Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-11-2011) 09-12-2011, n. 45934

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza in data 1/8/2011, confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale di Napoli, in data 18/7/2011, con la quale veniva disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di C.C., indagato, nella sua qualità di direttore operativo di Stia s.p.a, prima e Enerambiente s.p.a., società affidatane del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani nella città di (OMISSIS), di estorsione aggravata e corruzione per aver adottato comportamenti minacciosi diretti a immettere nel servizio appaltato con altre società, personale ulteriore rispetto al limite fissato dalla stazione appaltante, segnalato da sponsor politici e rappresentanti sindacali, (in particolare N.K., persona legata da rapporti sentimentali al prevenuto a cui veniva versato, in assenza di qualsiasi prestazione, tramite il C., uno stipendio netto di Euro 1300 mensili), nonchè a ottenere dazioni di somme di denaro per finanziare provviste da destinare a dirigenti amministratori della stazione appaltante e a loro collaboratori, pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, non ancora identificati, della Asia s.p.a., società in hause del comune di Napoli, costituita al fine della raccolta dei rifiuti solidi urbani.

Proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’indagato deducendo i seguenti motivi:

a) contraddittorietà e illogicità dell’ordinanza impugnata e dell’ordinanza cautelare in relazione alla contemporanea ipotizzabilità dei due reati contestati, ritenendo come le ipotesi correttiva di cui al capo b) fosse in contrasto con quella di cui al capo a);

b) violazione e erronea applicazione dell’art. 629 c.p. per l’assenza di "costrizione" e per assenza di danno delle presunte parti offese (Enerambiente e altre due cooperative che, in tempi successivi, operavano illegittimamente con la stessa), ritenute dal ricorrente concorrenti nel reato di corruzione;

c) travisamento del fatto in ordine alla sussistenza di un danno per le cooperative, essendosi prestato soltanto a far apparire un incasso maggiore di quello effettivamente percepito in modo tale da consentire al F., amministratore delegato di Enerambiente, di disporre di somme "a nero";

d) violazione ed erronea applicazione dell’art. 629 c.p., con riferimento all’addebito relativo alla "doverosa assunzione" da parte delle cooperative, di personale segnalato da Enerambiente e da sponsor politici e assenza di danno economico, svolgendo, comunque, gli assunti "segnalati" regolarmente il loro servizio, percependo un regolare stipendio dando luogo, semmai, a un mero favoritismo nell’ambito di strutture private e, quindi, in assenza di condotte penalmente rilevanti;

e) violazione ed erronea applicazione dell’art. 319 c.p. e art. 273 c.p.p., comma 1, riferendosi, le presunte dazioni di denaro, a pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio allo stato non ancora identificati, ritenendo sussistere dubbi circa l’effettivo concorso di tali soggetti nei fatti conduttivi, potendo la condotta integrare gli estremi del millantato credito o truffa a carico del F., percettore delle somme che avrebbe dovuto corrispondere a non identificati funzionari dell’Asia per compensarli degli omessi controlli in loro danno, evidenziando comportamenti sintomatici al riguardo.

Motivi della decisione

Con riferimento al primo motivo di ricorso non si ravvisa alcun insanabile contrasto tra i capi di imputazione in ordine alle prospettive accusatorie che ancora possono essere approfondite e meglio precisate, senza che la eventuale corresponsabilità di altri soggetti nei fatti contestati, prospettata dal ricorrente, possa influire in ordine alla responsabilità dell’indagato. Il ricorso con riferimento al reato estorsivo di cui al capo a) è infondato.

Configura il reato di estorsione la condotta dei monopolisti di fatto, tra i quali anche ricorrente, del servizio esternalizzato di raccolta dei rifiuti solidi urbani che esercitino pressioni sulle cooperative che illegittimamente, anche se nella tolleranza dell’ente appaltante, forniscono lavoro interinale allo scopo di farsi consegnare somme non dovute per far assumere personale segnalato anche dalla stazione appaltante minacciando di interrompere un rapporto che poteva sciogliersi in qualsiasi momento proprio perchè non iure.

