T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 11-01-2012, n. 86 Silenzio della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espongono, in punto di fatto, I.S. ed altri, nella qualità di erede di I.M., D.M.M., nella qualità di erede di I.M., I.G., comproprietari, ciascuno per la quota di propria spettanza e tutti insieme per l’intero, delle aree site in Napoli – Sez. S. Carlo all’Arena – alla Via A. Sogliano in catasto alle particelle 608, 165, 308, 675:

– che, con decreti del 27.8.1981, nn. 1058, 1045, 1048 e 1053 il Sindaco di Napoli, con i poteri del Commissario di Governo, disponeva la requisizione di mq. 4220 delle predette aree per necessità abitative connesse all’evento sismico del novembre 1980 provvedendo ad utilizzare, nell’immediatezza del predetto sisma, tali terreni per l’allocazione di un campo container, e per la realizzazione di una strada di accesso ad esso, con relativa sottostazione di servizio;

– che, successivamente, all’esito della rimozione del campo container, il Comune di Napoli acquisiva, mediante un accordo di cessione bonaria con la proprietà, parte della superficie requisita ove, successivamente, era allocato un edificio scolastico, mentre l’area utilizzata per la realizzazione della strada non era stata oggetto del predetto accordo, né formalmente espropriata dalla P.A.;

– che, adito in data 29.11.1989 il Tribunale di Napoli per ottenere la condanna in solido della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Comune di Napoli alla restituzione del terreno, previa riduzione in pristino dello stato dei luoghi ed, in subordine, la condanna al pagamento del valore venale del bene, oltre al risarcimento del danno per il periodo di occupazione abusiva (o, comunque, al pagamento dell’indennità di requisizione dall’1.1.1986), oltre ad interessi legali e rivalutazione, il predetto Tribunale (dopo che in tale giudizio n. 22831/1990 R.G. il C.T.U. aveva accertato che la superficie di terreno illecitamente trasformata dal Comune di Napoli era di mq. 3.072,15 con lunghezza di circa ml. 225,00 e larghezza media di circa ml. 14,00, attualmente era destinata all’accesso dell’edificio scolastico realizzato nonché al completamento dell’allacciamento tra Calata Capodichino e Via A. Sogliano) con sentenza n. 1600/95 del 13.12.1995, riconosceva la sola legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio condannandola alla restituzione dell’immobile previa rimessione in pristino, mediante l’eliminazione della strada, oltre al pagamento di varie somme a titolo risarcitorio;

– che, nonostante, a seguito della predetta sentenza l’Amministrazione Comunale, con successiva nota prot. n. 229/31001 del 25.6.2002, a firma del Dirigente del Servizio Patrimonio e Demanio avesse riconosciuto che sulla proprietà degli esponenti era stata realizzata in assenza di provvedimento espropriativo un tronco stradale di comunicazione tra le strade "Calata Capodichino e Via U. Masoni, denominandolo Via Sogliano", a distanza di circa trent’anni dalla occupazione e dalla sua trasformazione, il Comune di Napoli non aveva mai avviato, in contraddittorio con i privati, alcun procedimento volto alla sottoscrizione di un accordo traslativo del bene, previo integrale ristoro del valore venale del medesimo e del danno subito, né all’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante;

– che, a fronte dell’illegittima inerzia della P.A. gli esponenti notificavano in data 3.6.2010 istanza ai sensi dell’art. 2 L. n. 241 del 1990 e dell’art. 43 D.P.R. n. 327 del 2001, invitando e diffidando il Comune di Napoli ad adottare nei termini di legge e nel rispetto delle garanzie procedimentali il provvedimento coattivo di acquisizione in funzione sanante ex art. 43 D.P.R. n. 327 del 2001, ma, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità del citato art. 43 con la sentenza n. 293 dell’8.10.2010, il T.A.R. della Campania, Quinta Sezione, con sentenza 27.1.2011, n. 483 dichiarava inammissibile il ricorso;

– che, per effetto della sentenza de qua, in data 6.7.2011, gli istanti notificavano ulteriore atto di diffida al Comune di Napoli a mezzo della quale chiedevano la restituzione delle aree oggetto di causa attualmente destinate ad asse viario non avendo, però, ricevuto alcun riscontro, per modo che, essendo nelle, more, sopravvenuta in data 15.7.2011 la L. n. 111 del 2011 che introduceva nel D.P.R. n. 327 del 2001 il nuovo art. 42 bis disciplinante l’utilizzazione sine titulo di un bene per scopi di interesse pubblico, in data 7.9.2011, diffidavano nuovamente il Comune di Napoli a procedere all’acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune di Napoli dei fondi predetti, ai sensi e per gli effetti del novellato art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001.

