Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-10-2011) 07-12-2011, n. 45661

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’appello di Napoli ha respinto l’istanza avanzata da B.L. intesa ad ottenere l’equa riparazione per l’ingiusta detenzione subita.

2. Ricorre per cassazione il richiedente. Si assume che la decisione è stata assunta sulla base di ravvisate condotte gravemente colpose, con argomentazioni che sono però fortemente contrastanti con quanto accertato dalla sentenza assolutoria di merito. Si è infatti affermato nel giudizio di merito che si è in presenza di un agente di polizia penitenziaria che, quale agente di polizia giudiziaria, è tenuto a prendere anche di propria iniziativa notizia dei reati e ad impedire che essi vengano portati conseguenze ulteriori; e che conseguentemente non si configurano gli ipotizzati reati ma solo condotte rilevanti disciplinarmente soprattutto in rapporto alla mancanza di tempestivo rapporto ai superiori in ordine alle attività di polizia compiute di propria iniziativa. Dunque l’agente non è in corso in comportamenti illeciti. Ciò nonostante la Corte della riparazione ha incongruamente attribuito rilievo a comportamenti anteriori alla formulazione dell’accusa, mentre la colpa giuridicamente rilevante nell’ambito considerato è soltanto quella afferente a comportamenti successivi.

In ogni caso, pur a voler ritenere che il richiedente abbia agito nell’esercizio delle sue funzioni con negligenza, va comunque individuato nesso eziologico tra tale condotta e la detenzione.

L’ordinanza manca di motivazione in proposito, non essendosi specificato in che termini comportamenti negligenti abbiano dato causa all’emissione del provvedimento in questione.

2.1 L’Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile oppure respinto.

3. Il ricorso è infondato. L’ordinanza impugnata pone in luce che la privazione di libertà è stata determinata da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in ordine ai reati di concussione, peculato e detenzione illegale di sostanze stupefacenti. Essa spiega altresì che la vicenda attiene all’iniziativa di alcuni agenti di polizia giudiziaria i quali, senza aver ricevuto disposizioni e senza aver avvisato i superiori, si recavano in più occasioni in una discoteca, entravano gratuitamente e compivano operazioni rivolte ad accertare il possesso di sostanze stupefacenti da parte di frequentatori dell’esercizio, procedendo a perquisizione e sequestro di alcune pasticche di exstasi. In nessun caso sono stati redatti verbali o annotazioni di servizio, nè gli agenti riferivano l’accaduto ai superiori gerarchici, le pasticche sequestrate non sono mai state versate come reperto ad alcuna autorità giudiziaria, di esse certamente si è impossessato uno degli imputati anche se è risultata incerta l’identificazione. Si assume che si è dunque in presenza della pretestuosa asserzione di dover compiere un servizio antidroga. Si da pure atto che la pronunzia assolutoria non ha individuato condotte penalmente irrilevanti in quanto descritto; ma si ritiene che le condotte accertate mostrano la violazione di rilevanti doveri professionali: le iniziative di polizia in assenza di incarico e essenza elementi di sospetto, la perquisizione ed il sequestro di sostanze in assenza di verbalizzazione, la ritenzione della droga, l’omissione di qualsiasi relazione in ordine alla attività compiute. Tali condotte sebbene non penalmente, rilevanti integrano plurime negligenze e violazioni dei doveri degli agenti di polizia penitenziaria.

Tale ponderazione è perfettamente conforme ai principi e non presenta vizi logico-giuridici che possano inficiarla. Si espongono, infatti, circostanze altamente rilevanti che, sebbene ritenute non decisive sul piano penale, sono state correttamente ravvisate come censurabili sul piano disciplinare. D’altra parte gli anomali comportamenti di cui si è sopra dato conto hanno avuto un implicito quanto evidente ruolo nell’adozione della misura cautelare: se le iniziative di polizia fossero state poste in essere in modo lineare e conforme alle regole che disciplinano la materia, l’ipotesi di comportamenti delittuosi non sarebbe neppure insorta.

Infine, la tesi secondo cui nell’ambito considerato rileverebbero solo le condotte colpose successive ai fatti oggetto d’indagine è totalmente priva di pregio, essendo in contrasto con la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte.

Il gravame deve essere quindi rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente, che si ritiene congruo liquidare in Euro 750.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione in favore del Ministero resistente delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 750,00.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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