Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-11-2011) 09-12-2011, n. 45927

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Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Bari, con ordinanza in data 3/3/2011, confermava l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Bari, in data 8/10/2010 di rigetto dell’istanza di revoca, proposta nell’interesse di N.G., del sequestro preventivo dell’immobile sito in (OMISSIS), di proprietà del consorzio (OMISSIS), rilevando la carenza di legittimazione del ricorrente a richiedere la restituzione dei beni in sequestro, non essendo indagato, nè proprietario del bene.

Proponeva ricorso per cassazione il difensore di N. G. e l’Agrienergy Group s.p.a., incorporante la Edilinvest s.r.l., deducendo i seguenti motivi:

a) ammissibilità del ricorso, formulato nei termini di legge;

b) inosservanza e erronea applicazione della legge penale, di norme processuali e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: 1) con riferimento al giudicato cautelare sulla presunta mancanza di legittimazione attiva e/o interesse dell’istante, non essendovi alcuna pronuncia nell’ordinanza del GIP in ordine a tali questioni e il Tribunale del riesame, trattandosi di procedura di appello, non poteva esprimersi al riguardo; 2) subordinatamente rilevava l’interesse ad impugnare il provvedimento pur non essendo proprietario dell’immobile, essendo coindagato, ritenendo che l’archiviazione della posizione del N., per intervenuta prescrizione, non costituisse assoluzione nel merito, dovendosi intendere per interesse all’impugnazione non solo quello effettivo, ma anche solo potenzialmente sussistente; 3) sussistenza, comunque di un interesse in capo agli istanti a conseguire il dissequestro dell’immobile e la cancellazione delle relative trascrizioni che costituiscono ostacolo per il prosieguo della procedura esecutiva immobiliare pendente dinanzi al Tribunale di Bari, promossa dal creditore procedente Agrienergy Group s.p.a., incorporante la Edilinvest s.r.l., al fine del recupero del proprio credito, attualmente sospesa sino all’esito del procedimento penale e/o sino al dissequestro dell’immobile; rilevava, inoltre, la contraddittorietà della ritenuta legittimazione attiva del custode giudiziario che non è soggetto autonomo indipendente in quanto la sua nomina avviene nell’interesse della procedura esecutiva immobiliare e, per essa del creditore procedente (Agrienergy Group s.p.a., incorporante la Edilinvest s.r.l.) e non potendo il custode richiedere il dissequestro, avendo solo compiti di gestione dell’immobile;

c) inosservanza e erronea applicazione della legge penale, di norme processuali e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, avendo dovuto gli organi competenti provvedere d’ufficio alla revoca del sequestro, previsto dall’art. 321 c.p.p., comma 1, che non comporta la confisca del bene, prevista dal comma 2 del medesimo articolo; rilevava l’illegittimità della trascrizione presso la competente Agenzia del territorio di Bari, in quanto nessuna norma di legge, sia penale che civile, prevede la trascrizione per il sequestro preventivo penale che non stabilisca la confisca dei beni, trattandosi di sequestro preventivo immobiliare anteriore al novellato art. 104 disp. att. c.p.c. (L. n. 94 del 2009) che dispone, ma solo dall’entrata in vigore di detta legge, che i sequestri preventivi immobiliari si eseguono mediante la trascrizione presso i competenti uffici.

Osservava, inoltre come il sequestro ex art. 321 c.p.p., non fosse stato modificato dal Tribunale del riesame (17.9.2003) che aveva, anzi espressamente confermato lo stesso senza alcuna "conversione" in sequestro ex art. 321 c.p.p., comma 2;

Sotto altro profilo rilevava: 2) l’omessa pronunzia del Tribunale della libertà circa la sussistenza dei presupposti per il sequestro penale dell’immobile, non risultando essere stati percepiti contributi statali; 3) decadenza del sequestro preventivo ai sensi dell’art. 27 c.p.p.. Omessa pronuncia e difetto di motivazione in ordine alla incompetenza territoriale, essendo stato il provvedimento emesso dal GIP presso il Tribunale di Salerno ed essendo stato trasferito il processo relativo alle vicende della società Altamura, per competenza territoriale, alla procura della Repubblica di Bari, senza provvedere agli incombenti previsti dal citato art. 27 c.p.p.;

4) irregolarità della trascrizione con conseguente sua cancellazione e omessa pronuncia al riguardo, anche ex officio, concernendo la trascrizione il sequestro originario emesso dal GIP di Salerno, mentre avrebbe dovuto essere nuovamente effettuata; 5) cancellazione, in ogni caso, della trascrizione relativa al sequestro preventivo di urgenza emesso dal PM presso la procura di Salerno non convalidato dal GIP di Salerno, essendo stato revocato per effetto della mancata convalida.

