Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 15-09-2011) 07-12-2011, n. 45726 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 3 febbraio 2011, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Livorno del 1 giugno 2009, con cui l’imputato era stato condannato, in concorso con altro soggetto, per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c), e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, consistenti nell’aver eseguito – quale tecnico progettista e direttore dei lavori – opere edilizie in difformità rispetto a quanto previsto dalla dia presentata e dall’autorizzazione paesaggistica, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico; opere consistenti nella realizzazione di altezze superiori a quelle indicate, nonchè di un lucernario e di un comignolo, in tal modo determinando una totale modificazione del costruito, con trasformazione dei locali, destinati originariamente a garage, in locali ad uso presumibilmente diverso.

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo, in primo luogo, la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, sul rilievo che, per quanto concerne le altezze del fabbricato realizzato, la Corte d’appello si sarebbe basata sulla relazione redatta dal tecnico che aveva effettuato il sopralluogo in corso d’opera, senza tenere conto della necessità, segnalata dalla difesa dell’imputato, del riporto del terreno ancora da effettuare per la tombatura e la sistemazione dei piazzali, come emergente dalla documentazione acquisita in atti. Precisa la difesa che, nella relazione di accompagnamento alla dia, espressamente si faceva presente che si sarebbe dovuta operare la sistemazione esterna del terreno, con materiale di riporto, per raccordare il garage alla strada di accesso, in forte pendenza. Quanto, poi, alla modifica della sagoma dalla prevista originaria forma rettangolare alla accertata forma trapezoidale, il ricorrente rileva che il titolo edilizio in base al quale l’opera era stata realizzata, rappresentato dall’autorizzazione n. 82 del 2005, prevedeva che le murature perimetrali del garage avrebbero dovuto seguire l’andamento dei muri di confine, che aveva una forma non rettangolare. Ne conseguirebbe la sostanziale conformità della sagoma a quanto autorizzato;

conformità che la Corte avrebbe dovuto prendere in considerazione almeno al fine di ritenere la minore gravità del reato. Quanto, poi, al lucernario e al comignolo realizzati, il ricorrente sottolinea che, molto tempo prima dell’ottobre 2006, non aveva più messo piede in cantiere, perchè era in attesa che il Comune prendesse posizione sul punto, onde poter provvedere al riporto di terreno necessario per coprire le forti pendenze e i dislivelli dovuti alla morfologia del terreno. Ne derivava, sempre ad avviso del ricorrente, che egli non sapeva nulla circa la realizzazione del comignolo e del lucernario di cui trattasi.

Con un secondo motivo di doglianza, si lamenta la violazione dell’art. 522 c.p.p., rilevando che la sentenza della Corte d’appello avrebbe fatto riferimento ad elementi nuovi e sostanzialmente mai prima contestati, quali quelli relativi agli impianti per la distribuzione del gas e dell’elettricità, alle finestre, al bagno, agli impianti termici, idraulici ed elettrici, nonchè all’apertura di comunicazione tra i due vani principali e alle portefinestre presenti in luogo delle saracinesche.

In terzo luogo, si rileva che in riferimento all’autorizzazione paesaggistica intervenuta (n. 288 del 2 ottobre 2006), valgono, quanto al lucernario e al comignolo, le stesse considerazioni svolte con il primo motivo circa la mancanza di responsabilità dell’imputato. Vi sarebbe, comunque – aggiunge la difesa – un parere favorevole, adottato dalla commissione comunale per il paesaggio in data 10 aprile 2008, relativamente all’istanza presentata il 9 maggio 2007, motivato sulla considerazione che l’intervento abusivo non altera sostanzialmente la struttura originaria già approvata.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

3.1. – Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente censura la motivazione della sentenza sotto tre profili: a) la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto del fatto che le maggiori altezze rilevate in corso d’opera sarebbero poi diminuite all’esito del necessario riempimento dei dislivelli dovuti al naturale declivio del terreno;

b) pur riconoscendo che la forma trapezoidale dell’opera era sostanzialmente conforme a quanto autorizzato, la Corte d’appello non avrebbe preso in considerazione tale conformità, quanto meno ai fini della gravità del reato e, conseguentemente, dell’entità della pena; c) in relazione al lucernario e al comignolo abusivamente realizzati, la Corte distrettuale non avrebbe considerato che questi erano stati costruiti all’insaputa del ricorrente stesso, che non si recava più sul cantiere da lungo tempo.

