T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 11-01-2012, n. 10

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 1.10.2009 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 8, Q.M. (in qualità di titolare Imp. Gs Scavi), impugna l’ordinanza di sospensione dei lavori del 6.8.2009 e il verbale di sopralluogo del 6.8.2009, articolando le seguenti doglianze:

1) Violazione di legge e/o eccesso di potere- Violazione art. 27 D.P.R. n. 380 del 2001 – Violazione art. 97 Cost. – Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della causa tipica; per aver utilizzato la normativa edilizia in luogo di quella specifica (l’art. 20 L.R. Lombardia n. 14 del 1998) che disciplina la materia dell’ attività estrattiva.

2) Violazione di legge – Violazione art. 20 L.R. Lombardia n. 14 del 1998; per aver determinato una sospensione di 45 giorni, mentre la norma regionale fissa la durata a soli 30 giorni.

3) Violazione di legge e/o Eccesso di potere – Violazione art. 36 LR Lombardia n. 14 del 1998- Violazione art. 3 L. n. 241 del 1990 per omessa o insufficiente motivazione – Assoluto difetto dei presupposti di fatto, contestando la quantità del materiale cavato e le dimensioni della buca come descritti dall’Amministrazione.

Non si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Covo.

Con atto notificato il 10.11.2009 e depositato il 13.11.2009 a mezzo motivi aggiunti il Q. ha impugnato l’ordinanza del 13.10.2009 , deducendo:

"Illegittimità propria e derivata dall’illegittimità degli atti impugnati con ricorso RGR n. 950/2009 ripetendo i tre motivi del ricorso originario nonché

4) Violazione di legge e/o eccesso di potere- Violazione art. 27 D.P.R. n. 380 del 2001- Violazione art. 97 Cost. – Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della causa tipica – Violazione art. 36 LR Lombardia n. 14 del 1998- Violazione art. 3 L. n. 241 del 1990 per omessa o insufficiente motivazione – Assoluto difetto dei presupposti di fatto; per avere reiterato l’atto di sospensione.

5) Violazione di legge e/o eccesso di potere- Violazione art. 27 D.P.R. n. 380 del 2001- Violazione art. 97 Cost. – Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della causa tipica e per contraddittorietà estrinseca a provvedimenti della stessa amministrazione; evidenziando che il materiale cavato non è stato portato al di fuori del fondo.

Con il ricorso per motivi aggiunti è stata proposta istanza cautelare di sospensione degli effetti dell’atto impugnato.

Alla Camera di consiglio del 25.11.2009 (ord. N. 728/09) la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, così motivando: " Rilevato che il provvedimento impugnato risulta adottato ai sensi dell’art. 20 della n. L.R. 14 agosto 1998, n. 14, il quale, al secondo comma, dispone che l’ordine di sospensione cessa di avere efficacia se, entro 30 giorni dalla sua notificazione al titolare dell’autorizzazione, la Provincia non abbia notificato i provvedimenti definitivi;

Considerato che, in tale contesto, non sussiste il requisito dell’attualità del danno, posto che, essendo già decorsi i trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza impugnata, o questa ha cessato di produrre effetti, oppure, nel caso sia seguita l’ adozione del provvedimento definitivo, il danno deriva ora da detto atto, che dovrà essere impugnato; ".

Alla pubblica udienza del 25.5.2011 il ricorso è stato, una prima volta, trattenuto per la decisione.

Con ordinanza collegiale n. 862/11 la Sezione ha ritenuto necessario acquisire dalla non costituita Amministrazione comunale di Covo una relazione di chiarimenti – ex art. 63 del codice del processo amministrativo – sui fatti di causa, nella quale fosse ricostruito il susseguirsi degli eventi e specificato se vi sia stata l’adozione di ulteriori atti rispetto a quelli qui impugnati. Alla predetta relazione dovrà essere allegata copia degli atti relativi, in ogni caso dovrà essere trasmessa copia integrale – certificata conforme all’originale – del fascicolo istruttorio relativa alla pratica in questione. Fissato in 90 giorni il termine per l’adempimento istruttorio, veniva disposto il rinvio, per l’ulteriore trattazione alla pubblica udienza del 23.11.2011,

In data14.10.2011 il Comune ha depositato la relazione con la relativa documentazione.

