Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-06-2012, n. 10872

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.R. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n 1413/1996 del Pretore di Messina, che l’ha condannata a pagare L. 6.237.000 (Euro 3.221,00), alla s.r.l. Cooperativa Luisa, quale quota a suo carico del versamento dovuto dai soci a seguito di delibera assembleare.

L’opposizione era fondata sulla mancanza di prova del credito, non avendo la Cooperativa istante prodotto alcun documento contabile a giustificazione della somma richiesta. Esperita l’istruttoria anche tramite CTU. Il Tribunale di Messina (subentrato al Pretore) ha respinto l’opposizione. Proposto appello dalla C., con la sentenza impugnata in questa sede la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza di primo grado.

La C. propone sei motivi di ricorso per cassazione. Resiste la Cooperativa con controricorso illustrato da memoria.

Motivi della decisione

1.- La sentenza impugnata ha ritenuto irrilevanti le eccezioni dell’opponente, fondate sulla mancanza dei documenti giustificativi del credito fatto valere con il ricorso per decreto ingiuntivo, con la motivazione che detto credito trova il suo titolo nella Delib.

assembleare 6 agosto 1996, con cui la Cooperativa ha deciso di procedere giudizialmente contro i soci morosi – fra i quali è stata espressamente menzionata la C. – al recupero delle somme necessarie a raggiungere la parità delle anticipazioni, e nella successiva Delib. 6 settembre 1996 del consiglio di amministrazione della Cooperativa, che ha quantificato gli importi dovuti da ognuno:

delibere che l’opponente non ha impugnato.

2.- Con il primo motivo, denunciando omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione e violazione di legge (non meglio precisata), la ricorrente assume che la mancata impugnazione della delibera assembleare non esonerava la Cooperativa dall’onere di dimostrare quale fosse l’importo delle asserite "minori anticipazioni" dovute da ognuno, soprattutto in considerazione del fatto che essa ha prodotto i bilanci della Cooperativa degli ultimi dieci anni, i quali non evidenziano alcun credito verso i soci;

rileva che neppure le delibere di approvazione dei suddetti bilanci sono state impugnate, sicchè l’insussistenza del suo credito dovrebbe essere ritenuta incontestabile.

3.- Con il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 631 e 653 cod. proc. civ., omessa motivazione, illogicità e travisamento dei fatti, sul rilievo che la Corte di appello non ha tenuto conto dei documenti prodotti da essa opponente dopo l’emissione del decreto ingiuntivo, fra cui i sopra citati bilanci, trascurando di applicare il principio per cui, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, il giudice deve tenere conto della situazione di fatto prospettata dall’ingiunto e dei pagamenti totali o parziali da lui effettuati, provvedendo di conseguenza alla revoca dell’ingiunzione ed alla pronuncia sul merito.

Lamenta che non sia stato preso in esame il contenuto della CTU, che ha dato atto della mancanza di ogni documentazione a supporto delle domande della Cooperativa.

4.- Con il terzo motivo, denunciando violazione degli art. 2697 cod. civ., artt. 115, 280 e 281 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2423, 2424 cod. civ. e 184 cod. proc. civ., lamenta ancora la completa mancanza di documentazione a supporto dell’ingiunzione di pagamento; rileva che la Cooperativa ha risposto all’ordine di esibizione dei documenti depositando solo una denuncia di smarrimento o di furto dei libri contabili, risalente al 1991, ed ancora richiama i bilanci, nei quali la voce "Crediti verso i soci" evidenzia "0".

Richiama altresì le conclusioni del CTU secondo cui "risulta impossibile verificare la rispondenza dei bilanci alle scritture contabili…", così come la quota a carico della C., "…in considerazione che nel libro giornale non vi è alcun riferimento al credito…" e "…non si è riscontrata alcuna registrazione dettagliata circa il presunto debito della C. e …..nei confronti di ciascuno dei soci".

5.- Con il quarto motivo lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione ancora quanto al contenuto dei bilanci e quanto alla circostanza che la Cooperativa è stata posta in liquidazione per il raggiungimento dello scopo sociale, stipulando gli atti pubblici per l’assegnazione degli alloggi; il che significa che non vi erano crediti verso i soci, e comunque viene a cadere la motivazione del Tribunale, confermata dalla Corte di appello, secondo cui la somma richiestale era necessaria per il raggiungimento dello scopo sociale.

6.- Con il quinto motivo denuncia ancora violazione dell’art. 2697 cod. civ., artt. 115, 280 e 281 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2423, 2424 cod. civ. e art. 184 cod. proc. civ., sempre a causa della mancata documentazione del credito.