Deve rilevarsi che, sul punto delle maggiori altezze realizzate, la sentenza censurata contiene una motivazione completa e logicamente coerente, perchè precisa che tali maggiori altezze sono, per la loro entità, insuscettibili di diminuire significativamente a seguito del successivo riempimento dei dislivelli cui fa riferimento la difesa. E tale conclusione trova conferma nella considerazione che vi è un’evidente difformità fra tali altezze e quella del pollaio adiacente, considerata, nel titolo abilitativo, come limite massimo raggiungibile.

Quanto al profilo evidenziato sub b), è qui sufficiente rilevare che correttamente la Corte d’appello non ha preso in considerazione, ai fini della gravità del reato, la riscontrata conformità della forma trapezoidale dell’opera realizzata rispetto a quanto autorizzato.

Tale elemento è, infatti, del tutto marginale rispetto alla fattispecie concreta per la quale si procede, come emerge dalla constatazione che esso non figura nell’imputazione.

Quanto, infine, al profilo sub c), la sentenza impugnata prende le mosse dalla posizione di garanzia attribuita dalla legge al direttore dei lavori, constatando che egli non ha posto in essere nessuna delle condotte previste dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 29, comma 2, a norma del quale "Il direttore dei lavori non è responsabile qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, con esclusione delle varianti in corso d’opera, fornendo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa. Nei casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire, il direttore dei lavori deve inoltre rinunziare all’incarico contestualmente alla comunicazione resa al dirigente". A tali rilievi in punto di fatto, la Corte d’appello fa logicamente conseguire la penale responsabilità dell’imputato, evidenziando, peraltro, che questo si è limitato a proporre generiche e indimostrate contestazioni circa la sua assenza dal cantiere.

Ne deriva l’infondatezza del primo motivo di ricorso.

3.2. – Il secondo motivo di ricorso – con cui ci si duole del fatto che la sentenza avrebbe fatto riferimento ad elementi nuovi e sostanzialmente mai prima contestati, quali quelli relativi agli impianti per la distribuzione del gas e dell’elettricità, alle finestre, al bagno, agli impianti termici, idraulici ed elettrici, nonchè all’apertura di comunicazione tra i due vani principali e alle portefinestre – è manifestamente infondato.

La sussistenza dell’abuso edilizio è infatti desunta dalla Corte d’appello dall’evidenza degli elementi posti a base dell’imputazione e relativi – come visto – alle maggiori altezze realizzate nonchè al lucernario e al comignolo. Rispetto a tali, conclusive, considerazioni, il riferimento ai sopra elencati ulteriori profili di violazione della normativa urbanistica ha semplicemente una funzione di conferma del rilevato mutamento di destinazione dell’immobile e non costituisce, perciò, con tutta evidenza, un fatto nuovo ai sensi dell’art. 522 c.p.p. 3.3. – Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso, con cui si richiamano l’autorizzazione paesaggistica n. 288 del 2 ottobre 2006 e il parere favorevole adottato dalla commissione comunale per il paesaggio in data 10 aprile 2008, motivato sulla considerazione che l’intervento abusivo non altera sostanzialmente la struttura originaria già approvata.

Quanto al primo di tali atti, la Corte d’appello – con motivazione circostanziata e logicamente coerente – rileva che esso non copre la canna fumaria e il lucernario, elementi di indiscusso rilievo paesaggistico; quanto al secondo, la stessa Corte correttamente rileva che esso non muta la situazione antigiuridica del manufatto, perchè dagli atti risulta che, il 24 luglio 2008, il Comune respinse definitivamente, pur a fronte del citato parere favorevole, l’ulteriore istanza di autorizzazione con la quale si era tentato di sanare gli abusi.

4. – Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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