T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 11-01-2012, n. 13

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 26.10.2010 e depositato presso la Segreteria della Sezione il 12.11.2010, V.Z. impugna il decreto del Questore di Brescia (ad esso sconosciuto negli estremi identificativi) con il quale è stata rigettata l’istanza di conversione del permesso di soggiorno da motivi di minor età a lavoro subordinato, di cui ha appreso l’esistenza a seguito di atto di respingimento alla frontiera marittima di Bari in data 1.9.2010 (all. come doc. n. 1 del ricorrente).

Il ricorrente articola "Violazione di legge (art. 32 D.Lgs. 286/9) ed Eccesso di potere".

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione dell’Interno, chiedendo il rigetto del gravame.

Alla Camera di consiglio del 24.11.2010 (ord. N. 195/10) la Sezione ha ordinato all’Amministrazione di depositare in giudizio il provvedimento impugnato nonché una relazione di chiarimenti, rinviando alla c.c. del 15.12.2010 per l’ulteriore trattazione.

In data 11.12.2010 l’Amministrazione procedeva a depositare in giudizio quanto richiesto.

Alla c.c. del15.12.2010 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, così motivando: "Vista la relazione in data 1.12.2010, depositata in segreteria l’11.12.2010, della Questura di Brescia, dalla quale si evince che il diniego di conversione di permesso di soggiorno per minore età (richiesto in data 11.6.2008 dal ricorrente) è stato emesso con Provv. in data 10 maggio 2010 e che tale atto risulta notificato (contrariamente da quanto affermato dal ricorrente) al Z.V. in data 1.9.2010 dalla Polizia di frontiera di Bari (cfr. all. 4);

Rilevato che

– il provvedimento si fonda sulla impossibilità di "procedere alla conversione …in assenza del previsto decreto di tutela o di affidamento", posto che"l’istituto dell’affido familiare in Kosovo è regolato dagli artt. 215-235 della Legge sulla Famiglia 2004/32 del 20.1.2006, la quale prevede solo ed esclusivamente l’affido giudiziale, disposto dai servizi sociali competenti presso il Comune di residenza della famiglia", così come certificato dall’Ambasciata d’Italia di Pristina con nota 10.4.2010;

– siffatta proposizione giustificativa risulta di per sè idonea a sorreggere l’atto di diniego;".

Peraltro, tale ordinanza è stata riformata – a seguito di proposizione di appello cautelare da parte del ricorrente – dal Consiglio di Stato Sez. III, con ord. n. 1280/11 del 18.3.2011., che ha accordato la sospensione cautelare e ordinato,ex art. 55, c. 10 c.p.a., la sollecita fissazione dell’udienza di merito.

In vista dell’udienza del 14.12.2011 le parti non hanno effettuato alcun deposito e, all’esito della pubblica udienza, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame, V.Z. impugna il Provv. in data 10 maggio 2010 del Questore di Brescia con il quale è stata rigettata l’istanza di conversione del permesso di soggiorno da motivi di minore età a lavoro subordinato.

Il provvedimento impugnato si regge sulla seguente scansione motivazionale:

– lo straniero in data 7.4.2008 ha ottenuto un permesso di soggiorno per motivi di minore età, allegando una dichiarazione resa dai genitori in Kossovo con cui si manifestava il consenso all’affidamento al fratello regolarmente soggiornante in Italia;

– con comunicazione di avvio del procedimento consegnata il 29.10.2009 veniva richiesto di produrre il provvedimento di tutela;

– tale atto di tutela non veniva però prodotto;

– l’Ambasciata d’Italia a Pristina – interpellata circa la validità giuridica nell’ordinamento kosovaro delle dichiarazioni rese dai genitori circa l’affidamento del figlio – con nota in data 19.1.2010 ha fatto sapere che "l’istituto dell’affido familiare in Kosovo è regolato dagli artt. 215-235 della Legge sulla Famiglia 2004/32 del 20.1.2006, la quale prevede solo ed esclusivamente l’affido giudiziale, disposto dai servizi sociali competenti presso il Comune di residenza della famiglia";

– ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. n. 286 del 1998 il permesso di soggiorno per minore età può essere convertito in un titolo per studio o accesso al lavoro subordinato o autonomo al compimento della maggiore età degli stranieri affidati ai sensi della L. n. 184 del 1983, o ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a 2 anni in un progetto di integrazione sociale e civile;

– non sussistono i requisiti per procedere alla conversione del permesso di soggiorno per minore età in un titolo per attesa occupazione in assenza del previsto decreto di tutela o di affidamento.

Il ricorrente contesta sia la necessità di un atto di affidamento o di tutela sia la non applicabilità al caso del minore affidato di fatto ad un familiare del requisito della partecipazione ad un progetto di integrazione sociale e civile della durata minima di due anni.

