Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-06-2012, n. 10896 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 49/2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Biella, in accoglimento della domanda proposta da M.P. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro concluso tra le parti per "esigenze di carattere straordinario …" ex art. 25 del ccnl del 2001, per il periodo 1-2-2001/31-5-2001, con conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 1-2-2001, e condannava la società al pagamento delle retribuzioni maturate dal 14-10-2003.

La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.

Il M. restava contumace.

La corte d’Appello di Torino, con sentenza depositata il 5-2-2007, respingeva l’appello.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con due motivi.

Il M. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, art. 25 ccnl 11-1-2001, artt. 1362 e ss. c.c. e vizio di motivazione, deduce che la sentenza impugnata si fonda sul "pregiudizio" secondo cui l’art. 23 citato "non consentirebbe all’autonomia collettiva di costruire fattispecie legittimanti assunzioni a termine collegate a situazioni (oggettive o soggettive) tipicamente aziendali che non sia direttamente collegate ad occasioni precarie di lavoro". In particolare la società lamenta che sulla base di tale "pregiudizio", contrastante con il principio della "delega in bianco" conferita dalla L. del 1987 alla contrattazione collettiva, la Corte di merito ha interpretato l’art. 25 del ccnl del 2001 "nel senso per cui esso avrebbe consentito l’assunzione a tempo determinato solo laddove sussista concretamente un collegamento tra l’assunzione del singolo lavoratore e le esigenze straordinarie richiamate per giustificarla, con riferimento a specifici uffici e mansioni", laddove un siffatto collegamento non è stato previsto nè è stato voluto dalle parti collettive.

Il motivo è fondato.

Con riferimento ai contratti a termine conclusi ai sensi dell’art. 25 del ccnl del 2001, nel regime anteriore al D.Lgs. n. 368 del 2001, in particolare questa Corte Suprema (v. fra le altre Cass. 26 settembre 2007 n. 20162, Cass. 1-10-2007 n. 20608) decidendo in casi analoghi, ha cassato la sentenza del giudice di merito che ha dichiarato illegittimo il termine apposto ad un contratto stipulato in base alla previsione della norma contrattuale sopra citata, osservando, in linea generale, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modifiche nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis convertito con modificazioni dalla legge 15 marzo 1983 n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588), e che in forza della sopra citata delega in bianco le parti sindacali hanno individuato, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, quella di cui al citato art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001.

In specie, quale conseguenza della suddetta delega in bianco conferita dal citato art. 23, questa Corte ha precisato che i sindacati, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente "soggettivo", costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato idonea garanzia per i lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei loro diritti.

Premesso, poi, che l’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 prevede, come si è visto, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, questa Corte ha ritenuto viziata l’interpretazione dei giudici del merito che, sull’assunto della assoluta genericità della disposizione in esame, ha affermato che la stessa non contiene alcuna autorizzazione ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra i singoli contratti e le esigenze aziendali cui gli stessi sono strumentali.

Tale orientamento va confermato in questa sede, essendo, del resto, la tesi accolta dalla Corte di Appello fondata sull’erroneo presupposto che il legislatore non avrebbe conferito una "delega in bianco" ai soggetti collettivi ed avrebbe imposto al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962.

Del pari, nel quadro delineato, neppure era necessario che il contratto individuale contenesse specificazioni ulteriori rispetto a quelle menzionate nella norma collettiva (v. fra le altre Cass. 14-3- 2008 n. 6988), nè occorreva la prova di un collegamento concreto tra l’assunzione del singolo lavoratore e le esigenze di carattere straordinario richiamate, con riferimento alla specificità di uffici e di mansioni (v. fra le altre Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 30-3- 2010 n. 7656).

Pertanto, ritenuto che le ragioni per le quali la apposizione del termine al contratto in esame è stata ritenuta illegittima, sono basate su una violazione di legge che ha altresì comportato una interpretazione errata della norma collettiva de qua, va accolto il primo motivo, restando assorbito il secondo (riguardante la eccepita risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito).

La impugnata sentenza va pertanto cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione, la quale, statuendo anche sulle spese di legittimità, nonchè sulle questioni relative agli ulteriori profili di nullità del termine non trattati nell’impugnata sentenza perchè assorbiti (vedi controricorso), provvederà attenendosi ai principi sopra richiamati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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