Tanto premesso e preso atto che anche tale diffida esito alcuno aveva avuto, gli esponenti, con ricorso notificato il 17.10.2011 e depositato il giorno successivo, impugnavano, innanzi a questo Tribunale, il silenzio-rifiuto del Comune di Napoli formatosi sull’istanza del 6.7.2011 ed, in subordine, su quella del 7.9.2011 deducendo profili di violazione di legge (art. 2 L. n. 241 del 1990, come modificato dalla L. n. 80 del 2005; art. 97 Cost., in connessione con l’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001; artt. 3 e 97 Cost. e dei principi di correttezza, economicità e speditezza dell’azione amministrativa; art. 41 Cost.; violazione dei principi sanciti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; art. 43 D.P.R. n. 327 del 2001).

Al riguardo i ricorrenti evidenziano che nel precedente giudizio definitivo con sentenza n. 27.1.2011, n. 483 del T.A.R. Campania, Sezione Quinta, il giudice adito. non avrebbe dichiarato l’obbligo di provvedere del Comune unicamente in quanto, nelle more del giudizio, sarebbe intervenuta la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 43 del D.P.R. n. 327 del 2001, ma, reintrodotta con l’art. 42 bis, a far data del 17.7.2001, l’acquisizione coattiva in funzione sanante, nel citato D.P.R., alcun ostacolo vi sarebbe alla dichiarazione dell’obbligo di provvedere.

Nel caso di specie, i ricorrenti, proprietari di terreni requisiti dal Comune sin dal 1981 ed, in parte utilizzati, prima per l’accesso al campo container e, poi, per la realizzazione di una strada comunale di accesso ad un edificio scolastico, annoverata tra le strade comunali ed inserita nella toponomastica cittadina, sin dal 1988 avrebbero intrapreso nei confronti del Comune di Napoli azioni giudiziarie per la tutela dl loro diritto di proprietà, senza ricevere, allo stato, né la restituzione del terreno, né il pagamento delle indennità e del controvalore economico del bene e l’unica legittima interpretazione da darsi al citato art. 42 bis sarebbe nel senso di attribuire alla P.A. la facoltà di valutare discrezionalmente se procedere all’acquisizione del bene o alla sua restituzione al proprietario ma, nelle ipotesi in cui la trasformazione del suolo e la destinazione alla pubblica utilità ne rendessero impossibile la restituzione (fermo restando, in ogni caso, l’inesistenza di qualsiasi automatico effetto di occupazione appropriativa attraverso la c.d. accessione indiretta), sussisterebbe l’obbligo di adottare il provvedimento di acquisizione coattiva in funzione sanante.

L’intimato Comune si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso, stante l’inconfigurabilità di alcun obbligo di provvedere a suo carico così come richiesto dai ricorrenti.

Alla Camera di Consiglio del 15 dicembre 2011 il ricorso era ritenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Per una migliore comprensione della fattispecie in esame ed, in particolare, per individuare la fonte e la consistenza dell’obbligo di provvedere del Comune di Napoli per il quale si contende, è opportuno che l’esposizione in fatto offerta dai ricorrenti, venga integrata alla luce delle precisazioni offerte dal Comune di Napoli nella memoria depositata in giudizio in data 25.11.2011.

A seguito di citazione del 29.11.1989 nei confronti del Ministero del Bilancio, del C.I.P.E., del Funzionario C.I.P.E. Delegato ex art. 84 L. n. 219 del 1981, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Comune di Napoli, i ricorrenti ottennero dal Tribunale di Napoli; Sezione I, la sentenza per loro favorevole n. 1600/96 che condannava la sola Presidenza del Consiglio dei Ministri a restituire l’area di proprietà degli attori su cui era stata realizzata la strada di accesso all’edificio scolastico ed al risarcimento del danno per il mancato godimento del fondo dal periodo successivo al 31 dicembre 1985.

