T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 11-01-2012, n. 9

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 20.10.2008 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 24, il cittadino extracomunitario P.K. impugna il decreto del Questore di Brescia in data 26/6/2008, notificato il 27/8/2008, con il quale è stata rigettata l’istanza di conversione del permesso di soggiorno da motivi di minor età a lavoro subordinato.

Il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione a vari parametri (art. 32 D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 28 e 29 D.P.R. n. 394 del 1999, art. 5 D.Lgs. n. 286 del 1998

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione dell’Interno, chiedendo il rigetto del gravame.

In data 8.11.2008 la Questura ha prodotto una relazione sui fatti con allegati documenti.

Alla Camera di consiglio del 13.11.2008 (ord. N. 790/08) la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, rilevando "che ad un primo sommario esame che l’affidamento allo zio, ovvero ad un parente entro il quarto grado, pare – come già rilevato dalla Sezione con l’ord. n. 697/08 – integrare il presupposto di un affidamento di fatto del minore ai sensi della L. n. 184 del 1983; Richiamata la sentenza n. 6525 del 2007 del Consiglio di Stato, Sez. VI;".

Con istanza depositata il 10.8.2009, l’Avvocatura dello Stato ha chiesto il prelievo del ricorso, evidenziando ragioni di urgenza della trattazione nel merito.

Non sono state prodotte memorie dalle parti in vista della pubblica udienza del 14.12.2011, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame, il cittadino extracomunitario P.K. impugna il provvedimento del Questore di Brescia con il quale è stata rigettata l’istanza di conversione del permesso di soggiorno da motivi di minore età a lavoro subordinato.

Il provvedimento impugnato si regge sulla seguente scansione motivazionale:

– il K. in data 17-8-2007 ha ottenuto un permesso di soggiorno per motivi di minore età ai sensi dell’articolo 28 del D.P.R. n. 394 del 1999;

– ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. n. 286 del 1998 il permesso di soggiorno per minore età può essere convertito in un titolo per studio o accesso al lavoro subordinato o autonomo al compimento della maggiore età degli stranieri affidati ai sensi della L. n. 184 del 1983, o ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a 2 anni in un progetto di integrazione sociale e civile;

– è stata inviata in data 17.3.2007 comunicazione di avvio del procedimento, all’esito della quale è pervenuta memoria difensiva in data 28.4.2008 del legale del K., ritenuta non in grado di indurre alla rivalutazione della posizione dello straniero;

– allo stato dei fatti l’interessato divenuto maggiorenne non ha alcun titolo che l’autorizza permanere sul territorio nazionale.

Il ricorrente evidenzia di essere stato affidato al parente K.O..

Il ricorso è fondato.

Va rilevato che la fattispecie all’esame si caratterizza per essersi interamente svolta (dall’ingresso in Italia del minore sino all’emanazione dell’atto di diniego qui impugnato) nell’ambito temporale di vigenza del testo dell’art. 32 del D.Lgs. n. 286 risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 25 della L. 30 luglio 2002, n. 189, antecedentemente alle modifiche introdotte al medesimo art. 32 dalla L. n. 94 del 2009.

In relazione a tale testo della norma la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. St., Sez. VI 21.10.2009 n. 6450; 24.4.2009 n. 2545) ha affermato che – ai fini della conversione del permesso di soggiorno rilasciato ad un cittadino extracomunitario di minore età diventato poi maggiorenne – l’art. 32 del D.Lgs. n. 286 del 1998 va interpretato nel senso che i commi 1-bis e 1-ter integrano una fattispecie distinta da quella del primo comma, con la conseguenza che le condizioni richieste in tali commi non si cumulano con quelle del primo comma, idonee autonomamente a consentire la conversione del permesso.

Ciò premesso, con riguardo all’ulteriore questione della latitudine da riconoscere alla nozione di "minore affidato", la giurisprudenza del Consiglio di Stato si è consolidata nell’affermare che l’art. 32, comma 1, va interpretato nel senso che il permesso di soggiorno deve essere rilasciato anche quando il minore sia stato sottoposto a qualsivoglia affidamento, amministrativo, giudiziario e anche di fatto, ai sensi dell’art.2 della L. citata 184 del 1983, come del resto testimonia l’utilizzo dell’avverbio "comunque" da parte dell’art. 32 (cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 24.4.2009, n. 2545).

In particolare è stato rilevato che:

– L’art. 32, comma 1, della L. n. 286 del 1998, nella versione vigente all’epoca della presentazione dell’istanza definita con il contestato atto reiettivo, prevedeva che potesse essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie e di cura ai soggetti stranieri, che compiano la maggiore età e che siano in condizione di affidamento ai sensi dell’art. 31, commi 1 e 2 (minore già iscritto nel permesso di soggiorno di un genitore) ed ai minori "comunque" affidati ai sensi dell’art. 2 della L. 4 maggio 1983, n. 184;

– secondo l’insegnamento dalla Corte costituzionale (Corte cost., 5 giugno 2003, n. 198), la disposizione va interpretata nel senso che il permesso deve essere rilasciato anche quando il minore sia stato sottoposto alla tutela ai sensi dell’art. 343 c.c., nonché a qualsivoglia tipo di affidamento ai sensi della L. n. 184 del 1983 ( non solo quello "amministrativo", ma anche quello "giudiziario" – rispettivamente art. 4, commi 1 e 2, L. n. 184 del 1983 – e anche quello "di fatto" ai sensi dell’art. 9 della medesima legge), senza che rilevino, dunque, le norme in materia di affido applicabili nel paese di provenienza;

– l’utilizzo dell’avverbio "comunque" non può avere altro significato se non quello di intendere l’affidamento in senso ampio, sia con riguardo all’affidamento effettuato in favore di una famiglia o una persona singola, sia con riguardo a quello in favore di una comunità ( Cons. St., sez. VI, 18 dicembre 2007, n. 6525; Cons. St., sez. VI, 12 febbraio 2007, n. 546; Cons. St., sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1681 ), ivi compresa una situazione di affidamento "di fatto" riconducibile all’art. 9, comma 4, della L. n. 184 del 1983.

Infine, va notato che, con la decisione della Sez. VI, 24.4.2009 n. 2545, il Consiglio di Stato ha affermato che "ricorre una situazione di affidamento "di fatto", riconducibile all’art. 9, co. 4, L. n. 184 del 1983, anche quando una persona maggiorenne, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi".

Il ricorso va dunque accolto con annullamento del diniego opposto dalla Questura di Brescia.

Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico della soccombente Amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna la resistente Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio a favore del ricorrente, che liquida in Euro 1000, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Sergio Conti, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *