Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2011) 09-12-2011, n. 45906 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Milano, quale giudice del rinvio, nel procedimento a carico di G.K., assolta in sede di appello dal reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, l’art. 74, e ritenuta responsabile del solo reato di cui al cit. D.P.R., art. 73, comma 6, per il quale era stata condannata solo alla sanzione detentiva, ha determinato la pena pecuniaria in Euro 40.000,00 di multa.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputata e deduce l’inosservanza dell’art. 597 c.p.p., comma 3 in relazione all’art. 135 c.p., sostenendo che il giudice del rinvio, chiamato a determinare la sola pena pecuniaria per il reato di cui al cit.

D.P.R., art. 73, avrebbe dovuto contenerla in misura tale che la medesima, ragguagliata ai sensi dell’art. 135 c.p. e sommata alla pena detentiva stabilita nella non più sindacabile misura di nove anni di reclusione – corrispondente alla pena base stabilita nella sentenza d’appello -, non superasse i dieci anni irrogati, quale pena base, dal giudice di primo grado, diminuita quantomeno di un giorno.

Sotto un secondo profilo rileva che l’art. 135 c.p., nel determinare il ragguaglio tra pene detentive e pecuniarie, ha contenuto sostanziale, sicchè nel caso in esame il calcolo per il ragguaglio deve essere fatto utilizzando il più favorevole criterio previsto prima della novella di cui alla L. n. 99 del 2009, trattandosi di fatti commessi nella vigenza della vecchia normativa.

Il ricorso è fondato.

Correttamente il ricorrente ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il divieto di reformatio in peius della sentenza di primo grado impugnata dal solo imputato riguarda non solo il risultato finale, ma anche tutti gli elementi del calcolo della pena, con la conseguenza che il giudice d’appello, qualora escluda una circostanza aggravante ovvero accolga il gravame in relazione a reati concorrenti, deve necessariamente ridurre non solo la pena complessivamente inflitta, ma anche tutti gli elementi che rilevano nel calcolo di essa (Sez. Un., 27 settembre 2005, n. 40910, Morales;

Sez. 4, 4 novembre 2010, n. 41585, Pizzi).

Nel caso in esame, la sentenza di primo grado, emessa dal G.u.p. del Tribunale di Milano il 26 febbraio 2007, nel condannare l’imputato per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, unificati sotto il vincolo della continuazione, aveva individuato come pena base "dieci anni di reclusione", da ritenere quale limite invalicabile per il giudice d’appello, in quanto sul punto non vi è stata impugnazione da parte del pubblico ministero. La Corte d’appello di Milano, quale giudice di rinvio, chiamato a determinare la sola pena pecuniaria erroneamente non applicata per il residuo reato di cui al cit. D.P.R., art. 73, avrebbe dovuto contenerla in misura tale che, ragguagliata ai sensi dell’art. 135 c.p. e sommata alla pena base detentiva di nove anni di reclusione non più sindacabile – si tratta della pena applicata dalla sentenza di secondo grado del 14 aprile 2008, che aveva escluso il reato associativo, oggetto del ricorso del procuratore generale -, non superasse il limite di dieci anni, cioè della pena base individuata dal primo giudice, peraltro da diminuire di almeno in giorno, trattandosi di un reato meno grave.

La Corte d’appello milanese ha determinato la pena pecuniaria base in Euro 60.000 (ridotti ad Euro 40.000 per il rito), misura che, ragguagliata ai sensi dell’art. 135 c.p., corrisponde ad oltre quattro anni di reclusione, ponendosi perciò in aperta violazione del disposto di cui all’art. 597 c.p.p., comma 3, così come interpretato dalla giurisprudenza suindicata.

Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio degli atti ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per la determinazione della pena pecuniaria che tenga conto dei principi esposti e che utilizzi, ai fini del ragguaglio di cui all’art. 135 c.p., il criterio di conversione in vigore all’epoca di commissione del reato oggetto dell’imputazione, in quanto norma più favorevole (Sez. 3, 15 dicembre 1995, n. 4523, P.G. in proc. Grassi;

Sez. 3, 14 aprile 2011, n. 19725, Proia).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena pecuniaria e rinvia per la decisione sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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