Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-05-2011) 07-12-2011, n. 45656

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre personalmente per cassazione, per tramite del difensore, C.G. – assolto, dalla Corte d’appello di Firenze, con sentenza 20 novembre 2007 divenuta irrevocabile,dal delitti di rapina aggravata nonchè di furto pluriaggravato e di lesioni volontarie aggravate, commessi in (OMISSIS) – avverso l’ordinanza 21 dicembre 2009 con la quale la Corte d’appello di FIRENZE ha respinto la domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione subita in carcere ed agli arresti domiciliari, per il periodo compreso tra il 22 dicembre 2005 ed il 20 novembre 2007,sul presupposto della sussistenza di comportamenti dell’istante connotati da colpa grave e con valenza quantomeno sinergica ai fini dell’emissione e del mantenimento della misura restrittiva della libertà personale. Ha in particolare evidenziato la Corte d’appello che nei confronti del C. (condannato in primo grado per i delitti ascrittigli) erano rimasti accertati e rapporti di frequentazione con il B. (riconosciuto autore della rapina degli altri reati e per gli stessi condannato con sentenza da ritenersi irrevocabile) e con altri soggetti dediti alla commissione di analoghi delitti, tantochè, in precedenza, il C. stesso era stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.. Nè questi, in sede di interrogatorio di garanzia, ebbe a rendere precise dichiarazioni a propria discolpa;

donde la ricorrenza, negli inquirenti, di comprensibili ragioni di sospetto atte a fuorviare le valutazioni operate in sede di applicazione della misura cautelare sì da corroborare il dato indiziario della compatibilità della fisionomia del secondo rapinatore,entrato in banca e ripreso dalle telecamere a circuito chiuso ivi installate, con la persona dell’istante.

Censura il ricorrente l’ordinanza deducendo un unico motivo per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e).

La Corte distrettuale avrebbe fatto erronea applicazione del disposto dell’art. 314 c.p.p., comma 1 non valendo ad integrare l’ostativa colpa grave, la condotta serbata dall’istante in sede di interrogatorio di garanzia nel corso del quale peraltro egli aveva dedotto specifiche circostanze idonee a caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede investigativa, prospettando, a propria discolpa, in via ipotetica,il fatto che, il giorno della rapina, si sarebbe trovato invece al lavoro presso la ditta Renna Maria Grazia; donde l’onere dell’A.G. di verificare la veridicità dell’assunto. Nè avrebbe in ogni caso la Corte d’appello di Firenze dimostrato da quali elementi era possibile dedurre l’incidenza causale del comportamento del C., in relazione all’adozione ed al mantenimento della misura cautelare.

Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta in atti, ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, in accoglimento del proposto ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è Infondato e deve quindi esser respinto con il conseguente onere, a carico del ricorrente, del pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 c.p.p..

Diversamente da quanto asserito dal difensore del C., la Corte d’appello di Firenze, in corretta e legittima applicazione della normativa in materia, è giunta a ritenere sussistente la colpa grave, quale ostativa causa al riconoscimento del diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione, dando peraltro congrua ed adeguata spiegazione dell’iter argomentativo seguito. Era invero emerso che il C., con comportamenti improntati a macroscopica leggerezza e ad inescusabile imprudenza, posti in essere successivamente alla perpetrazione, in data 1 marzo 2004, della rapina aggravata in danno dell’Agenzia n. (OMISSIS) di Arezzo della Banca popolare dell’Etruria e del Lazio nonchè dei reati di furto pluriaggravato e di lesioni volontarie (al primo delitto teleologicamente connessi) ha dato luogo ad una situazione, legittimante il prevedibile, benchè non voluto, intervento degli inquirenti, tratti in tal modo in errore in ordine al suo coinvolgimento nella consumazione dei suddetti reati. Successivamente alla data della rapina: 1 marzo 2004 ed anteriormente all’adozione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare custodiate: 19 dicembre 2005 infatti il C. era stato denunziato ad altra A.G. perchè colto in possesso, in (OMISSIS), unitamente al B. ed all’ A. (indicati come suoi correi nei delitti de quibus) il 19 marzo 2004, di spadini, taglierini, collants elastici da donna e di un paio di guanti in lattice ed egualmente era stato denunziato per altre rapini commesse in danno di istituti di credito, il (OMISSIS). Il (OMISSIS) lo stesso C. era stato colto dalla P.G. in comune di (OMISSIS), mentre, in transito sull’A1, trasportava a bordo di autovettura condotta da altro soggetto, numerosi arnesi vari atti allo scasso, calzamaglie, un rotolo di nastro adesivo, un paio di guanti di lattice: il tutto costituente l’armamentario tipicamente e solitamente impiegato dai rapinatori. In precedenza: l’8 gennaio 2004 al C. era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.. Lo stesso era stato denunziato per plurimi reato di rapina, consumati in epoca ancora precedente. Ha quindi rimarcato la Corte distrettuale siffatti comportamenti erano stati, nella fase delle indagini preliminari, "incolpevolmente ritenuti idonei a corroborare il quadro indiziario accusatorio, già grave e preciso, come desumibile dalla compatibilità con la fisionomia del C., delle immagini riprese dalle telecamere a circuito chiuso in funzione nell’istituto di credito rapinato, giusta quanto accertato dai RIS di Roma dei Carabinieri. E’ quindi pacifico che l’istante aveva contribuito, in termini rilevanti, ad ingenerare l’erronea apparenza della sua compartecipazione all’attività delittuosa.

Nè, con le dichiarazione rese posteriormente all’esecuzione della misura cautelare, in sede di interrogatorio di garanzia, il C. – come altresì sottolineato dal provvedimento impugnato – ebbe a chiarire la propria posizione sì da apportare un decisivo contributo atto a dissipare i sospetti obiettivamente conseguenti alla sua condotta anteatta.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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