Non sono stati effettuati ulteriori depositi da parte della ricorrente

Alla pubblica udienza del 23.11.2011 il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame M.Q. – titolare dell’Impresa Gs Scavi – impugna due distinte ordinanze emesse dal responsabile del Servizio tecnico del Comune di Covo: la prima (oggetto del ricorso originario) emessa il 6.8.2009 ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001; la seconda (fatta oggetto di gravame a mezzo di ricorso per motivi aggiunti) assunta 13.10.2009 ai sensi dell’art. 20 della n. L.R. 14 agosto 1998, n. 14.

Il ricorrente – premesso che con Provv. n. 6765 del 28 luglio 2009 P.M.E. era stato autorizzato ad eseguire sulla sua proprietà un intervento di bonifica agricola ai sensi del 2° comma dell’articolo 36 della L.R. n. 14 del 1998, affidandone i lavori alla ditta GS SCAVI – sostiene che la prima ordinanza risulta illegittima in quanto applica ad un intervento di bonifica la normativa edilizia in tema di sospensione (art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001) in luogo della specifica disposizione (art. 20 della n. L.R. 14 agosto 1998, n. 14) in tema di attività di cava (primo motivo), così determinando una sospensione per 45 giorni in luogo dei 30 previsti dal cit. art. 20 (secondo motivo) e contestando la quantità del materiale cavato e le dimensioni della buca come descritti dall’Amministrazione.

Parimenti illegittima sarebbe la seconda ordinanza – oltre che per illegittimità derivata – per avere sostanzialmente reiterato l’atto di sospensione dei lavori (quarto motivo) e per non avere considerato che la maggiore profondità di scavo sarebbe stata determinata dall’imprevisto costituito dalla perdita d’acqua derivante dal danneggiamento di un canale d’irrigazione e che il materiale non è stato trasportato al di fuori del fondo.

Il ricorso non risulta fondato.

Occorre muovere dalla disamina del testo dell’evocato art. 36 (Interventi estrattivi in fondi agricoli) della L.R. n. 14 del 1998.

Per quanto in questa sede interessa, la suddetta norma, al primo comma, espressamente esclude dall’ambito di applicazione della legge le attività di scavo finalizzate al miglioramento della gestione dei fondi agricoli, nonché al reperimento di materiali inerti necessari per lo svolgimento delle ordinarie pratiche agricole e che diano luogo all’utilizzo del materiale inerte ricavato esclusivamente all’interno del fondo o dei fondi dell’azienda agricola.

Il secondo comma dispone invece che qualora le attività suddette comportino l’asporto di materiali inerti al di fuori del fondo o dei fondi dell’azienda agricola (fino ad un rapporto massimo tra materiali ricavati e superficie escavata pari a 500 mc per ettaro), detto asporto è soggetto agli obblighi previsti all’art. 35 commi 2 e 3 (vale a dire trasporto in centri autorizzati del materiale litoide e assoggettamento ai diritti d’escavazione); mentre gli interventi estrattivi con asportazione di quantitativi superiori sono soggetti ad autorizzazione provinciale,

Il quarto comma dispone che, nel caso di inosservanza a quanto disposto ai commi 2 e 3, si applica la sanzione prevista dall’art. 29, comma 1.

Va notato che la giurisprudenza (cfr. Cassazione civile , sez. I, 27 novembre 2003 , n. 18114) – ancorché con riguardo alla antecedente disciplina di cui all’art. 43 della L.R. n. 18 del 1982, la quale peraltro non appare sostanzialmente modificata dalla successiva L.R. n. 14 del 1998 – ha affermato che la normativa della regione Lombardia non include la bonifica agricola con asportazione di materiali nell’ambito della coltivazione di cave, ma si limita ad assoggettarla alle medesime autorizzazioni e connesse prescrizioni, in ragione degli analoghi riflessi che può avere sull’assetto del territorio.

L’assimilazione non va oltre gli indicati aspetti. L’esercizio d’impresa agricola e l’esercizio di cava, comportante un impiego del fondo oggettivamente e funzionalmente incompatibile con la destinazione agraria, rimangono attività distinte.

Ne consegue che il soggetto autorizzato a lavori di bonifica agraria con asporto di materiali, il quale effettui, al fine di rivendere il prodotto asportato, escavazioni al di sotto della fascia di terreno coinvolta dall’impiego agricolo, apre una cava, ed abbisogna della relativa autorizzazione, ponendo in essere un quid novi, non meramente un quid pluris, rispetto all’attività già autorizzata.

