ricorsi in argomento.

Nulla spese, stante la mancata costituzione in giudizio del Comune intimato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sui ricorso riuniti in epigrafe :

dichiara improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse i ricorsi RG 288/92, 11477/92 e 6310/93;

respinge i ricorsi RG 4497/92 e 7632/1992;

nulla in ordine alle spese, stante la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Carlo D’Alessandro, Presidente

Anna Pappalardo, Consigliere, Estensore

Paolo Corciulo, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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