T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 11-01-2012, n. 7

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 10.1.2008 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 16, G.M. impugna il decreto del Questore di Brescia in data 12.11.2007 – notificato all’interessato in data 4.1.2008 – con cui è stato denegato il rinnovo del permesso di soggiorno rilasciato dalla medesima Questura il 15.6.2001, avendo rilevato che il suddetto risultava avere riportato due condanne penali per un totale di anni 7 e mesi 4.

Il ricorrente lamenta violazione di legge e difetto di istruttoria e di motivazione.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione, chiedendo il rigetto del gravame.

Con relazione in data 2.2.2008 (depositata in giudizio dall’Avvocatura di Stato il 5.2.2008) l’Amministrazione ha evidenziato le ragioni a sostegno del diniego.

Alla Camera di consiglio del 7.2.2008 (ord. n. 108/08) la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato.

In data 1.7.2008 veniva depositato in Segreteria atto in data 30.6.2008 con il quale il ricorrente affidata il patrocinio difensivo all’avv. Carlo Molé.

In data 4.12.2009 veniva depositato in Segreteria atto in data 8.8.2009 con il quale il ricorrente affidata il patrocinio difensivo congiunto all’avv. Simonetta Geroldi e all’avv. Cristina Savoldi.

Alla pubblica udienza del 14.12.2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame, il cittadino del M.G.M. impugna il decreto del Questore di Brescia con cui è stata rigettata l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, evidenziando la sussistenza di due condanne penali a carico del medesimo (la prima decreto del 6.7.2001 del GIP del Tribunale di Brescia a Euro 1.291,14 di multa per violazione di domicilio in concorso; la seconda sentenza della Corte d’appello di Milano ad anni 7 e mesi 4 di reclusione per costituzione e direzione di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti nonché per detenzione e cessione di droga).

Il ricorrente rappresenta:

– di essere stato scarcerato anticipatamente in data 1.8.006 per effetto dell’indulto ex L. n. 241 del 2006;

– di aver richiesto il 31.7.2006 al Magistrato di Sorveglianza di Pavia la revoca anticipata della misura di sicurezza del’espulsione dal territorio dello stato ordinata nella sentenza di condanna della Corte d’appello di Milano;

– che il Magistrato di Sorveglianza, in data 21.12.2006, dichiarava cessata la pericolosità sociale e quindi disponeva la non applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione;

– di aver presentato alla Questura di Brescia, in data 11.10.2006, istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

Ciò premesso, il ricorrente contesta la legittimità dell’opposto diniego, lamentando che questo si fonda esclusivamente sull’esistenza della sentenza di condanna risalente a fatti accaduti otto anni prima, senza alcuna disamina della concreta pericolosità sociale del soggetto che è stata invece disamina ed esclusa dal Magistrato di Sorveglianza.

Il ricorso non risulta fondato.

Sotto un profilo d’ordine generale, va rilevato (cfr. TRGA Trento 27.3.2006 n. 101, 3.4.2006 n. 107 e 19.2.2007 n. 25) che l’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998 (come modificato dall’art. 4 comma 1 lett. b della L. 30 luglio 2002, n. 189 c.d. Bossi-Fini), nel prevedere la non ammissione e l’impossibilità di continuare il soggiorno in Italia per quei cittadini di origine extracomunitaria che siano stati condannati (anche con sentenza c.d. patteggiata") per determinate categorie di reati oggettivamente gravi e che comunque destano particolare allarme sociale, introduce un automatismo che opera solo nel caso in cui la responsabilità del cittadino straniero risulta essere stata accertata dall’Autorità Giudiziaria a seguito di procedimento penale e conclusiva sentenza di condanna nei suoi confronti.

In altri termini, il citato art. 4 D.Lgs. n. 189 del 2002, individua una serie di condotte, quelle integratrici delle fattispecie criminali menzionate dalla norma, e le considera come oggettivi indici di pericolosità sociale. Esse, dunque, vengono considerate dalla legge come requisiti individuali negativi, ostativi all’inserimento dello straniero nella comunità nazionale.

Il riferimento legislativo alle inerenti condanne deve quindi ritenersi come volto ad individuare i fatti probanti (cioè le condanne) la sussistenza di quei requisiti negativi.

Si tratta, in definitiva, di una valutazione di pericolosità sociale già effettuata dal legislatore che ha ritenuto, del tutto ragionevolmente e nell’ambito della discrezionalità che gli compete, la sussistenza di tale elemento nella responsabilità del soggetto, accertata giudizialmente, per la commissione di reati di particolare gravità (cfr., sul punto, TAR Parma 7.4.2005 n. 207).

Può condivisibilmente affermarsi (cfr. TAR Parma 26 gennaio 2006 n. 21) che in tal caso sussiste un automatico impedimento al rinnovo del permesso di soggiorno, senza necessità di un’autonoma valutazione della concreta pericolosità sociale, in quanto si tratta di una preclusione che non costituisce un effetto penale, ovvero una sanzione accessoria alla condanna, bensì un effetto amministrativo che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’avere riportato una condanna per determinati reati, quale indice presuntivo di pericolosità sociale o, quanto meno, di riprovevolezza (non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto nel Paese dallo straniero.

