Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 06-09-2011) 07-12-2011, n. 45724

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 24 maggio 2011, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 4 novembre 2008, con cui l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art. 527 c.p., comma 1, per avere consumato un rapporto orale con un uomo all’interno di un’autovettura parcheggiata, di mattina, in un supermercato.

2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento, e deducendo, con unico motivo di gravame, l’erronea applicazione dell’art. 527 c.p., comma 1, e la mancanza e contraddittorietà della motivazione, in punto di ravvisabilità dell’ipotesi colposa di cui al citato articolo, u.c.. A detta del ricorrente, la posizione tenuta nel rapporto orale consumato all’interno dell’abitacolo dell’auto ne escludeva la visibilità, con conseguente applicabilità dell’ipotesi colposa di cui all’art. 527 c.p., u.c.. A ciò deve aggiungersi – sempre secondo la difesa – che non vi sarebbe prova della percorrenza veicolare e pedonale nelle vicinanze dell’auto in sosta e che l’età avanzata dell’imputato, l’incombente presenza dell’ignara coniuge all’interno del supermercato, le qualità personali del correo, particolarmente accorto in quanto dedito alla prostituzione, avrebbero reso contraddittoria e non adeguatamente motivata la ritenuta sussistenza della prova della voluta o accettata ostentazione del rapporto.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è inammissibile.

La motivazione della sentenza impugnata circa la sussistenza dell’ipotesi dolosa di cui all’art. 527 c.p., comma 1, appare pienamente sufficiente e logicamente coerente, perchè fa conseguire la piena consapevolezza dell’atto ad elementi univoci e convergenti, quali: l’ora, la natura inequivocabilmente oscena del rapporto, la collocazione dell’auto nel parcheggio di un supermercato, con piena visibilità per chiunque tra i frequentatori.

A fronte di tale motivazione, le censure del ricorrente – basate, peraltro, su mere asserzioni e prive di specifici riferimenti ad elementi concreti – si risolvono in un tentativo di proporre a questa Corte una diversa valutazione del quadro probatorio; valutazione preclusa in sede di legittimità. 4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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