Nel giudizio di appello proposto avverso tale sentenza dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a motivo di non ritenersi quest’ultima legittimata passiva nel giudizio de quo, la Corte di Appello di Napoli, Sezione I, in riforma della sentenza di primo grado, con la sentenza n. 325/99 depositata il 12.2.1999, si limitò a dichiarare, in ordine alle domande di restituzione e di risarcimento danni da occupazione illegittima, il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri per risultare legittimato passivo alla restituzione ed al risarcimento unicamente il Comune di Napoli; tuttavia non si poté condannare a tanto il Comune di Napoli, non avendo i convenuti – attuali ricorrenti – per libera disposizione del proprio interesse processuale, reiterato, secondo normali criteri di diligenza, le richieste di condanna nei confronti di tutti i soggetti (ed, in particolare, del Comune di Napoli) originari convenuti con la citazione del 29.11.1989 e neppure ritennero di proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello.

In forza del titolo costituito dalla suddetta sentenza della Corte di Appello n. 325/99 alcuni dei comproprietari, non compresi tra gli attuali ricorrenti, non tenendo conto che l’art. 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998 – riprodotto dall’art. 7 della L. n. 205 del 2000 – chiaramente individuasse nel giudice amministrativo l’Autorità cui ricorrere in caso di procedura ablatoria divenuta successivamente illegittima (nella specie, dopo la scadenza dei decreti fissati al 31.12.1995) si attivarono innanzi al giudice ordinario per ottenere la restituzione dell’area ed il risarcimento danni innanzi al giudice ordinario, ma quest’ultimo, con sentenza n. 10913/01 depositata il 14 settembre 2001, dichiarò il difetto di giurisdizione del Tribunale di Napoli in favore del giudice amministrativo.

A tal punto – sempre secondo la ricostruzione della difesa comunale – non riuscirebbe a comprendersi perché i comproprietari che avevano agito sino a quel momento ed anche gli attuali ricorrenti, invece di attivarsi processualmente innanzi al T.A.R. Campania, riproponendo, nei confronti del Comune di Napoli, le medesime domande restitutorie e risarcitorie, sulla base dell’actio iudicati (che, come noto, si prescrive in dieci anni) nascente dalla sentenza della Corte di Appello che riconosceva il Comune di Napoli in via definitiva quale unico soggetto obbligato alla restituzione ed al risarcimento, preferivano (in un primo tempo solo Improta Pasquale, Marco, Mariachiara e Flavio, e, successivamente, anche tutti gli attuali ricorrenti) diffidare il Comune di Napoli a concludere il procedimento ablatorio "con la definizione della proprietà e la conseguente liquidazione di tutte le somme dovute ai comproprietari", per tal guisa manifestando un interesse alla percezione dell’indennità di espropriazione, piuttosto che del risarcimento del danno.

Il successivo ricorso proposto avverso il silenzio-rifiuto formatosi sulla predetta diffida con sentenza del T.A.R. Campania n. 917/2003 del 18 febbraio 2003 – confermata dal Consiglio di Stato, Quarta Sezione n. 5167/2003 del 15 settembre 2003 – fu dichiarato inammissibile atteso che "la controversia in esame non attiene ad un procedimento ablatorio che il Comune non ha ancora definito, ma ad un comportamento dell’Amministrazione lesivo di un diritto soggettivo del privato, la tutela del quale presuppone l’instaurazione di un ordinario giudizio di legittimità preordinato ad ottenere la restituzione e/o il risarcimento del danno.

Preso atto, per quanto anzidetto dell’insussistenza di alcun obbligo del Comune di Napoli di adottare un provvedimento di acquisizione coattiva in funzione sanante ex art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, non dovendo, nella fattispecie, essere esercitata alcuna potestà pubblica, correlata ad una posizione di interesse legittimo dei proprietari interessati alla restituzione delle aree, originariamente requisite e successivamente illegittimamente detenute dallo stesso Comune di Napoli, in relazione alla scelta di acquisire le aree stesse ovvero restituirle, la resistente difesa conclude nel senso che in questa sede gli attuali ricorrenti con l’istanza notificata al Comune e connesso ricorso avverso il silenzio ripropongono, di fatto, le medesime domande giudiziali avanzate da altri comproprietari nei sopra menzionati ricorsi proposti innanzi al T.A.R. Campania (n. 8024/2002 R.G.) ed in appello al Consiglio di Stato (n. 2831/2003 R.G.) e dichiarati inammissibili.

2. Tanto precisato in punto di fatto, nel merito, il ricorso è fondato, e nei limiti di quanto si andrà esponendo, deve essere accolto.