Tanto rilevato in via generale, occorre ricapitolare gli antefatti.

Dal fascicolo istruttorio del Comune – acquisito agli atti a seguito di attività istruttoria – emerge infatti che l’area oggetto delle qui contestate ordinanze di sospensione lavori – di proprietà del P. – era stata già oggetto di sopralluoghi e di altra ordinanza di sospensione.

In particolare:

– il 3.6.2009 veniva redatto verbale di sopralluogo (prot. 5102) con il quale si rilevava l’effettuazione una buca della profondità di circa cm. 150 che gli operai presente affermavano essere in connessione con il P.C. n. 50/2008, per la quale i verbalizzanti rilevavano non risultare pervenuta dichiarazione di inizio lavori (cfr. doc. N. 2 del Comune);

– in relazione a tale sopralluogo, in data 5.6.2009, veniva emessa ordinanza di sospensione dei lavori n. 9 (prot. 5178) (doc. n. 3);

– con nota del 9.6.2009 il progettista-direttore dei lavori arch. Nadia Lorini dichiarava che lo scavo in questione non aveva alcun collegamento con il P.C. n. 50/2008 (doc. n. 4);

– il 30.6.2009 prot. 5970 P.M.E. presentava richiesta di P.C. in sanatoria per "movimentazione terra all’interno della proprietà" , specificando che i lavori riguardavano il mappale n.4465 del foglio 9 (doc. n. 5);

– il sopralluogo effettuato il 21.7.2009 (prot. 6645) faceva rilevare che erano in corso (con la presenza di tre mezzi meccanici) lavori di escavazione nonostante l’ordinanza di sospensione lavori (doc. n. 7);

– il sopralluogo in data 22.7.2009 (prot. 6667) faceva risultare il proseguimento dei lavori di riempimento di una buca con materiale proveniente da altri cantieri, la continuazione dei lavori di cui al P.C. n. 50/2008 e la realizzazione di recinzione e la realizzazione di uno scavo nell’area per la quale era stata presentata richiesta di autorizzazione alla bonifica non ancora rilasciata (doc. n. 8).

Venendo ora a trattare della bonifica agraria del terreno – richiesta dal P. con istanza in data 5.5.2009 e relativa ai mappali 4466, 721, 734, 3320 del fg. 9 del NCT (doc. n. 9 dell’istruttoria ) -, va rilevato che il 28.7.2009 veniva rilasciata dal Comune "autorizzazione edilizia n. 32/2009 prot. n. 6765" per l’effettuazione dei seguenti lavori:

" -sterro del terreno vegetale per uno spessore medio di 0,90 m. Sino al tetto del materiale ghiaioso-sabbioso e relativo accantonamento nella zona marginale del lotto;

-sterro e riporto del materiale ghiaioso-sabbioso in modo da ottenere un nuovo piano di imposta con pendenza 0,4% da ovest verso est, con asportazione al di fuori del fondo di una parte di tale materiale per un volume pari a circa 640 m³;

-riporto del terreno vegetale precedentemente accantonato con innalzamento di 0,90 m. rispetto al piano di imposta sino al nuovo piano di campagna correlativa omogeneizzazione e livellamento del coltivo;".

In data 6.8.2009 il personale dell’UTC effettuava un sopralluogo presso l’azienda agricola del P., dal quale si evidenziava la presenza di "una buca situata nell’area oggetto di autorizzazione edilizia n. 32/2009 di circa 8 metri di profondità, pertanto difforme a quanto consentito dalla suddetta autorizzazione", al verbale sono unite otto fotografie dei luoghi (doc. n. 13 dell’istruttoria).

