Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-10-2011) 07-12-2011, n. 45683

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto notificato il 27.8.2009 veniva disposto il giudizio con rito immediato dinanzi al tribunale di Orvieto nei confronti di D. D. per il reato di violenza sessuale aggravata ed altro.

I difensori dell’imputato chiedevano al GIP l’ammissione al rito abbreviato condizionato alla escussione della p.o. e di altro teste ma l’istanza veniva dichiarata inammissibile dallo stesso GIP con procedura de plano sul rilievo che appariva superflua l’integrazione probatoria richiesta.

All’udienza dinanzi al tribunale l’imputato chiedeva di essere ammesso al rito abbreviato "secco", richiesta respinta in quanto ritenuta inammissibile poichè di contenuto diverso da quella formulata al GIP. Il processo, previa ammissione delle prove veniva rinviato ad altra udienza in cui l’imputato eccepiva la nullità del provvedimento de plano emesso dal GIP e di quella di tutti gli atti successivi che il tribunale rigettava in quanto tardiva ed infondata nel merito.

Di conseguenza, con sentenza del 16 dicembre 2009, all’esito di giudizio immediato, il tribunale di Orvieto, condannava D.D. alla pena di giustizia per i reati di violenza sessuale in danno della minore A..

Avverso tale decisione proponeva appello l’imputato deducendo che il tribunale di Orvieto aveva respinto la richiesta di rito abbreviato riproposta in sede dibattimentale dopo che il gip aveva dichiarato inammissibile l’istanza di ammissione al rito abbreviato condizionato presentata a seguito della citazione per il giudizio immediato.

Lamentava inoltre che il GIP, nel decidere in merito all’istanza in questione, l’aveva dichiarata inammissibile con provvedimento irritualmente emesso de plano e, cioè, senza avere fissato un’udienza al riguardo, così negando la fondatezza della richiesta delle integrazioni istruttorie, senza dare la possibilità alle parti interloquire e che successivamente, quando lo stesso imputato aveva chiesto in dibattimento l’ammissione al rito abbreviato, il tribunale senza affrontare correttamente tale pregresso aspetto processuale, aveva disatteso la richiesta ritenendo tardivamente sollevata l’eccezione di nullità dedotta con riguardo alla mancanza dell’udienza dinanzi al GIP ritenendo conseguentemente inammissibile la richiesta di rito abbreviato "secco".

La corte di appello di Perugia, con la sentenza in epigrafe, riformava la decisione di primo grado e, conseguentemente, dichiarava la nullità dell’ordinanza pronunciata dal gip presso il tribunale di Orvieto in data 15 settembre 2009 e gli atti conseguenti ivi compresa la sentenza emessa dal tribunale di Orvieto in data 16 dicembre 2009, ordinando la restituzione degli atti del procedimento al GIP presso il tribunale di Orvieto per quanto di sua competenza.

Avverso tale decisione ricorre in questa sede il procuratore generale della Repubblica presso la corte di appello di Perugia deducendo la violazione ed erronea applicazione dell’art. 458 del codice di procedura penale nonchè il travisamento dei fatti e l’omessa applicazione dell’art. 111 Cost..

Con il primo motivo si sostiene, in particolare, che, sulla base della giurisprudenza di legittimità, il gip investito della richiesta di rito abbreviato può senz’altro decidere l’inammissibilità della richiesta stessa indipendentemente dalle cause della inammissibilità non rilevando, in particolare, se si tratti di ragioni procedurali o valutative. Si fa rilevare, inoltre, come proprio la sentenza della Corte Costituzionale n. 169/2003, consentendo la riproposizione della richiesta di rito abbreviato condizionato, garantisce comunque il controllo sull’operato del gip. Si aggiunge inoltre che l’appellante non ha reiterato in termini la richiesta di rito condizionato ritenendola evidentemente egli stesso manifestamente infondata e che, pertanto, non poteva essere dichiarata la nullità in relazione ad una richiesta rinunciata. Si sottolinea infine la manifesta infondatezza della richiesta di rito condizionato. Con il secondo motivo si rileva come la procedura de plano risponda alle esigenze di speditezza e celerità del giudizio imposte dall’art. 111 Cost.. Il difensore di D.D. ha fatto pervenire in questa sede memoria con cui ribadisce la correttezza della decisione della corte di appello.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

Correttamente il giudice di appello ha affrontato la questione concernente la mancata fissazione dell’udienza da parte del GIP investito della richiesta di ammissione al giudizio abbreviato condizionato ritenendo che la decisione del tribunale abbia determinato una nullità di ordine generale ex art. 180 c.p.p..