In tale evenienza, è configurabile l’estorsione per la costrizione che non consente alternative utilmente percorribili e per l’ingiustizia del danno provocato e il corrispondente illecito arricchimento. Le risultanze istruttorie, con riferimento alle ipotesi estorsiva, risulta corroborata da rinvenimento, presso l’abitazione del ricorrente, di liste complete di persone da segnalare per l’assunzione presso le cooperative, costrette a consegnare somme di danaro sotto minaccia di interrompere un rapporto, comunque non iure.

La idoneità della minaccia, quale elemento costitutivo del delitto di estorsione, risulta anche correttamente valutata dal GIP e dal Tribunale con giudizio ex ante con riferimento alla obiettiva capacità di porre in essere un attacco alla libertà di determinazione delle cooperative e, per esse, dei rispettivi rappresentanti che vengono, in conseguenza, a trovarsi in stato di costrizione, conseguente alla pressione morale esercitata nei loro confronti.

In tema di delitto di estorsione, l’elemento dell’ingiusto profitto si individua in qualsiasi vantaggio, non solo di tipo economico.come nella fattispecie, che l’autore intenda conseguire, e che non si collega ad un diritto, perseguito con uno strumento antigiuridico, o ancora con uno strumento legale ma avente uno scopo tipico diverso.

(Sez. 2, Sentenza n. 16658 del 31/03/2008 Ud. (dep. 22/04/2008) Sez. 2, Sentenza n. 29563 del 17/11/2005 Ud. (dep. 04/09/2006).

Il danno è individuabile sia nell’esborso economico da parte delle cooperative di somme che comunque sarebbero di pertinenza delle stesse, sia nell’assunzione di personale scelto non in base a indicazioni dell’ufficio di collocamento o, comunque, in base a capacità professionali, ma solo in forza di segnalazione di amici o politici, sotto la minaccia delle interruzione della rapporto di lavoro con le predette cooperative. Nell’ipotesi di corruzione attiva per atto contrario ai doveri di ufficio l’elemento materiale del delitto consiste nel fatto di corrompere il pubblico ufficiale, dandogli o promettendogli denaro o altra utilità cosi da indurlo a commettere un fatto contrario ai propri doveri di ufficio, inteso questo come un qualsiasi atto che sia in contrasto con norme giuridiche o con istruzioni di servizio o che, comunque, violi i doveri di fedeltà, imparzialità ed onestà che debbono osservarsi da chiunque eserciti una pubblica funzione mentre l’elemento intenzionale e costituito dalla volontà libera e cosciente di indurre il pubblico ufficiale ad accettare doni o promesse per il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

Nella nozione di utilità di cui agli artt. 318 e 319 c.p. è compreso qualsiasi vantaggio materiale o morale, patrimoniale e non patrimoniale, che abbia valore per il pubblico ufficiale. Ne consegue che nella suddetta nozione sono comprese, oltre che le dazioni di denaro, anche i vantaggi conseguenti alla assunzioni di personale segnalato. Con riferimento al reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, ancorchè venga qualificata dal Tribunale la relativa condotta da parte di soggetti che si palesano, nei confronti dei contraenti privati, come interfaccia della pubblica amministrazione, nel momento in cui ricevono somme o utilità da destinare, come emerge allo stato delle indagini, a funzionari pubblici dei quali ripetono il potere esercitato nei confronti del contraente debole, il Tribunale non ha fornito una adeguata motivazione sulle ragioni per le quali, non essendo stati ancora individuati i pubblici funzionari beneficiari delle elargizioni, debbano escludersi valutazioni alternativi quali il millantato credito e essendo rimaste generiche le ulteriori condotte corruttive che vanno ricondotte a specifici episodi connotati dalla gravità indiziaria, sia pure evidenziate nella motivazione con riferimento agli episodi corruttivi, indicati nel provvedimento, senza tuttavia che siano indicate circostanze modalità e soggetti interessati, al fine di potere operare una valutazione di tale enunciazioni che, altrimenti, rimarrebbero allo stato di teorema.

Va, quindi, annullata l’ordinanza impugnata in ordine al reato di corruzione contestato al capo b) con rinvio al Tribunale di Napoli che, nella piena libertà di valutazione propria del giudice di merito, dovrà procedere a nuovo esame sul punto e nuova valutazione delle sussistenza delle esigenze cautelari con riferimento al mantenimento della misura cautelare.

Va rigettato nel resto, il ricorso.

P.Q.M.

Annulla l’impugnata ordinanza in ordine al reato sub b) con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame sul punto.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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