7.- I cinque motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perchè articolati intorno alle medesime censure, sono inammissibili prima ancora che non fondati.

7.1.- La ricorrente ha premesso, nell’espositiva in fatto, la narrazione di una serie di vicende che dimostrerebbero cattiva amministrazione, eccesso di spese, se non anche vere e proprie forme di malversazione, da parte degli amministratori nella gestione dell’attività della Cooperativa, all’evidente scopo di dimostrare che i pagamenti pretesi dai soci sarebbero in realtà ingiustificati, pur se fossero esistenti.

Nell’illustrazione dei motivi ha poi insistito, come si è detto, sulla mancanza dei documenti giustificativi delle spese addossate ai soci, e soprattutto sul fatto che il preteso credito della Cooperativa non risulta in alcun modo dai bilanci.

Trattasi di argomentazioni che non investono la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale si fonda sul principio che le delibere dell’assemblea e del consiglio di amministrazione, regolarmente assunte nelle forme di legge, sono vincolanti per tutti i soci, qualora non vengano impugnate, e che la C. non ha proposto alcuna impugnazione.

La Cooperativa obietta anzi nel controricorso che la C. ha partecipato di persona all’assemblea del 6 agosto 1996 ed ha votato a favore della delibera, che è stata approvata all’unanimità.

Il problema giuridico che la ricorrente avrebbe dovuto affrontare era quindi quello di indicare in base a quali principi di legge essa avrebbe avuto il diritto di sottrarsi alla decisione assembleare ed a quella del consiglio di amministrazione, senza aver fatto valere in assemblea le sue ragioni e senza avere in alcun modo impugnato nelle forme di legge le suddette delibere, confutando la motivazione del Tribunale, confermata sul punto dalla Corte di appello, secondo cui le delibere dell’assemblea e del consiglio di amministrazione sono vincolanti per i soci che non le abbiano impugnate, salvo restando il diritto del socio di agire in responsabilità contro gli amministratori in relazione a comportamenti illegali o scorretti.

Il ricorso è quindi inammissibile per difetto di specificità dei motivi, in quanto non vi è congruenza fra le censure proposte e le ragioni della decisione, nè sono richiamati principi o norme giuridiche confliggenti con quelli enunciati dalla Corte di appello.

Va soggiunto che dal testo della Delib. assembleare 6 agosto 1996 risulta che non solo si è deliberato di agire contro i soci morosi, ma si è specificato che dalla somma dovuta dalla C. avrebbe dovuto essere detratta "una somma a pareggio della minor superficie attribuitale".

Ciò manifesta l’ammissione da parte della ricorrente – che, si ripete, ha anch’essa approvato il testo di cui sopra, senza formulare alcuna eccezione o riserva – dell’esistenza di una sua posizione debitoria nei confronti della Cooperativa.

La mancata specificazione da parte dell’assemblea delle somme dovute da ognuno non è significativa, ma solo manifesta l’implicita delega al consiglio di amministrazione del compito di determinare gli importi ciò che il consiglio di amm.ne ha fatto con la successiva Delib. 6 settembre 1996, anch’essa non impugnata nè contestata in alcun modo, prima della notificazione del ricorso per decreto ingiuntivo.

Quanto poi all’omessa menzione del credito verso la socia nei bilanci della Cooperativa, essa non vale di per sè a dimostrare se sia inesistente il credito o se siano falsi i bilanci, considerato che la stessa ricorrente, si ripete, ha ammesso l’esistenza del suo debito.

In ogni caso, anche la contraddittorietà dei documenti, l’eventuale carattere non giustificato delle anticipazioni richieste ai soci in relazione alle risultanze dei bilanci, ecc., avrebbero potuto giustificare un’azione di responsabilità contro gli amministratori;

non il diniego di efficacia e di esecutorietà alle delibere della società Cooperativa, in mancanza di specifica impugnazione.

8.- Il sesto motivo, con cui la ricorrente lamenta violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., nella parte in cui essa è stata condannata al pagamento delle spese dell’intero giudizio, è manifestamente infondato, essendo essa risultata interamente soccombente.

Quanto all’asserita violazione delle tariffe professionali nella liquidazione delle spese, il ricorso è inammissibile per difetto di specificità, poichè non sono analiticamente esposte nè le specifiche voci dell’attività difensiva svolta, nè le voci di tariffa che avrebbero dovuto essere inderogabilmente applicate ad ogni voce, in luogo di quelle concretamente liquidate.

9.- Il ricorso deve essere rigettato.

10.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per onorar; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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