3. L’art. 2 della L. n. 241 del 1990 ha fissato un principio generale secondo cui ove il procedimento consegue obbligatoriamente ad un’istanza del privato ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la P.A. ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso; in particolare, giusta la previsione di cui all’art. 2, comma 3, della suddetta disposizione la P.A. è tenuta a definire i procedimenti attivati dai privati entro il termine di 90 giorni dal deposito della relativa istanza.

L’evoluzione giurisprudenziale ha portato a ritenere che l’obbligo in parola non sussiste soltanto nelle seguenti ipotesi: a) istanza di riesame dell’atto inoppugnabile per spirare del termine di decadenza (ex multis: C. di S., Sez. IV, n. 69/1999; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 5014/200); b) istanza manifestamente infondata (ex multis: C. di S., sez. IV, n. 6181/2000; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 1969/2002); c) istanza di estensione ultra partes del giudicato (ex multis: C. di S., Sez. VI, n. 4592/2001).

4. E’ a dir subito che, nella memoria depositata in giudizio in data 25.11.2011 la difesa del Comune resistente, sul presupposto della manifesta infondatezza dell’istanza, contesta l’esistenza di un obbligo di provvedere a suo carico asserendo che, "come la stessa controparte ha riconosciuto in ricorso, la normativa sopravvenuta dell’art. 42 bis riserva una facoltà alla P.A. e non un obbligo. Conseguentemente, in linea con i principi fissati dal Consiglio di Stato, rispetto all’analoga domanda prospettata anni addietro, il ricorso non può che essere inammissibile.

Gli odierni ricorrenti, infatti, sono proprietari del bene e quindi essi vantano un diritto soggettivo pieno alla restituzione dalla P.A., in contrapposta situazione di soggezione; pertanto, in capo al Comune di Napoli non vi è alcun obbligo di provvedere, perché, nella fattispecie, non deve essere esercitata alcuna potestà pubblica cui è correlata una posizione di interesse legittimo dei proprietari interessati alla restituzione delle aree, originariamente requisite e successivamente illegittimamente detenute dal Comune di Napoli, in relazione alla scelta di acquisire le aree stesse ovvero restituirle.

I comproprietari ricorrenti devono attivarsi nelle sedi e nei modi opportuni per ottenere la restituzione ed il risarcimento della loro area ovviamente se dalla P.A. verrà ritenuto opportuno, secondo scelte che devono avere a presupposto la comparazione degli interessi in gioco e l’eventuale valutazione di prevalenza dell’interesse pubblico, si invocherà la facoltà di cui all’art. 42 bis".

5. La prospettazione del resistente Comune non è condivisibile, atteso che, proprio alla stregua della ricostruzione in fatto offerta dal medesimo Comune si appalesa l’esistenza di un obbligo di provvedere posto a suo carico, salvo approfondirne la natura tenendo conto che, come rilevato in giurisprudenza, obbligo siffatto potrebbe scaturire non solo da peculiari previsioni legislative e regolamentari, ma anche dalla peculiarità della fattispecie, nella quale ragioni di giustizia ed equità imporrebbero l’adozione di provvedimenti o, comunque, lo svolgimento di un’attività amministrativa alla stregua dei principi posti in via generale dall’art. 97 Cost.

6. I ricorrenti, nella memoria difensiva depositata in data 12.12.2011 replicano alla difesa comunale affermando che, avvalendosi della disposizione introdotta dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001, nel testo introdotto dall’art. 34, comma 1, D.L. n. 98 del 2011, hanno chiesto l’annullamento del silenzio-inadempimento formatosi sull’istanza da loro notificata al Comune di Napoli in data 8.9.2011 con la quale diffidavano quest’ultimo (non ad adottare tout court il provvedimento di acquisizione coattiva ex art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, ma) ad attivare il procedimento amministrativo volto all’acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune di Napoli di un bene immobile utilizzato per scopi di interesse pubblico in assenza di un valido ed efficace decreto di esproprio, ai sensi e per gli effetti della sopravvenuta in data 15.7.2011 la L. n. 111 del 2011 del 15.7.2011 che reintroduceva nel D.P.R. n. 327 del 2001 il novellato art. 42 bis disciplinante l’utilizzazione sine titulo di un bene per scopi di interesse pubblico.