In merito all’applicazione della norma in questione in relazione a condanne intervenute, come nella fattispecie all’esame, dopo l’entrata in vigore della legge Bossi-Fini, occorre porre in rilievo che, alla stregua dell’art. 5, 5 comma D.Lgs. n. 286 del 1998, il permesso di soggiorno è revocato, ovvero il rinnovo dello stesso è rifiutato quando vengano a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato.

In altri termini, i requisiti per l’ottenimento del permesso di soggiorno sono sempre i medesimi, sia che si tratti di prima richiesta del permesso che di rinnovo dello stesso.

Dal che consegue che la condanna per determinati reati (tra cui rientra quello, assai grave, in tema di droga attribuito all’odierno ricorrente), come è ostativa per l’ingresso nel territorio dello Stato e la concessione del permesso di soggiorno, ugualmente preclude la possibilità di ottenere il rinnovo dello stesso .

La norma in questione non consente all’Amministrazione alcuna autonoma valutazione in ordine ai fatti oggetto del giudizio penale derivando in modo del tutto automatico dalla sentenza penale la preclusione al rinnovo del permesso di soggiorno (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 2866 del 17.5.2006).

Va poi posto in luce che la disposizione così come sopra interpretata non suscita dubbi di costituzionalità, poiché non appare irragionevole una norma che limita l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale degli stranieri a seconda che questi abbiano commesso reati sanzionati con pene superiori a determinate soglie o comunque ritenuti di particolare pericolosità sociale nell’attuale momento storico (cfr. TAR Parma 21 febbraio 2006 n. 60 e TAR Umbria 28 dicembre 2005 n. 638).

Con la sentenza n. 148 del 2008, la Corte costituzionale ha osservato che: "la principale norma concernente la condizione giuridica dello straniero – attualmente, extracomunitario – è quella dell’art. 10, comma secondo, Cost., la quale stabilisce che essa "è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali", rilevando quindi che: "Da tale disposizione si può desumere che, per quanto concerne l’ingresso e la circolazione nel territorio nazionale (art. 16 Cost.), la situazione dello straniero non è uguale a quella dei cittadini, dall’altro, che il legislatore, nelle sue scelte, incontra anzitutto i limiti derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute ed eventualmente dei trattati internazionali applicabili ai singoli casi".

Inoltre, la Corte ha ritenuto che non sia manifestamente irragionevole condizionare l’ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale alla circostanza della mancata commissione di reati di non scarso rilievo, osservando che la condanna per un delitto punito con la pena detentiva, la cui configurazione è diretta a tutelare beni giuridici di rilevante valore sociale – quali sono le fattispecie incriminatrici prese in considerazione dalla normativa censurata – non può, di per sé, essere considerata circostanza ininfluente ai fini di cui trattasi. E ciò in quanto il rifiuto del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno non costituisce sanzione penale, sicché il legislatore ben può stabilirlo per fatti che, sotto il profilo penale, hanno una diversa gravità, valutandolo misura idonea alla realizzazione dell’interesse pubblico alla sicurezza e tranquillità, anche se ai fini penali i fatti stessi hanno ricevuto una diversa valutazione.

Venendo alla fattispecie all’esame, va rilevato che con il provvedimento in questa sede impugnato il Questore ha comunque svolto una verifica in concreto e non solo in astratto della pericolosità sociale del soggetto. Infatti, non soltanto è stato posto in luce che il richiedente il rinnovo del permesso risultava aver riportato due condanne penali (una prima con decreto di condanna del 6.7.2001 del GIP del Tribunale di Brescia a Euro 1.291,14 di multa per violazione di domicilio in concorso; la seconda della Corte d’appello di Milano – a parziale riforma delle sentenza 5.11.2001 del GIP del Tribunale di Milano – ad anni 7 e mesi 4 di reclusione per costituzione e direzione di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti nonché per detenzione e cessione di droga) ma è stato rilevato che "i predetti reati sono stati consumati durante il periodo di regolare permanenza sul territorio nazionale, da cui si evince che lo straniero, seppur poteva svolgere effettiva attività lavorativa, ha scelto la via dell’illegalità e dei facili guadagni;" ; ulteriormente specificando che – "tramite le stazioni dei carabinieri di Trenzano e Borgo San Giacomo" – è stato verificato che "il richiedente è persona di dubbia condotta morale e civile, . ..conduce vita riservata, non è integrato nella realtà sociale e non svolge alcuna attività lavorativa."

Da ultimo, va osservato che non può dispiegare alcun affetto in relazione al rinnovo del permesso di soggiorno la circostanza che il ricorrente abbia ottenuto dal Magistrato di Sorveglianza la dichiarazione di cessazione della pericolosità sociale e la non applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione applicata in sede di condanna penale.

Infatti, il giudizio dal giudice penale ai fini della concessione del beneficio è di tipo prognostico, volto a valutare l’eventuale possibilità di reiterazione dei reati già commessi, mentre in sede amministrativa, come si è illustrato, si verifica un automatico impedimento al rinnovo del permesso di soggiorno, senza necessità di un’autonoma valutazione della concreta pericolosità sociale.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese a favore dell’Amministrazione resistente, che liquida in e 1000, oltre ad accessori,ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Sergio Conti, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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