Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 15-09-2011) 07-12-2011, n. 45728

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 21 aprile 2010, la Corte appello di Napoli ha confermato, quanto all’accertata responsabilità penale dell’imputata, la sentenza del Tribunale Santa Maria Capua Vetere – sezione distaccata di Aversa del 26 novembre 2008, con cui l’imputata era stata condannata, per i reati di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 71, 65, 72, per avere realizzato, senza permesso di costruire, una recinzione composta da termoblocchi intervallati da pilastri in cemento armato, nonchè, nella parte antistante la recinzione, ulteriori pilastri in cemento armato aventi altezza di metri 2,10 per una superficie di metri quadrati 72, senza progetto esecutivo, senza previa denuncia dei lavori al genio civile, senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico competente.

2. – Avverso la sentenza l’imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo, in primo luogo, la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, sul rilievo che il muro di recinzione si sarebbe reso necessario per delimitare l’area abbandonata di una ferrovia dismessa dalla proprietà della ricorrente e per evitare il pericolo derivante all’incolumità delle persone dalle erbacce, dai ratti, dai serpenti.

Quanto poi agli ulteriori quattro pilastri, questi sarebbero stati realizzati per sostenere corde d’acciaio al fine della stesura del bucato. Rileva la difesa che, con riferimento a tali opere, l’imputata aveva presentato richiesta di permesso di costruire in sanatoria e, contro il diniego opposto dal Comune, aveva proposto ricorso al giudice amministrativo.

Si lamenta, in secondo luogo, la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 38, sul rilievo che il procedimento penale avrebbe dovuto essere sospeso in presenza della presentazione della domanda di sanatoria.

La difesa ha, inoltre, rilevato, nel corso della discussione orale all’odierna udienza, la mancanza della notificazione dell’ordinanza che ha disposto la trattazione del procedimento in periodo feriale.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è inammissibile.

3.1. – Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione relativa alla mancata notificazione al difensore, insieme con il decreto di fissazione dell’udienza, dell’ordinanza che ha disposto la trattazione del procedimento in periodo feriale.

L’eccezione è manifestamente infondata.

La disciplina della fissazione del processo penale nel periodo feriale, per ragioni di urgenza, è contenuta nella L. n. 742 del 1969 art. 2. Tale disposizione prevede, al terzo comma, che "il giudice che procede pronuncia, anche di ufficio, ordinanza non impugnabile con la quale è specificamente motivata e dichiarata l’urgenza del processo". Il successivo comma 5 prevede, poi, che "Gli avvisi sono notificati alle parti o ai difensori. Essi devono far menzione dell’ordinanza o del decreto e i termini decorrono dalla data di notificazione".

Se ne desume che non vi è alcun obbligo di notificazione dell’ordinanza che ha disposto la riduzione dei termini, essendo sufficiente menzionare tale ordinanza nell’avviso di fissazione dell’udienza diretto al difensore. Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie.

3.2. – Il primo motivo di ricorso – con cui si sostiene che il muro di recinzione si era reso necessario per evitare il pericolo derivante all’incolumità delle persone dalle erbacce, dai ratti, dai serpenti e che gli ulteriori quattro pilastri erano stati realizzati per sostenere corde d’acciaio al fine della stesura del bucato – è manifestamente infondato.

Le doglianze dedotte della difesa si risolvono, infatti, in indimostrate asserzioni circa la funzione che le opere abusive avrebbero dovuto svolgere; funzione che, anche se effettivamente sussistente, non farebbe venire meno – come correttamente osservato dalla Corte d’appello – la necessità di dotarsi degli strumenti abilitativi e di adempiere agli obblighi previsti dalla legge.

Quanto, poi, al profilo relativo alla pendenza di un procedimento giurisdizionale amministrativo avente ad oggetto il diniego di sanatoria opposto dal Comune, è sufficiente rilevare che la semplice presentazione del relativo ricorso da parte dell’imputata non ha alcun effetto sospensivo dell’efficacia di detto diniego e non fa venire meno il reato commesso.

3.3. – Il secondo motivo di ricorso – con cui si lamenta la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 38, sul rilievo che il procedimento penale avrebbe dovuto essere sospeso in presenza della presentazione della domanda di sanatoria – è genericamente formulato.

Infatti, la ricorrente si limita a richiamare la disposizione in questione riportandone il testo, senza indicare i presupposti di fatto in base ai quali questa (che si riferisce in via generale ad opere edilizie ultimate entro il 1 ottobre 1983) possa applicarsi ratione temporis al caso di specie, relativo a reati commessi il 26 ottobre 2006. 4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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