Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-06-2012, n. 10901 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1^.- Con ricorso al Tribunale di Roma L.O., assunta da Poste Italiane s.p.a. con: 1) due contratti a tempo determinato, rispettivamente, per i periodi 23 febbraio-30 aprile 1998 e 2 ottobrel998-30 gennaio 1999 (entrambi prorogati) per "esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane"; 2) un terzo contratto dello stesso tipo per il periodo 29 giugno-30 settembre 1998 per "necessità dell’espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno- settembre", rilevava la illegittimità dell’apposizione del termine ai contratti in questione. Pertanto, sosteneva che essendo state le assunzioni illegittime, i contratti si erano convertiti in contratti a tempo indeterminato. Chiedeva pertanto che, previa dichiarazione di illegittimità del termine apposto ai predetti contratti di lavoro, fosse dichiarata l’avvenuta trasformazione degli stessi in contratti a tempo indeterminato, con consequenziali pronunce in ordine agli intimati recessi.

Il Tribunale adito, con sentenza del 21 luglio 2004, accogliendo integralmente la domanda, e pertanto dichiarava la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 23 febbraio 1998, con le consequenziali pronunce.

Avverso tale sentenza proponeva appello la società lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo il rigetto integrale delle pretese della lavoratrice.

2 – La Corte d’appello di Roma, con la sentenza attualmente impugnata, respingeva l’appello.

La Corte territoriale – inquadrati i contratti nell’ambito del sistema di cui alla L. n. 56 del 1987, art. 23 che aveva delegato le OOSS a individuare nuove ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva ha dichiarato la nullità del termine: a) del primo contratto (stipulato per il periodo dal 23 febbraio al 30 aprile 1998 e prorogato fino al 30 maggio 1998) per le esigenze eccezionali cit.) perchè la normativa collettiva consentiva l’assunzione a termine per le causali dedotte solo fino al 30 aprile 1998; b) del contratto stipulato per il periodo 29 giugno-30 settembre 1998 per assicurare il servizio nel periodo del godimento delle ferie da parte del personale a tempo indeterminato, per mancanza della prova dell’esistenza delle specifiche condizioni asseritamente giustificative del contratto stesso.

3.- Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la società con cinque motivi di impugnazione. Resiste con controricorso, illustrato da memoria, la lavoratrice.

La ricorrente deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ., nella quale chiede l’applicabilità dello ius superveniens rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010.

Motivi della decisione

1^ – Sintesi dei motivi.

2.- La società ricorrente con i suddetti cinque motivi: 1) contesta l’assunto del giudice di merito che la contrattazione collettiva adottata da Poste Italiane e organizzazioni sindacali in attuazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 abbia legittimato la stipula solo fino al 30 aprile 1998 e che, comunque le parti negoziali avessero voluto effettivamente vincolare la loro capacità negoziale solo fino a questa data (primo e terzo motivo); 2) ritiene che l’apposizione del termine per "necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre" ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. del 1994 è fattispecie del tutto autonoma da quella contemplata dalla L. n. 230 del 1962, e non richiede prova circa l’esistenza della sussistenza in fatto di dette necessità nella fattispecie specifica (secondo motivo); 3) ritiene che la contrattazione collettiva non si sia esaurita con l’accordo 25 settembre 1997 integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 1998, ma si sia protratta anche successivamente in un continuum negoziale che avrebbe legittimato anche le assunzioni per esigenze eccezionali successive al 30 aprile 1998 (quarto motivo); 4) sostiene, infine, che con riguardo alle conseguenze economiche della dichiarazione di nullità dell’apposizione del termine, la sentenza impugnata avrebbe violato, con motivazione contraddittoria, i principi e le norme sulla messa in mora e sulla corrispettività delle prestazioni, in relazione sia al disposto riconoscimento del diritto alla controprestazione retributiva pur in assenza della prestazione lavorativa (quinto motivo).

2 – Esame dei motivi.

3.- Il ricorso è da accogliere, nei limiti di seguito precisati.