Con l’impugnata ordinanza n.10/2009 del 6.8.2009, richiamato il verbale di sopralluogo in pari data, veniva ordinato ex art. 27 c. 3 del DPR n. 380 al proprietario P.M.E., alla ditta esecutrice delle opere G.S. Scavi di Q.M. e al direttore dei lavori geom. G.F. di sospendere immediatamente i lavori sino all’adozione dei provvedimenti definitivi evidenziando l’ esecuzione di escavazione di terra e materiale ghiaioso oltre i limiti consentiti dell’autorizzazione n. 32/2009;

In data 5.10.2009 l’Amministrazione provvedeva ad effettuare rilievi, a firma del geom. S.D., sulla movimentazione terra effettuata (rilievo plano-altimetrico, dimostrazione grafica, calcolo volumetrico materiale asportato) (doc. n. 15 dell’struttoria);

Infine, con l’ordinanza n. 11 del 13.10.2009 (qui impugnata con il ricorso per motivi aggiunti) il Comune, richiamato il verbale di accertamento del 6.8.2009, ha affermato che i lavori eseguiti risultano in contrasto con la norma che disciplina la coltivazione di sostanze minerali di cava ed ha ordinato -ex art. 20 della L.R. n. 14 del 1998- la sospensione dei lavori specificando che "lo scrivente ufficio si è visto impossibilitato alla emissione dell’ordinanza di ripristino dei luoghi stante la difficoltà da parte del tecnico incaricato per la quantificazione del materiale cavati in eccesso nonché di indicare le opere di ripristino, data la presenza di acqua probabilmente di falda nell’area di scavo ai fini di produrre il proprio elaborato nei termini per l’emissione del provvedimento".

Va soggiunto che dalla documentazione depositata dal Comune emerge che non sono stati più adottati atti definitivi (sia di natura edilizio sia ai sensi della normativa in tema di attività estrattiva), ma che, con atto 11.11.2009, il Comune ha contestato al Q. e al P. la sanzione ex art. 29, c. 1 della L.R. n. 14 del 1998 per aver scavato mc. 409,37 in eccedenza rispetto a quanto autorizzato (doc. n. 17) .

Così ricostruiti gli antefatti, va rilevato che entrambe le ordinanze impugnate hanno perso la loro efficacia.

Infatti, l’ordinanza di sospensione dei lavori abusivi, ex art. 27, c. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001, possiede una efficacia temporalmente limitata, dato che essa "ha effetto fino all’adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori".

Analogamente è a dirsi in relazione all’ordinanza ex art. 20 della n. L.R. 14 agosto 1998, n. 14, il cui secondo comma dispone che l’ordine di sospensione cessa di avere efficacia se, entro 30 giorni dalla sua notificazione al titolare dell’autorizzazione, non siano notificati i provvedimenti definitivi.

Più in generale, va ricordato che l’ ordinanza di sospensione lavori ha carattere temporaneo e provvisorio, si fonda su di un’istruttoria sommaria ed i suoi effetti sono destinati a venir meno o perché venga accertata la legittimità dei lavori in corso o perché vengano adottati definitivi provvedimenti inibitori degli stessi (cfr. Cons. St., Sez. IV, 24 dicembre 2008 n. 6550; Sez. V, 29 novembre 2004 n. 7746 e 18 ottobre 1996 n. 1255).

Inoltre, va richiamato l’insegnamento della giurisprudenza secondo cui:

– l’ordine di sospensione dei lavori non costituisce necessario presupposto di legittimità dell’ingiunzione a demolire, ben potendo quest’ultima essere emanata immediatamente all’esito dell’accertamento della realizzazione di opere abusive, mentre il potere di sospensione dei lavori in corso è solo destinato ad evitare che la prosecuzione dei lavori stessi determini un aggravarsi del danno urbanistico (cfr. T.A.R. Campania, sez. VI, 6 novembre 2008 n. 19290, T.A.R. Liguria, sez. I, 11 dicembre 2007 n. 2050)

– il decorso del termine dell’ordinanza, con la quale è stata provvisoriamente disposta la sospensione dei lavori, non fa venire meno la potestà di irrogare sanzioni qualora siano accertati, dopo il lasso di tempo in discorso, fatti o elementi che integrino gli estremi dell’abuso edilizio, non verificandosi alcuna consumazione del potere di controllo (cfr. T.A.R. Liguria cit. e T.A.R. Lazio, sez. I, 5 gennaio 2011 n. 17).

Per conseguenza, secondo un costante orientamento giurisprudenziale (cfr. ex multis: T.A.R Lazio, sez. II, 11 settembre 2009 n. 8644, T.A.R. Puglia, sez. III, 30 settembre 2010 n. 3524, T.A.R. Lazio, sez. I, 16 luglio 2009 n. 7031), il giudizio impugnatorio avverso le ordinanze di sospensioni lavori – una volta decorso il termine di efficacia della stessa – diviene improcedibile.

