Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-10-2011) 07-12-2011, n. 45881 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro, adito ex art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza in data 10 gennaio 2011 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata applicata a I.R. la misura della custodia cautelare in carcere in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 (capo 24).

2. Osservava il Tribunale che la misura era stata applicata nell’ambito di un procedimento riguardante un gruppo organizzato, operante nella provincia di Vibo Valentia, dedito al traffico di sostanze stupefacenti incentrato sulla figura di N.A., coinvolto nell’ambito di altro procedimento in una vicenda di usura;

e che le indagini si erano sviluppate attraverso servizi di audio- riprese (che in particolare permettevano di individuare in un capannone ubicato in (OMISSIS), in uso ai fratelli P. e S.B. la base logistica del sodalizio, utilizzata dagli affiliati per l’occultamente di partite di droga e per la successiva attività di confezionamento), nonchè attraverso intercettazioni di conversazione tra i sodali, progressivamente identificati (evidenzianti chiaramente il loro coinvolgimento nell’illecito traffico, inequivocabilmente riguardante partite di droga), servizi di osservazione di polizia giudiziaria e dichiarazioni testimoniali degli acquirenti, talvolta trovati in possesso di quantitativi di stupefacenti, i quali avevano spesso effettuato individuazioni fotografiche dei cedenti.

3. Con riferimento alla specifica posizione di I.R., rigettate le eccezioni relative allo sforamento dei termini di indagine e di mancata trasmissione di atti posti a fondamento della ordinanza applicativa, il Tribunale, rimandando a una più analitica indicazione degli elementi indiziari alla ordinanza applicativa della misura, rilevava che il suo coinvolgimento nel sodalizio di cui al capo 24, derivava da plurimi elementi investigativi, in particolare dall’eloquente tenore di conversazioni registrate, che ne delineavano il ruolo di costante appoggio, anche con mansioni di contabilità amministrativa, nelle illecite transazioni aventi ad oggetto partite di sostanze stupefacenti interessanti il marito Giuseppe Lapietra, coindagato nello stesso procedimento, di contatti con i soggetti acquirenti, ai quali reclamava i pagamenti, di collegamento con il boss del sodalizio S.P..

Sussistevano poi esigenze cautelari, tali da imporre l’adozione della più grave misura custodiale, in relazione al concreto pericolo di reiterazione criminosa, desumibile dalla gravità dei fatti e dagli stretti collegamenti con ambienti criminali dediti stabilmente al traffico di stupefacenti.

4. Ricorre per cassazione di persona l’indagata, deducendo i seguenti motivi.

4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, attesa l’assoluta mancanza di illustrazione da parte del Tribunale degli elementi dai quali desumere la volontà e la consapevolezza di essa ricorrente di partecipare fattivamente a un’organizzazione criminale e di fornire a questa uno stabile apporto.

4.2. Violazione dell’art. 192 c.p.p., dato che le conversazioni intercettate non recano alcun apporto alla tesi accusatoria, tenuto anche conto del deficit cognitivo di essa ricorrente attestato nella relazione peritale disposta dal G.i.p. su istanza della difesa.

4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di esigenze cautelari, considerati sia la mancanza di precedenti penali specifici sia il dissolvimento dell’organizzazione criminosa a seguito dell’operazione di polizia e soprattutto l’intervenuto arresto del marito, che costituiva l’unico collegamento di essa ricorrente con l’ipotizzato ambiente criminale. In ogni caso, ai fini cautelari doveva ritenersi più che adeguata la misura domiciliare.

Motivi della decisione

1. Osserva la Corte che il ricorso si rivela per più aspetti inammissibile.

2. Contrariamente a quanto genericamente dedotto, la condotta partecipativa al sodalizio svolta dalla I. è stata correttamente desunta dalla continua e qualificata attività di contatto svolta dalla medesima, in appoggio a quella del marito, con i soggetti acquirenti di sostanze stupefacenti, ai quali rivolgeva pressanti richieste di pagamento, impegnandosi anche in una puntuale contabilizzazione delle partite di droga consegnate e degli importi ricevuti.

Manifestamente generica, e comunque vertente su apprezzamenti di fatto, appare la deduzione relativa a una pretesa equivocità delle conversazioni intercettate e della inadeguatezza cognitiva del senso di esse da parte dell’indagata.

Le esigenze cautelari appaiono ragionevolmente fondate sulla continuità e gravità dei fatti accertati e sullo stabile collegamento dell’indagata con ambienti criminosi dediti al traffico degli stupefacenti.

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue a norma dell’art. 616 c.p.p. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte e della causa di inammissibilità, si ritiene equo determinare in Euro mille.

La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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