Con riferimento ad entrambe le fattispecie contrattuali prese in esame dalla Corte d’appello, va ricordato che in base ad un consolidato orientamento di questa Corte – cui il Collegio intende dare continuità – per i contratti successivi al 30 giugno 1997 (cioè al periodo di applicazione del D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 9 convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608) e anteriori al c.c.n.l. del 11 gennaio 2001 (nonchè al nuovo regime previsto dal D.Lgs. n. 368 del 2001) vanno applicati i principi più volte affermati da questa Corte in materia, in base ai quali, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, è stato precisato che "l’attribuzione alla contrattazione collettiva, della L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali e di provare la sussistenza del nesso causale fra le mansioni in concreto affidate e le esigenze aziendali poste a fondamento dell’assunzione a termine". (vedi, fra le altre: Cass. 27 luglio 2010, n. 17550; Cass. 8 luglio-2009, n. 15981; Cass. 4 agosto 2008, n. 21063, nonchè Cass. 20 aprile 2006, n. 9245; Cass. 7 marzo 2005, n. 4862; Cass. 26 luglio 2004, n. 14011).

In tale quadro, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo), la relativa inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (vedi, per tutte: Cass. 23 agosto 2006, n. 18383; Cass. 14 aprile 2005, n. 7745; Cass. 14 febbraio 2004, n. 2866), per cui, come ripetutamente affermato da questa Corte, deve ritenersi che "in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998, sicchè deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962 n. 230, art. 1" (vedi, fra le altre: Cass. 1 ottobre 2007, n. 20608; Cass. 27 marzo 2008, n. 7979; Cass. 27 luglio 2010, n. 17550 cit.).

Peraltro, tale limite temporale (del 30 aprile 1998) non riguarda i contratti stipulati ex art. 8 c.c.n.l. 1994 per "necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie" (per i quali vedi, fra le altre: Cass. 2 marzo 2007, n. 4933; Cass. 7 marzo 2008, n. 6204; Cass. 28 marzo 2008, n. 8122), mentre, per quanto riguarda la proroga di trenta giorni prevista dall’accordo 27 aprile 1998, per i contratti in scadenza al 30 aprile 1998, la giurisprudenza costante di questa Corte ne ha affermato la legittimità, sulla base della sussistenza, riconosciuta in sede collettiva, delle esigenze contingenti ed imprevedibili, connesse con i ritardi che hanno inciso negativamente sul programma di ristrutturazione (vedi, fra le altre: Cass. 24 settembre 2007, n. 19696; Cass. 29 agosto 2011, n. 17746).

4 – Ne consegue che la sentenza impugnata si è discostata dai suindicati principi perchè ha dichiarato la nullità: 1) del termine apposto per esigenze eccezionali ecc. al primo contratto stipulato per il periodo 23 febbraio-30 aprile 1998 (prorogato fino al 30 maggio 1998), ancorchè per quel che si è detto in casi simili le parti sociali si fossero accordate per una proroga proprio fino al 30 maggio 1998 dei contratti a termine in scadenza il 30 aprile precedente; 2) del termine apposto al secondo contratto stipulato per il periodo 29 giugno 1998-30 settembre 1998, senza considerare che, in base alla costante giurisprudenza di questa Corte, la fattispecie ivi dedotta (necessità di assicurare il servizio nel periodo feriale giugno-settembre), in ragione dell’uso dell’espressione in concomitanza adottata nella formulazione dell’art. 8 del c.c.n.l. del 1994, viene considerata dalle parti collettive sempre sussistente nel periodo stabilito (giugno-settembre).

In tali sensi, vanno accolti i primi quattro motivi del ricorso, rimanendo assorbito il quinto.

3^ – Conclusioni.

6.- In conclusione, il ricorso deve essere accolto, nei sensi sopra indicati. La sentenza impugnata va, quindi, cassata in riferimento alle censure accolte. Non potendo provvedersi nel merito – visto che nella sentenza impugnata risultano essere stati presi in considerazione soltanto due dei tre contratti a termine stipulati fra le parti (ai quali fanno espresso riferimento sia il ricorso sia il controricorso) – la causa deve essere rinviata alla Corte di appello di Roma in diversa composizione che si atterrà ai principi su affermati e provvederà anche alle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 17 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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