In relazione al primo profilo, la Sezione – che aveva motivatamente rigettato la istanza cautelare – deve prendere atto del diverso avviso espresso sulla questione dal Consiglio di Stato accogliendo l’appello cautelare proposto dall’odierno ricorrente (cfr. l’ord. N. 1280 del 18.3.32001 della Sez. 3), il quale ha rilevato che:

" – l’art. 32, comma 1, della L. n. 286 del 1998, nella versione vigente all’epoca della presentazione dell’istanza definita con il contestato atto reiettivo, prevedeva che potesse essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie e di cura ai soggetti stranieri, che compiano la maggiore età e che siano in condizione di affidamento ai sensi dell’art. 31, commi 1 e 2 (minore già iscritto nel permesso di soggiorno di un genitore) ed ai minori "comunque" affidati ai sensi dell’art. 2 della L. 4 maggio 1983, n. 184;

– secondo l’insegnamento dalla Corte costituzionale (Corte cost., 5 giugno 2003, n. 198), la disposizione va interpretata nel senso che il permesso deve essere rilasciato anche quando il minore sia stato sottoposto alla tutela ai sensi dell’art. 343 c.c., nonché a qualsivoglia tipo di affidamento ai sensi della L. n. 184 del 1983( non solo quello "amministrativo", ma anche quello "giudiziario" – rispettivamente art. 4, commi 1 e 2, L. n. 184 del 1983 – e anche quello "di fatto" ai sensi dell’art. 9 della medesima legge), senza che rilevino, dunque, le norme in materia di affido applicabili nel paese di provenienza;

– l’utilizzo dell’avverbio "comunque" non può avere altro significato se non quello di intendere l’affidamento in senso ampio, sia con riguardo all’affidamento effettuato in favore di una famiglia o una persona singola, sia con riguardo a quello in favore di una comunità ( Cons. St., sez. VI, 18 dicembre 2007, n. 6525; Cons. St., sez. VI, 12 febbraio 2007, n. 546; Cons. St., sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1681 ), ivi compresa una situazione di affidamento "di fatto" riconducibile all’art. 9, comma 4, della L. n. 184 del 1983(Consiglio di stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2545), riconoscibile a parere del Collegio, almeno ai fini di cui si tratta, anche quando la persona maggiorenne, che accoglie stabilmente nella propria abitazione il minore, sia un parente entro il quarto grado;".

Va soggiunto che tale indirizzo appare seguito anche da un considerevole orientamento di primo grado (cfr. TAR Toscana, Sez. 2, 16.12.2009 n. 3750 e TAR Piemonte, Sez. 2, 30.10.2009 n. 2344).

Con riguardo al secondo aspetto va rilevato che alla stregua del costante orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. St., Sez. VI 21.10.2009 n. 6450; 24.4.2009 n. 2545), ai fini della conversione del permesso di soggiorno rilasciato ad un cittadino extracomunitario di minore età diventato poi maggiorenne, l’art. 32 del D.Lgs. n. 286 del 1998 va interpretato nel senso che i commi 1-bis e 1-ter integrano una fattispecie distinta da quella del primo comma, con la conseguenza che le condizioni richieste in tali commi non si cumulano con quelle del primo comma, idonee autonomamente a consentire la conversione del permesso.

Va infine posto in luce che la fattispecie all’esame si caratterizza per porsi nel suo svolgimento a cavaliere fra due distinti regimi giuridici: quello di cui al testo dell’art. 32 del D.Lgs. n. 286 del 1998 risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 25 della L. 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo) e quello di cui al nuovo testo del medesimo art. 32 cit. come risultante dalle modificazioni scaturite dalla L. n. 94 del 2009.

Infatti, l’ingresso in Italia , il rilascio del permesso di soggiorno, il compimento della maggiore età e la richiesta di conversione del permesso di soggiorno, da parte dell’odierno ricorrente sono avvenuti in data anteriore alla modifica legislativa del 2009 mentre l’atto di diniego è intervenuto in epoca successiva.

Peraltro, la circostanza dell’emanazione dell’atto quando era entrata in vigore la nuova (più restrittiva) disciplina non può ipso fatto – in applicazione del principio tempus regit actum – comportare l’applicazione della stessa. Infatti, come è stato osservato dalla Corte costituzionale (cfr. l’ord. n. 326/11 e 222/11) : "già nella vigenza dell’art. 32, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 286 del 1998, come aggiunto dal comma 1 dell’art. 25 della L. 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), e prima della novella introdotta dalla L. n. 94 del 2009, il Consiglio di Stato (sezione VI, decisioni n. 3690 del 2007 e n. 2951 del 2009) riteneva l’impossibilità di applicare il comma 1-bis ai soggetti che avessero compiuto la maggiore età prima della entrata in vigore della L. n. 189 del 2002, ovvero nei due anni successivi, in quanto gli stessi non avrebbero potuto, in termini materiali e giuridici, partecipare ad un progetto di integrazione sociale e civile della durata minima di due anni prima del compimento della maggiore età, come previsto dal citato comma 1-bis;" soggiungendo la Corte "che tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato anche con riguardo all’art. 32 del D.Lgs. n. 286 del 1998, come modificato dalla L. n. 94 del 2009 sia in grado di appello (Consiglio di Stato, sezione VI, ordinanze n. 2919 del 2010 e n. 4232 del 2010) che in primo grado (TAR Lazio, Sezione di Roma, sezione II quater, sentenza n. 2681 del 2011)".

Il ricorso va dunque accolto,con annullamento del decreto del Questore di Brescia indata 10.5.2010 cat. A12/Imm.ne/2010/2^Sez. cp.

Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico della soccombente Amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna la resistente Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio a favore del ricorrente, che liquida in Euro 1000, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Sergio Conti, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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