Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-07-2011) 07-12-2011, n. 45652 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La corte di appello di Napoli, con decreto 3.6.2010, ha confermato il decreto 15.3.06 del tribunale della stessa sede, con il quale è stata applicata a M.C. la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di tre anni, con l’imposizione del versamento di Euro 3.000, a titolo di cauzione, nonchè la confisca dei seguenti beni:

1. appartamento in (OMISSIS), del prezzo dichiarato di L. 100 milioni, intestato alla moglie D.M. C.;

2. quota sociale della srl Fratelli Mare (costituta nell’ottobre 2001 da Q.P., dal fratello M.F. e dallo zio M.C., classe (OMISSIS)) intestata al proposto.

Il difensore di M.C. ha presentato ricorso per violazione di legge in riferimento alla L. n. 1423 del 1956, art. 1, n. 1 e 2 ai sensi del combinato disposto della L. n. 1423 del 1956, art. 606, lett. b) e art. 4: il giudice di appello ha ritenuto che il coinvolgimento del proposto in vicende giudiziarie sostanzi il presupposto della pericolosità, mentre i precedenti penali richiamati risalgono al 1999 e il generico riferimento alla presunta appartenenza al clan Mazzarella è privo di riscontri, non essendo mai il ricorrente stato condannato per delitti associativi. Pertanto, gli elementi citati, secondo Cass. 3.7.1992 n. 3191, non raggiungono la consistenza di indizi, rimanendo al livello di sospetti e di mere intuizioni del giudice.

La corte ha poi valorizzato la carenza di attività lavorativa e le agiate condizioni economiche, ritenute incompatibili con la sua condizione di disoccupato. La corte ha così trascurato le deduzioni difensive, fondate sulle dichiarazioni di T.M., gestore della pizzeria presso la quale il proposto ha lavorato e su altri elementi di prova relativi alla lecita provenienza del bene immobile.

Manca comunque un accertamento sul tenore di vita del M. e sulla sua sproporzione rispetto all’assenza di attività lavorativa.

Il difensore di D.M.C. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento alla L. n. 575 del 1965, art. 2 ter: la confisca può essere disposta solo per i beni la cui disponibilità è stata acquistata dal proposto successivamente all’inserimento effettivo nel sodalizio criminoso. Va rilevato che l’acquisto dell’immobile di via (OMISSIS) è avvenuto nel marzo 1993, quando, stando agli atti, egli era immune da pericolosità qualificata, di cui alla L. n. 575 del 1965, art. 1 (tutti i fatti sintomatici sono a partire dal 1996 che comunque non lo riguarda con certezza). Pertanto la confisca è stata disposta in assenza della prova della pericolosità qualificata del proposto al momento dell’acquisto del bene immobile e quindi in assenza del ed rapporto di connessione tra il bene e l’attività illecita qualificata.

Inoltre, dalle dichiarazioni dell’inquilino dell’appartamento emerge l’attribuzione della gestione alla sola D.M..

2. vizio di motivazione sulla sussistenza del rapporto di connessione: là corte non ha portato a compimento l’accertamento della consistenza patrimoniale del padre della D.M., che, secondo la prospettazione della difesa, ha donato il denaro per l’acquisto dell’immobile, a seguito della riscossione in una banca di corso Novara di una rilevante somma.

E’ risultato che il D.M. non risulta censito presso alcun istituto bancario di (OMISSIS), nè risulta censito presso l’Unicredit, indicato dalla difesa terza intestataria. Queste circostanze sono giustificate dal lasso di tempo intercorso tra gli accertamenti e le operazioni bancarie e comunque l’Unicredit non ha escluso l’esistenza del rapporto bancario riconducibile al D. M., ma solo rimesso l’accertamento all’archivio centrale di (OMISSIS). Mancando di completare l’accertamento, i giudici hanno introdotto un’informazione inesistente e questo travisamento probatorio si è risolto in un vulnus alla difesa.

I motivi non meritano accoglimento.

Il richiamo effettuato dal ricorrente all’assenza di precedenti giudiziali e penali legittimanti il riconoscimento della sua pericolosità è del tutto irrilevante.

La corte di appello ha riconosciuto la pericolosità in base all’accertamento:

a) della sussistenza dell’associazione camorristica M., emergente da una consistente serie di precedenti indagini e decisioni dell’autorità giudiziaria;

b) delle condotte del M., emerse da indagini di polizia e magistratura, risalenti alla sua giovinezza e sviluppate in tempi recenti, le quali sono state correttamente considerate indizi rilevanti ai fini dell’applicazione della misura della sorveglianza speciale in esame;

c) l’assenza di consistente attività lecita di lavoro e la conseguente sproporzione tra entità del reddito e valore dei beni a lui imputabili.

E’ quindi pienamente coerente con questi dati e pienamente conforme alla consolidata giurisprudenza, la decisione conclusiva del decreto, laddove ritiene l’operatività della presunzione iuris tantum deducibile dall’esperienza, secondo cui i beni formalmente intestati a familiari e conviventi del soggetto pericoloso, in base al regime probatorio vigente per le misure di prevenzione, rientrano nel suo patrimonio, costituito dal risultato economico delle sua illecita condotta di vita. Conseguentemente è da riconoscere la piena giustificazione della confisca dei beni del M., in quanto il suo tenore di vita, caratterizzato dall’acquisto della quota societaria e dell’immobile di (OMISSIS), non è logicamente confacente al reddito di una disoccupato o lavoratore precario.

Non risulta poi dimostrato che tale immobile sia stato acquistato con proprie risorse economiche dalla D.M., o che sia stato a questa donato dal padre. Sotto quest’ultimo profilo, e manifestamente inconsistente la pretesa della ricorrente di delegare all’autorità procedente l’onere di acquisizione di documentazione sulla situazione finanziaria del proprio padre.

La data di acquisto dell’immobile, alla luce dell’inserimento del M. sin dalla giovinezza, nell’associazione, non ha alcun rilievo ai fini della dimostrazione della non assoggettabilità alla misura patrimoniale della confisca.

La motivazione del decreto ha quindi lo spessore che la rende assolutamente immune da censure in sede di giudizio di legittimità, dovendosi escludere che ricorra l’ipotesi di violazione di legge,anche sub specie di motivazione apparente.

Va a questo punto rilevato che in questa sede il controllo del provvedimento è limitato alla verifica della rispondenza degli elementi esaminati ai parametri legali imposti per l’applicazione delle singole misure personali e patrimoniali. Considerato il suindicato esito positivo di tale verifica in relazione al provvedimento impugnato, i motivi diretti a censurare la violazione di legge e la logicità della motivazione sono da considerare infondati. Ne consegue il rigetto del ricorso di M.C. e D.M.C., con condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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