Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-10-2011) 07-12-2011, n. 45882 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro, adito ex art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza in data 10 gennaio 2011 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata applicata a C.G. la misura della custodia cautelare in carcere in ordine ai reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (capo 9) e all’art. 74 (capo 24).

2. Osservava il Tribunale che la misura era stata applicata nell’ambito di un procedimento riguardante un gruppo organizzato, operante nella provincia di Vibo Valentia, dedito al traffico di sostanze stupefacenti incentrato sulla figura di N.A., coinvolto nell’ambito di altro procedimento in una vicenda di usura;

e che le indagini si erano sviluppate attraverso servizi di audio- riprese (che in particolare permettevano di individuare in un capannone ubicato in (OMISSIS), in uso ai fratelli P. e S.B. la base logistica del sodalizio, utilizzata dagli affiliati per l’occultamente di partite di droga e per la successiva attività di confezionamento), nonchè attraverso intercettazioni di conversazione tra i sodali, progressivamente identificati (che evidenziavano chiaramente il loro coinvolgimento nell’illecito traffico, inequivocabilmente riguardante partite di droga), servizi di osservazione di polizia giudiziaria e dichiarazioni testimoniali degli acquirenti, talvolta trovati in possesso di quantitativi di stupefacenti, i quali avevano spesso effettuato individuazioni fotografiche dei cedenti.

3. Con riferimento alla specifica posizione di C.G., il Tribunale, rimandando a una più analitica indicazione degli elementi indiziari alla ordinanza applicativa della misura, rilevava che il suo coinvolgimento nei due fatti di detenzione illecita di sostanze stupefacenti descritti nel capo 9 (episodi contraddistinti con le lettere "n" e "o"), risultava dalle videoriprese attestanti il suo arrivo nel capannone in Contrada (OMISSIS) insieme al cognato S.P. e il suo maneggio di involucri attendibilmente ritenuti contenere sostanza stupefacente (capo 9/n) nonchè analoga visita al capannone e analoghi maneggi di droga insieme S. P., al fratello di questo S.B. e ad Z.A., dopo che nel luogo era giunto con il suo autocarro il corriere C.G. con un carico di droga prelevato in Lombardia.

Inoltre egli in data 6 marzo 2009 veniva tratto in arresto, unitamente ai fratelli S. (mentre Z.A., datosi alla fuga, si costituiva il successivo 23 marzo), in quanto nel capannone nei pressi del quale sì trovava venivano rinvenuti gr. 211 di cocaina pura, oltre a un fucile.

Quanto agli indizi della partecipazione dell’indagato al sodalizio (capo 24), essi, ad avviso del Tribunale, derivavano dalla ripetuta frequentazione da parte del C. dell’anzidetta base logistica in compagnia degli altri indiziati, dal suo coinvolgimento nella manipolazione e nel confezionamento della droga, dagli stretti rapporti con il boss S.P., con il quale aveva continui e frequentissimi (dell’ordine di varie centinaia) contatti telefonici, dalla familiarità di rapporti con gli altri sodali, dal suo intervento nel tentativo di "bonificare" da strumenti di intercettazione l’area circostante il capannone; tutte circostanze ed elementi di fatto sui quali l’indagato non aveva fornito alcuna alternativa spiegazione.

Sussistevano poi esigenze cautelari, tali da imporre l’adozione della più grave misura custodiate, in relazione al concreto pericolo di reiterazione criminosa, desumibile dalla gravità dei fatti e dagli stretti collegamenti con ambienti criminali dediti stabilmente al traffico di stupefacenti.

4. Ricorre per cassazione l’indagato, con atto sottoscritto dal difensore avv. Vincenzo Galeota, il quale deduce i seguenti motivi.

4.1. Violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 5, ed erronea mancata declaratoria della perdita di efficacia della misura cautelare, in relazione alla incompletezza degli atti trasmessi al Tribunale, in quanto non comprensivi della documentazione costituita dai supporti informatici delle videoriprese, delle registrazioni audio e degli stessi "brogliacci" posti a base dell’ordinanza cautelare.

4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza: dalle visite al capannone fatte dall’indagato non era affatto desumibile un suo coinvolgimento in affari di droga e lo stesso doveva dirsi con riferimento ai suoi contatti telefonici con S.P. e alla sua frequentazione con i fratelli S., ben spiegabili con ragioni di affinità familiare. In ogni caso tutto ciò non costituiva alcun serio indizio di una stabile partecipazione dell’indagato nell’ipotizzato sodalizio criminoso.

4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di scelta della misura cautelare, tenuto conto del limitato coinvolgimento temporale nei fatti dell’indagato.

Motivi della decisione

1. Ad avviso della Corte il ricorso è sotto vari aspetti inammissibile.

2. Il primo motivo si fonda su una deduzione non dedotta in sede di riesame ed espressa per di più in termini generici. L’asserzione che gli atti trasmessi al Tribunale erano carenti non è infatti assistita da alcuna concreta allegazione, sicchè essa non può essere presa in considerazione in questa sede di legittimità, non essendo dato direttamente apprezzarla sulla base del provvedimento impugnato e sul tenore delle difese dell’indagato.

3. Il secondo motivo attiene al merito, e cioè all’apprezzamento del materiale indiziario, espresso con motivazione adeguata e coerente da parte del Tribunale, alla quale il ricorrente contrappone una personale interpretazione dei fatti, come tale non suscettibile di considerazione in questa sede.

4. Analoga considerazione vale per il motivo attinente alla adeguatezza della misura custodiale, che il Tribunale ha correttamente focalizzato osservando che il contesto associativo e la gravità dei fatti rendevano di per sè concretamente profilabile il pericolo di reiterazione criminosa.

5. Alla inammissibilità del ricorso consegue a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte e della causa di inammissibilità, si ritiene equo determinare in Euro mille.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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