Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-07-2011) 07-12-2011, n. 45867

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 23.9.2010, il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava il provvedimento emesso dal Gip dello stesso tribunale, in data 4.8.2010, con il quale veniva applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Z.R. per il delitto di partecipazione all’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, operante nel territorio di Reggio Calabria e provincia, ed in particolare con il ruolo di vertice del locale di (OMISSIS) e della articolazione artigiana dell’organizzazione criminale, con compiti diversi tra i quali quello di curare i rapporti con gli esponenti apicali della Provincia ed in particolare con O.D..

2. Il tribunale, dopo avere ripercorso i temi delle indagini in relazione alle strutture associative In contestazione rilevava in primo luogo che già nell’ambito di procedimenti definitivamente conclusi erano stati accertati i tratti fondamentali dell’organizzazione dei gruppi criminali ‘ndranghetisti nell’ambito dei diversi territori. Quindi, dalle numerose conversazioni intercettate delle più recenti indagini si traevano elementi univoci in ordine all’attuale operatività delle locali di ‘ndrangheta e della esistenza di un organismo più ampio e sovraordinato denominato "Provincia".

Quanto alla specifica posizione dello Z., il tribunale rilevava che elementi univoci del suo inserimento nel sodalizio e del ruolo apicale dallo stesso rivestito si desumevano dalle conversazioni registrate nell’agrumeto del coindagato O. D., sito in (OMISSIS), ove si tenevano incontri tra personaggi di spicco appartenenti alle famiglie criminali più importanti della provincia di Reggio Calabria.

3. Avverso la predetta ordinanza ricorre Z.R., a mezzo del difensore di fiducia, deducendo con un unico motivo di ricorso il vizio di motivazione In ordine alla sussistenza degli indizi di partecipazione all’associazione mafiosa, tratti esclusivamente dal contenuto di una conversazione intercettata dalla quale non emergono circostanze idonee a configurare il dedotto compendio indiziario.

Evidenzia la palese contraddizione tra l’assunta appartenenza del ricorrente con il ruolo di vertice di un locale, quello di (OMISSIS), e l’affermazione che nella conversazione intercettata si discuteva della possibilità di costituire detto locale.

Peraltro, nell’ordinanza impugnata non viene indicato il concreto contributo causale all’attività criminale del ricorrente.

Motivi della decisione

Il ricorso, al limite dell’ammissibilità, deve essere rigettato.

Invero, lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la partecipazione dello Z. al sodalizio criminale.

Il tribunale ha evidenziato che elementi univoci dell’inserimento del ricorrente nel sodalizio si desumevano dalle conversazioni registrate nell’agrumeto del coindagato O.D. ove si tenevano incontri tra personaggi di spicco appartenenti alle famiglie criminali più importanti della provincia di Reggio Calabria; in particolare, da quelle integralmente riportate nell’ordinanza captate il 30.8.2009 quando lo Z. giungeva presso la proprietà dell’ O. a bordo dell’auto Kia insieme ad O. M.. Da una conversazione si rilevava l’esistenza di una articolazione del sodalizio in (OMISSIS); emergeva chiaramente dal tenore della stessa che lo Z. erano inseriti in detto contesto criminale e che la visita dell’indagato era finalizzata ad ottenere dall’ O. l’autorizzazione a che una ‘ndrina distaccata potesse essere trasformata in struttura autonoma.

In ordine a tale questione l’ O. invitava l’indagato a recarsi a (OMISSIS) per discuterne lì dove avrebbe ricevuto la carica di capocrimine.

Va ribadito, che "gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano: a) gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; b) precisi e non equivoci, cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè non contrastanti tra loro e, più ancora, con altri dati o elementi certi". (Sez. 4, n. 22391, del 02/04/2003, Quehalliu Luan, rv. 224962). All’evidenza, detto principio vale a maggior ragione con riguardo alla sussistenza dei gravi indizi di cui all’art. 273 c.p.p. per i quali non è richiesta la gravità, precisione e concordanza necessarie al fine di ritenere la c.d. prova indiziaria, bensì la qualificata probabilità della colpevolezza.

Di talchè, considerato che la valutazione compiuta dal tribunale verte sul grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 c.p.p., per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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