Motivi della decisione

Preliminarmente si da atto che il difensore del ricorrente ha allegato copia della notifica del provvedimento impugnato dal precedente difensore avvocato Longo Michele in data 2 novembre 2010, con conseguente ritualità dell’impugnazione con atto di appello depositato il 12 novembre 2010.

Va disatteso il motivo di ricorso concernente il formarsi del giudicato cautelare relativamente alla legittimazione attiva dei ricorrenti, in mancanza di alcuna pronuncia in ordine a tale questione, essendosi il GIP limitato a rigettare nel merito la richiesta di sequestro, non affrontando la problematica nè statuendo in alcun modo in ordine alla legittimazione e interesse degli istanti.

I ricorrenti ritengono, sostanzialmente, richiamando i limiti insuperabili del giudicato cautelare, che sia interdetto qualunque esame del punto concernente la legittimazione a ricorrere in sede di appello, in assenza di una specifica censura avanzata dalla parte contro la decisione, espressa o implicita, sulla giurisdizione. Tale orientamento non può essere condiviso.

Ritiene, invece, il Collegio che il giudice d’appello possa procedere alla valutazione, anche di ufficio, della legittimazione, in mancanza di una statuizione implicita sulla legittimazione del ricorrente da parte del GIP, mentre solo le statuizioni esplicite sulla legittimazione richiedono, invece, apposita impugnativa.

Va anche disatteso il motivo di ricorso che ritiene sussistente la qualità di indagato anche a seguito della intervenuta archiviazione, in epoca antecedente alla presentazione dell’istanza di dissequestro, per prescrizione del reato, del N..

A seguito della declaratoria di prescrizione l’indagato o l’imputato perdono tale qualifica, indipendentemente dalla natura del relativo provvedimento, venendo meno il carattere di persona coinvolta nei fatti penali oggetto del procedimento, a prescindere dalla possibile revoca del provvedimento di archiviazione, con riapertura delle indagini che, solamente da tale momento, fa riacquistare la qualità di indagato o imputato. Deve anche ritenersi che il soggetto avente un interesse al dissequestro dell’immobile, ma non indagato, non possa proporre richiesta di riesame avverso il provvedimento di sequestro preventivo di un bene di cui egli non sia titolare, pur vantando un interesse alla proposizione del gravame. In materia di sequestro preventivo il soggetto che non riveste la qualità di soggetto titolare del diritto all’eventuale restituzione delle cose sequestrate (quale l’indagato), non è legittimato a proporre impugnazione avverso l’ordinanza del GIP che abbia rigettato la richiesta di dissequestro del bene, in quanto la disposizione di cui all’art. 325 c.p.p. – a differenza di quanto previsto dall’art. 318 c.p.p. in relazione al sequestro conservativo – attribuisce tale diritto solo a chi sia stato leso dal provvedimento ablativo e non già a chiunque possa avervi interesse.

Le persone che rivestono interesse alla restituzione del bene, così come le parti offese, non sono legittimate a partecipare al procedimento di riesame del sequestro preventivo, e quindi neppure al giudizio di Cassazione contro l’ordinanza che ha deciso sul riesame, a meno che non rivestano anche la qualità di persone che potrebbero avere diritto alla restituzione delle cose sequestrate (cfr. Cass. Sez. 1A, n. 3123 del 16.6.2000, Civiero, rv. 216199). Ciò perchè a norma dell’art. 322 c.p.p., comma 1, possono presentare istanza di riesame solo l’imputato o indagato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione.

Va, quindi, conseguentemente, ritenuta la carenza di legittimazione del ricorrente in ordine alla richiesta di dissequestro dell’immobile, essendo stata proposta da soggetto non indagato e non proprietario dell’immobile, pur in presenza di un interesse dello stesso a conseguire il dissequestro dell’immobile e la cancellazione della relativa trascrizione e, indipendentemente dalla individuazione del soggetto effettivamente legittimato alla restituzione dell’immobile, tale diritto non può, comunque, riconoscersi agli attuali ricorrenti che non ne sono proprietari.

Le ulteriori questioni rimangono assorbite dalla conferma della declaratoria di carenza di legittimazione attiva che non consente l’esame degli ulteriori motivi di ricorso.

Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2011

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