Parte ricorrente ha proposto anche domanda di risarcimento dei danni asseritamente sopportati per effetto delle impugnate ordinanze – sostenendo che l’ illegittima sospensione dei lavori ha causato danni alla società ricorrente relativi al mancato utilizzo dei singoli componenti aziendali improduttivi di reddito durante il periodo di sospensione dei lavori – di guisa che il Collegio deve esaminare – ai sensi dell’art. 30 c.p.a. – la fondatezza delle articolate doglianze, presupposto indispensabile per ottenere il detto risarcimento.

Il ricorrente contesta la prima ordinanza sostenendo che non sarebbe applicabile ad un intervento di bonifica agricola la sospensione ex art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001, dovendo trovare utilizzo solo la specifica disposizione di cui all’art. 20 della n. L.R. 14 agosto 1998, n. 14, in tema di attività di cava (primo motivo), utilizzando la "sospensione edilizia" il Comune ha ingiunto una sospensione per 45 giorni in luogo dei 30 previsti dal cit. art. 20 (secondo motivo) e senza che sussistessero i presupposti per disporre la sospensione (terzo motivo).

Parimenti illegittima sarebbe la seconda ordinanza – oltre che per illegittimità derivata – per avere sostanzialmente reiterato l’atto di sospensione dei lavori (quarto motivo) e per non avere considerato che la maggiore profondità di scavo sarebbe stata determinata dall’imprevisto costituito dalla perdita d’acqua derivante dal danneggiamento di un canale d’irrigazione e che il materiale non è stato trasportato al di fuori del fondo.

Le doglianze risultano infondate.

Il Comune di Covo ha emesso l’autorizzazione n. 32/2009 (inoppugnata) come titolo di natura edilizia, sicché, considerato anche il contesto complesso nel quale si è inserita l’attività di escavazione (presenza in loco di plurime attività edilizie assistite da differenti titoli abilitativi) e che solo ad un maggiore approfondimento successivo l’Amministrazione ha chiarito la natura dell’attività posta in opera, emanando la seconda ordinanza ai sensi dell’art. 20 L.R. n. 14 del 1998. In tale situazione non può ritenersi ex se illegittimo il ricorso all’emanazione di ordinanza di sospensione lavori ex art. 27 DPR n. 380, attesa la più volte richiamata natura cautelare e ad istruzione sommaria di tale atto. Inoltre, la sussistenza dell’escavazione eseguita è dimostrata dalla documentazione fotografica e tecnica dell’Amministrazione, mentre la permanenza del materiale sul fondo non è assolutamente dimostrata dal ricorrente.

Peraltro, più in generale, va esclusa la sussistenza del nesso causale fra le sospensioni disposte e il mancato utilizzo dei mezzi aziendali.

Invero, l’Amministrazione – attraverso i rilievi effettuati dal geom. A.S.D. (cfr. il doc. n. 15 dell’istruttoria) – ha accertato che è stato movimentato materiale per mc. 2.760,63, di cui mc. 1.711, 29 costituito da terreno vegetale accantonato in loco e mc. 1.049,34 da materiale ghiaioso asportato.

Su tale presupposto il Comune, verificato che rispetto ai mc. 640 di cui era stata autorizzata l’asportazione risulta un’eccedenza di 403,37 mc., ha applicato al Q. – quale titolare dell’impresa esecutrice dei lavori – e al proprietario P. la sanzione ex art. 29,c. 1 della L.R. n. 14 del 1998 (cfr. doc. n. 17 dell’istruttoria).

Risulta quindi incontestabile che il ricorrente Q. – è irrilevante se volontariamente o per necessità – ha scavato più di quanto autorizzato sicché non aveva alcun giuridico titolo comunque, a prescindere dal sopravvenire di un ordine di sospensione lavori, per ulteriormente scavare o per concludere le operazioni di riposizionamento del manto di copertura vegetale, in quanto solo una modifica del titolo autorizzatorio gli avrebbe consentito di proseguire l’attività (come peraltro espressamente indicato in apposita clausola dell’autorizzazione n. 32/09).

Non v’è luogo a pronuncia sulle spese, attesa la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, in epigrafe lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Sergio Conti, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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