All’uopo vanno considerate le argomentazioni utilizzate dalle Sezioni Unite nella sentenza del 28 aprile 2011 n. 30200, Rv 250348.

Nell’occasione le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo cui i termini di durata massima della custodia cautelare per la fase del giudizio abbreviato, anche nella ipotesi di rito non subordinato ad integrazione probatoria e disposto a seguito di richiesta di giudizio immediato, decorrono dall’ordinanza con cui si dispone il giudizio abbreviato e non dall’emissione del decreto di fissazione dell’udienza di cui all’art. 458 c.p.p., comma 2.

In quella decisione risultano tuttavia affermati alcuni principi dalla cui applicazione non si può prescindere per la soluzione della questione all’esame.

In motivazione la sentenza citata ha sottolineato, infatti, la non equiparabilità del decreto di fissazione dell’udienza con l’ordinanza ammissiva del rito abbreviato ed ha evidenziato come debba ritenersi del tutto pacifico in dottrina ed in giurisprudenza che per iniziare il giudizio abbreviato vi sia bisogno di un provvedimento ammissivo del rito emesso a conclusione di apposita udienza caratterizzata dall’oralità, nel corso della quale, in contraddicono delle parti, si valuteranno i requisiti formali di ammissibilità del rito e quelli sostanziali concernenti la fondatezza della richiesta di abbreviato cd. "condizionato".

Per quanto di interesse in questa sede si è aggiunto che prevedendo l’art. 458 c.p.p., comma 2 che "se la richiesta è ammissibile, il giudice fissa con decreto l’udienza", si debba necessariamente ritenere che il giudice, per emettere il decreto, è chiamato a valutare soltanto la esistenza dei requisiti di ammissibilità della richiesta, ovvero la tempestività della stessa, la legittimazione del richiedente, e la riferibilità della richiesta all’intero processo a carico dell’imputato; non anche la "fondatezza" della istanza, ovvero la compatibilità della integrazione probatoria richiesta con il rito prescelto; valutazione che è, invece, demandata al giudice dell’udienza il quale, all’esito del contraddittorio, potrà accogliere o rigettare la richiesta dell’imputato.

Si rileva in particolare che, pur non chiarendo il legislatore cosa debba intendersi con l’espressione, "se è ammissibile", appare tuttavia del tutto ragionevole individuare il contenuto del giudizio di ammissibilità nella valutazione della presenza dei requisiti formali della istanza, da tenere ben distinto dal giudizio sulla fondatezza della istanza, ovvero sulla compatibilità della integrazione probatoria richiesta con la specialità del rito abbreviato.

Ed hanno concluso le Sezioni Unite che appare del tutto ragionevole ritenere che il giudizio sulla ammissibilità, caratterizzato dai limiti sopra indicati, possa essere affidato anche ad un giudice "incompatibile" che adotterà il decreto de plano, ovvero senza contraddittorio, mentre quello concernente la "fondatezza" della richiesta debba essere affidato al giudice competente a giudicare con il rito abbreviato, che pronuncerà la ordinanza ammissiva all’esito della udienza celebrata in contraddittorio tra le parti.

Soprattutto si afferma che il giudice chiamato a valutare la fondatezza della domanda di rito abbreviato proposta nell’ambito del giudizio immediato ed a celebrare poi il relativo procedimento speciale, non può essere, per ragioni di incompatibilità ex art. 34 c.p.p., comma 2, lo stesso che abbia decretato l’accoglimento della richiesta del pubblico ministero di giudizio immediato.

Nè vale sostenere – come fa il PG ricorrente – che la richiesta di rito abbreviato condizionato doveva intendersi comunque rinunciata a seguito della richiesta di rito abbreviato "secco".

Premesso che rientra tra le facoltà dell’imputato quella di rinunciare o modificare i termini della richiesta del rito alternativo sino all’udienza in cui il GIP decide sull’ammissione al rito, non vi sono elementi per contraddire la tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui: a) in mancanza di tale udienza nessuna preclusione al mutamento della richiesta poteva essere ritenuta operante; b) la richiesta di rito abbreviato "secco" era da ricondurre unicamente all’intento di non perdere il beneficio della riduzione di pena; c) solo all’esito della ordinanza di inammissibilità anche di quest’ultima richiesta si era reso indispensabile dedurre la nullità restando altrimenti preclusa la possibilità di riduzione della pena per la scelta del rito.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

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