Sul punto asseriscono che la norma di cui al citato art. 42 bis deve essere interpretata in via sistematica con i principi costituzionali e comunitari in materia di tutela del diritto di proprietà e con i principi generali dettati dalla legge sul procedimento amministrativo, per modo che, se al provvedimento finale deve attribuirsi pur sempre natura discrezionale, tanto non può escludere l’obbligo della P.A. di avviare il procedimento volto all’acquisizione del suolo ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001 e di adottare il provvedimento finale, nei termini di legge, che potrebbe avere qualunque contenuto, anche sfavorevole all’istanza dell’interessato.

7. D’altronde i medesimi ricorrenti, hanno chiesto, sia pure in subordine, anche l’annullamento del silenzio-inadempimento formatasi sulla precedente istanza notificata in data 6.7.2011, con cui diffidavano il Comune di Napoli alla restituzione delle aree, attualmente destinate ad asse viario.

Orbene, alla stregua di una lettura ed una considerazione congiunta di entrambe predette istanze, in funzione di una ricostruzione unitaria della volontà effettivamente manifestata dagli istanti, è possibile pervenire alla conclusione che essi null’altro pretendevano dal Comune di Napoli che l’attivazione di un procedimento volto a definire la sorte dei beni rimasti sempre di loro proprietà, ma mai restituiti, anzi irreversibilmente trasformati dal Comune di Napoli per la realizzazione di un’asse viario di accesso, prima al campo container e, poi, all’edificio scolastico.

8. Pertanto, escluse senz’altro le fattispecie, sub a) e sub c) ed escluso, altresì, che l’istanza de qua risulta ictu oculi infondata sub lettera b) – contrariamente a quanto argomentato dal resistente Comune – nel caso dei ricorrenti, sussiste l’obbligo per l’intimato Comune di adottare un provvedimento espresso, debitamente motivato, sulle istanze del 6.7.2011 e dell’8.9.2011 adottando un provvedimento espresso debitamente motivato (di restituzione ovvero di acquisizione coattiva in funzione sanante ex art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001) in ordine alla sorte da riservare alle aree di loro proprietà, delle quali – come riconosciuto anche dal Comune di Napoli – sono stati da tempo illegittimamente spossessati per essere poi irreversibilmente trasformate.

9. Ne deriva che, nel caso di specie, attivato il procedimento con le istanze del 6.7.2011 e dell’8.9.2011, così come correttamente intese, sussisteva l’obbligo da parte del Comune di concluderlo con un provvedimento espresso debitamente motivato.

10. In definitiva il ricorso è fondato sotto il profilo della illegittimità del silenzio dell’Amministrazione serbato sulle istanze sulle istanze del 6.7.2011 e dell’8.9.2011 e, nei limiti di quanto sopra rilevato, va accolto con il conseguente annullamento del silenzio-rifiuto sulle stesse formatosi.

Deve, pertanto, ordinarsi all’Amministrazione intimata di emanare un provvedimento espresso in esito alle istanze 6.7.2011 e dell’8.9.2011 entro un termine non superiore a 30 giorni dalla notificazione o comunicazione, in via amministrativa, della presente sentenza.

11. Le spese giudiziali, come di regola, seguono la soccombenza e vengono quantificate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 5289/2011 R.G.)

proposto da I.S. ed altri, nella qualità di erede di I.M., D.M.M., nella qualità di erede di I.M., I.G., così dispone:

lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il silenzio rifiuto serbato dal Comune di Napoli sulle istanze del 6.7.2011 e dell’8.9.2011, ordinando a quest’ultimo di provvedere, adottando i provvedimenti necessari ad attivare e concludere il procedimento di cui alle predette istanze, nel termine di 30 giorni dalla notificazione o comunicazione, in via amministrativa, della presente sentenza.

Dispone, altresì, in caso di ulteriore inottemperanza, che, in luogo della predetta Amministrazione ed a richiesta di parte provvederà, se già non provveduto, il Commissario ad acta, che s’intende sin d’ora nominato nella persona del Prefetto pro-tempore della Provincia di Napoli, con facoltà di delega ad idoneo Funzionario della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Napoli cui è preposto.

b) condanna il resistente Comune al pagamento in favore della società ricorrente delle spese giudiziali complessivamente quantificate in Euro 1500,00 (millecinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Fiorentino, Presidente

Vincenzo Cernese, Consigliere, Estensore

Gabriele Nunziata, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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